Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26711 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BBB SPA (OMISSIS), (già Boggi Group S.p.A.), in persona del suo

Amministratore Delegato signor Z.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL CORSO 75, presso lo studio dell’avvocato

CALZETTA GIANCARLO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ROBERTO SCOPPETTA giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.P. (OMISSIS), B.R.

(OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

B.R. (OMISSIS), (nella qualità di locatore

proprietario), P.P. (OMISSIS), (nella qualità

di “locatrice usufruttuaria”) elettivamente domiciliati in ROMA, V.

PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARMIGNANI CESARE

giusta delega in atti;

– ricorrente incidentale –

e contro

BBB SPA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 621/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 25/06/2009; R.G.N. 97/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato GIANCARALO CALZETTA;

udito l’Avvocato GUIDO ROMANELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 6 marzo 2006 B.R. e P.P. chiedevano dichiararsi l’illegittimità del recesso loro comunicato dalla S.p.a. Boggi Group, conduttrice di un loro immobile in Brescia in forza di un contratto di locazione ad uso commerciale stipulato il 7 marzo 2003 e valevole per sei anni. In esito al giudizio, in cui si costituiva la BBB spa assumendo di avere mutato compagine amministrativa e chiedendo il rigetto della domanda attrice, il Tribunale di Brescia dichiarava l’illegittimità del recesso e condannava la conduttrice al pagamento dei canoni dal 19 aprile al 30 luglio 2006 oltre interessi legali respingendo ogni altra domanda attrice e compensando tra le parti le spese di lite.

Avverso tale decisione proponevano appello, principale il B. e la P., incidentale la BBB, ed, in esito al giudizio, la Corte di Appello di Brescia con sentenza depositata in data 25 giugno 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la perdurante validità del contratto di locazione tra le parti, condannava la BBB Spa al pagamento dei canoni arretrati fino al 28 febbraio 2009 nonchè alla prestazione della cauzione, confermando nel resto la decisione.

Avverso la detta sentenza la BBB Spa ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi, illustrato da memoria. Resistono con controricorso il B. e la P., i quali hanno proposto a loro volta ricorso incidentale e depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Procedendo all’esame della prima doglianza, contenuta nel ricorso principale, va rilevato che la censura, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c. si fonda sulla considerazione che la Corte di Appello, nel ritenere che i gravi motivi che consentono il recesso del conduttore da una locazione non abitativa debbano sostanziarsi in fatti non solo sopravvenuti alla costituzione del rapporto ma anche involontari ed imprevedibili, abbia dato un’interpretazione errata della norma poichè anche la sopravvenuta inadeguatezza dell’immobile locato per fattori legati ad esigenze di ridimensionamento oppure, per converso, di espansione dell’attività svolta dal conduttore può integrare i gravi motivi legittimanti il recesso.

Inoltre – ed in tali rilievi si sostanziano le due successive censure per motivazione insufficiente e contraddittoria – i giudici di seconde cure avrebbero reso una motivazione inadeguata e contraddittoria laddove da una parte riconoscono che il piano di riqualificazione aziendale ha avuto una dimensione nazionale e dall’altra ritengono fatto volontario e prevedibile quello riguardante il punto di vendita de quo.

Infine – ed in tali rilievi si sostanziano la quarta e la quinta censura sempre per motivazione insufficiente e contraddittoria – la Corte territoriale al fine di valutare la gravosità della prosecuzione del contratto non ha considerato il peggior andamento dell’esercizio nell’immobile locato rispetto a quello attivato in altra strada della città dopo la chiusura del primo ad onta della uniformità di merce venduta, di prezzi di tecniche di vendita e di immagine commerciale nè ha considerato la mancata realizzazione del programma urbanistico di riqualificazione della via (OMISSIS), circostanza relativamente alla quale era stata richiesta l’ammissione di una CTU, ignorata dal giudice di merito.

Le censure in questione, riportate nella loro essenzialità, possono essere trattate congiuntamente, proponendo profili di censura intimamente connessi tra loro, essendo fondati su un comune presupposto, vale a dire sulla considerazione che, a fronte di un piano di riqualificazione aziendale promosso dal nuovo gruppo proprietario, che aveva consentito, su scala nazionale, un considerevole aumento del guadagno, soltanto l’esercizio per cui è causa non aveva invece risposto alle attese.

Tali doglianze non meritano di essere accolte. A riguardo, vale la pena di premettere che, a norma della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, dettato in tema di locazione di immobili urbani adibiti a uso diverso da quello abitativo, il conduttore, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata, qualora ricorrano gravi motivi. Ciò premesso, mette conto di rilevare che, secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione.

Giova aggiungere, con riferimento all’andamento dell’attività aziendale, che secondo la giurisprudenza di questa Corte può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività di impresa), sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto), che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo” (cfr.

Cass. n. 10980/1996, n. 3418/04, n. 9443/2010). Ma è utile precisare a riguardo – e tale rilievo non è di poco conto – che i fatti, per essere tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare a occupare l’immobile locato, poichè, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso “ad nutum”, contrario all’interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma (cfr. Cass. n. 5293/08, n. 5328/07) e che la gravosità della prosecuzione del rapporto locativo deve essere valutata in rapporto alla dimensione globale dell’azienda, specialmente se sia di rilievo nazionale o multinazionale, verificandosi a tal fine se il sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie sia tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda del conduttore, considerata nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali.

Tutto ciò premesso, mette conto ora di evidenziare che la Corte territoriale si è sostanzialmente attenuta ai criteri fissati dalla giurisprudenza di questa Corte là dove pone a base della decisione la considerazione che “se anche si volesse circoscrivere il discorso al singolo punto di vendita di Brescia non risulterebbe dimostrato l’elemento della prosecuzione gravosa non avendo la B.B.B. provato – attraverso una comparazione con gli altri punti vendita che il negozio di (OMISSIS) raggiungesse un fatturato cosi basso rispetto agli altri negozi da renderne necessaria la chiusura, per non ostacolare l’espansione del gruppo, anche perchè i minori (in resi) ricavi potrebbero essere stati determinati da contingenze non necessariamente legate all’ubicazione dei locali (ad esempio, dall’incapacità del personale o dai prezzi praticati). Ed allora è evidente che il solo confronto fra i due negozi di (OMISSIS) (quello chiuso e quello successivamente aperto in corso (OMISSIS)) non può dare un’oggettiva contezza – per aver operato in periodi certamente diversi, con personale forse diverso ed in una condizione probabilmente diversa – del fatto che mantenere aperto il negozio appartenente agli odierni appellanti, piuttosto che trasferirlo ad un centinaio di metri, costituisce un grave handicap per la società. E questo a voler sottacere che, neppure del progetto di riqualificazione della via (OMISSIS) e dell’affidamento di esso concretamente avuto, la B.B.B. ha fornito un’adeguata prova, non essendo all’uopo rilevante il doc. 26 che si limita ad uno studio unilaterale e parziale sullo stesso fabbricato” (cfr pagg. 10 e 11).

Tutto ciò posto e considerato, risulta con chiara evidenza come la Corte territoriale abbia argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Nè d’altra parte i motivi in esame sono riusciti ad individuare effettivi vizi logici o giuridici nel percorso argomentativo dell’impugnata decisione.

Giova aggiungere inoltre che la sussistenza o meno degli elementi che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, come uno dei presupposti necessari perchè siano ravvisabili i gravi motivi che legittimano il recesso del conduttore L. n. 392 del 1978, ex art. 27, u.c., della non può che essere rimessa all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, è sorretto da congrua e coerente motivazione.

Ne deriva l’infondatezza delle doglianze esaminate, alla luce del principio di diritto secondo cui “In tema di recesso del conduttore in base al disposto di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c. le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. La gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere, non solo tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma deve altresì consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda del conduttore globalmente considerata.

Resta infine l’ultima doglianza, per violazione dell’art. 112 c.p.c., con cui la ricorrente principale lamenta l’omessa pronuncia sull’appello incidentale per l’accertamento della responsabilità dei locatori a sensi degli artt. 1227 e 1375 c.c.. Ed invero – così continua la ricorrente – già in primo grado essa aveva richiesto accertarsi che i locatori avevano rifiutato di accettare la consegna dell’immobile e non avevano coltivato alcuna trattativa con terzi interessati al bene”. Tale domanda non veniva esaminata dal Tribunale di Brescia e integralmente riproposta in via di appello incidentale alla Corte bresciana, la quale neppure la prendeva in considerazione, ignorandola totalmente” La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza. A riguardo, deve premettersi che, nell’esporre lo svolgimento del processo nella sentenza impugnata, la Corte territoriale, riportando in sintesi il contenuto dell’appello incidentale proposto dalla B.B.B. Spa, ha esposto che l’appellante aveva limitato le sue ragioni di doglianza instando, in via di appello incidentale, “per la declaratoria di legittimità del recesso dal contratto a seguito di gravi motivi, mediante comunicazione in data 30 luglio 2005, reiterata il 25 gennaio 2006, o, in subordine, affinchè l’obbligo di pagamento (successivo al rilascio dei locali) fosse limitato alla data dell’intervenuta offerta formale a mezzo di ufficiale giudiziario ovvero sino alla nomina del sequestratario”, senza accennare minimamente al motivo di doglianza che avrebbe riguardato l’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sulla domanda avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità dei locatori a sensi degli artt. 1227 e 1375 c.c..

Ora, posto che il tema decisionale del giudizio di appello è delimitato strettamente dai motivi proposti nell’atto di impugnazione nel senso che l’appellante deve prospettare tutte le doglianze ed eccezioni con l’appello, senza poter nel corso dell’ulteriore attività processuale aggiungere alcunchè, consumandosi il diritto d’impugnazione con lo stesso atto d’appello, ne deriva con ovvia evidenza che la ricorrente avrebbe dovuto riportare in sede di ricorso, previa necessaria trascrizione, il contenuto preciso del motivo di appello su cui la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi.

Ed invero, qualora in sede di legittimità il ricorrente denunzi il vizio di omessa pronuncia, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, egli ha l’onere di provvedere all’integrale trascrizione, occorrendo, del motivo di doglianza giacchè, anche in tema di un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli.

(Cass. 10593/08). E ciò, in quanto deve essere consentito alla Corte il relativo controllo sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. n. 11886/06).

In difetto dell’assolvimento di tale onere, da parte del ricorrente, la censura deve essere quindi dichiarata inammissibile.

Parimenti inammissibile deve essere infine dichiarato il ricorso incidentale con cui il B. e la P. hanno chiesto che la Corte di legittimità voglia provvedere ai sensi dell’art. 384 c.p.c., limitandosi a correggere la motivazione, nel “non creduto caso che si dovesse rilevare o ritenere un qualsiasi vizio di motivazione”. A riguardo, è appena il caso di osservare che un’impugnazione, in quanto tale, deve essere per definizione rivolta contro un decisum del giudice ovvero contro il contenuto di una decisione, censurandone le ragioni poste a base, al fine di ottenere a seconda i casi la cassazione o la riforma della decisione impugnata. Ne deriva con ogni evidenza l’inammissibilità di un’impugnazione che non contenga alcuna censura avverso la decisione.

Considerato che la sentenza impugnata appare in linea con il principio sopra affermato, ne consegue che il ricorso principale, siccome infondato, deve essere rigettato mentre deve essere invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio in considerazione del tenore dell’adottata decisione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese tra le parti.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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