Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26711 del 28/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26711 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ha pronunciato la seguente

\\i

ORDINANZA
sul ricorso 25012-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
RUIBA ROBERTA;

– intimata avverso la sentenza n. 130/19/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 27/09/2010,
depositata il 22/11/2010;

831s
-13

Data pubblicazione: 28/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;

\
l

Ric. 2011 n. 25012 sez. MT – ud. 23-10-2013
-2-

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Milano ha respinto l’appello dell’Agenzia e accolto quello incidentale
della parte appellante correlato al solo capo di regolazione delle spese di lite -appelli
proposti contro la sentenza n.132/25/2008 della CTP di Milano che aveva accolto il
ricorso del contribuente Ruiba Roberta- ed ha così annullato la cartella di
pagamento con cui l’Agenzia aveva —sulla premessa della decadenza dall’istanza di
definizione agevolata ai sensi dell’art.9-bis della legge n.289 del 2002 per effetto del
pagamento tardivo delle ultime due rate dell’importo rateizzato dovuto per la
definizione agevolata- recuperato integralmente le somme non pagate od omesse (coi
relativi interessi e sanzioni).
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che, nulla prevedendo
espressamente l’art.9 bis circa le conseguenze del mancato pagamento nei termini
previsti dalla norma, doveva darsi rilievo alla ratio della disposizione, omogenea ed
integrativa rispetto alle altre della stessa disciplina di legge, nelle quali è
espressamente confermata l’efficacia dell’istanza di definizione unita con il
versamento della prima rata dell’importo dovuto.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La contribuente non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa applicazione
dell’art.9.bis della legge n.289/2002, in relazione all’art.360 n.3″) la ricorrente si

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letti gli atti depositati

duole in sostanza che il giudice di appello abbia ritenuto irrilevante il ritardato il
pagamento di alcune (le ultime due, entrambe versate in data 18.5.2005) delle rate
dell’importo dovuto per la definizione agevolata, rate scadute —rispettivamente- il
18.10.2004 ed il 27.12.2004.
Il motivo è fondato e da accogliersi.

fattispecie, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che:” Il condono previsto
all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, relativo alla possibilità di definire gli omessi
e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni
presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di
mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di
condono clemenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie
regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al
contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da
effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che,
nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione
ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in ordine alla determinazione del “quantum”,
esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa
presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è
condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale
determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il
solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive”
(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20745 del 06/10/2010).
Non resta che concludere che la sentenza di appello, che non si è conformata ai
predetti principi, merita senz’altro la cassazione, sicchè poi la Corte potrà decidere la
controversia nel merito, non apparendo necessari ulteriori accertamenti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 marzo 2013

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Invero, con indirizzo condivisibile e qui puntualmente applicabile per l’identità di

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

P .Q. M .
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in E 1.700,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

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