Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26709 del 28/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26709 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 22245-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SOCIETA’ X. SRL IN LIQUIDAZIONE 02474340722 in
persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PAISIELLO
15, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BELLOMO (Studio
Legale di consulenza tributaria e societaria), rappresentata e difesa
dall’avvocato DAMASCELLI ANTONIO, giusta procura speciale in
calce al controricorso e ricorso incidentale;

Data pubblicazione: 28/11/2013

- controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali avverso la sentenza n. 32/14/2011 della Commissione Tributaria

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
COSTANTINO FUCCI.

Ric. 2011 n. 22245 sez. MT – ud. 26-09-2013
-2-

Regionale di BARI del 4.2.2011, depositata il 25/02/2011;

La Corte, ritenuto
che la CTR di Bari ha accolto l’appello della “X. srl” (in liquidazione) appello proposto contro la sentenza n.139/06/2009 della CTP di Bari che aveva
respinto il ricorso della predetta società- ed ha così annullato i provvedimenti di

definizione ex art.9-bis della legge n.289/2002 non potesse considerarsi accoglibile
per non essere stato tempestivamente effettuato il versamento della terza rata del
debito rateizzato, versamento che avrebbe avuto scadenza il 30.11.2004 e che era
stato effettuato il 6.12.2004;
che la CTR adita ha ritenuto che “il mero ritardo di soli sei giorni rispetto ad una
scadenza resa incerta da una legislazione frenetica, anche con riferimento ai termini
di adempimento, di certo non esprime l’intento di volersi sottrarre all’obbligazione
tributaria assunta con la definizione ex art.9-bis legge 289/2002” e perciò la
Commissione ha ritenuto che si potesse “ricondurre il caso in esame all’ambito
applicativo di cui all’art.13 del D.Lgs.471/1997 ai sensi del quale …è soggetto a
sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo che non viene versato”;
che l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo;
che l’intimata società si è costituita con controricorso e ricorso incidentale
affidato ad unico motivo;
che il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc- è stato assegnato al Consigliere
relatore dott. Giuseppe Caracciolo, componente della sezione di cui all’ art.376 cpc- il
quale ha concluso nel senso che esso può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc,
apparendo il ricorso incidentale della parte contribuente manifestamente fondato;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
tanto premesso, la Corte osserva:

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diniego di condono adottati sulla premessa che la richiesta di adesione alla

con il motivo di ricorso principale (centrato sulla violazione dell’art.9 bis della legge
n.28912002) a ricorrente Agenzia si duole in sostanza che il giudice di appello abbia
ritenuto sufficiente il pagamento tardivo della terza rata dell’importo dovuto per la
definizione agevolata, con conseguente inefficacia del provvedimento di revoca (o
diniego di efficacia) dell’istanza di definizione dei pagamenti ritardati o omessi,

sanzioni a condizione che il versamento delle somme dovute per la definizione
agevolata sia effettuato del tutto tempestivamente entro il termine previsto dalla
medesima disposizione di legge, atteso che quest’ultima disposizione, a differenza
delle altre contenuto nella stessa legge (e siccome viene sanata una violazione per
omesso o tardivo versamento per effetto della quale si era già determinato il
presupposto per l’applicazione di una sanzione amministrativa), non prevede che la
sanatoria sia efficace anche nell’ipotesi di omesso o tardivo pagamento di una o più
rate. Pertanto, in ipotesi di omesso rispetto delle scadenze di pagamento, non viene
meno la pretesa tributaria (ormai definitivamente acclarata) ma il solo beneficio del
sollievo dalle sanzioni aggiuntive comminate, con facoltà per l’Amministrazione di
provvedere al loro tempestivo recupero.
Detto motivo appare manifestamente infondato e da disattendersi e la pronuncia qui
impugnata non merita cassazione, sia pure per ragioni diverse da quelle che sono
state poste dal giudicante di merito a fondamento della sentenza di appello, e perciò
facendo la Corte applicazione del disposto dell’art.384 c.p.c, così non necessitando di
esame le doglianze che sono prospettate dalla parte contribuente nel ricorso
incidentale, che rimane —per l’effetto- assorbito.
Ed invero, occorre qui fare applicazione della medesima ratio sostanziale già adottata
da questa Corte in precedenti arresti (si veda, per tutte, Cass. Sez. 6 – 5, Sentenza n.
13697 del 30/05/2013) sia pure relativi all’applicazione dell’istituto contemplato
dall’art.12 della legge n.289/2002.
In fatto è pacifico, per quanto qui interessa, che il contribuente ebbe a versare le
prime due rate previste dalla predetta disposizione entro il termine originariamente
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senza avvedersi che l’art.9 bis dianzi citato concede l’esonero dal pagamento delle

assegnato, mentre la terza rata fu versata il 6.12.2004, a fronte del termine originario
del 30.11.2004.
A questo proposito, la parte contribuente correttamente valorizza nella presente sede
la data di effettuato pagamento della predetta terza rata per evidenziare di essersi
attenuta al termine poi prorogato dal D.L. 24.6.2003 n.143, così come integrato dal
attuazione dell’art. articolo 1, secondo comma, del menzionato D.L.143/2013, così
come modificato dall’art.23 decies del D.L. 24/12/2003 n. 355.
Sul punto va osservato —ricostruttivamente- che il secondo comma dell’articolo 12
della legge n. 289/02 -come sostituito dall’articolo 5 bis del decreto legge n. 282/02,
introdotto dalla legge di conversione n. 27/03- fissava per il versamento delle rate i
termini del 30.11.2003; del 30.6.2004; del 30.11.2004. Il predetto decreto legge n.
335/03, convertito con la legge 47/04, ha rimesso al Ministro dell’Economia e delle
Finanze la rideterminazione, tra gli altri, dei predetti termini.
E’ opportuno riportare uno stralcio dell’articolo 1, comma secondo, d.l. 143/03:

“I

contribuenti che non hanno effettuato, anteriormente alla data di entrata in vigore
del presente decreto, versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli
obblighi tributari di cui agli articoli 7, 8, 9, 9-bis, 11, comma 4, 12, 14, 15 e 16 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificata dall’articolo 5-bis del decretolegge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21
febbraio 2003, n. 27, nonché di cui agli articoli 5 e 5-quinquies del medesimo
decreto-legge n. 282 del 2002, possono provvedervi entro il 16 aprile 2004
Gli ulteriori termini connessi, contenuti nelle predette disposizioni, nonché quelli per
la mera trasmissione in via telematica delle dichiarazioni relative alle suddette
definizioni, sono rideterminati con decreti, rispettivamente, del Ministero
dell’economia e delle finanze e del direttore dell’Agenzia delle entrate, anche con
riferimento alle date di versamento degli eventuali pagamenti rateali, ferma restando
la decorrenza degli interessi dal 17 ottobre 2003”.

5

secondo comma, lettere e) ed f), dell’articolo 1 del D.M. 8.4.04, emanato appunto in

Alla suddetta rideterminazione il Ministro dell’Economia e delle Finanze provvide
appunto con il D.M. 8.4.2004, il cui articolo 1, comma 2, alle lettere e) ed t), ha
fissato rispettivamente al 27.4.2004; al 18.10.2004 ed al 27.12.2004 i nuovi termini
utili per effettuare i versamenti.
Resta allora da stabilire se possa considerarsi tempestivo (poiché effettuato prima

della terza rata di quanto dovuto a mente dell’art.9-bis della legge n.289/2002) anche
il versamento qui in esame, effettuato nel termine di cui si è detto e perciò dopo lo
spirare dell’originario termine concesso dalla legge.
In proposito è stato sostenuto —lo si rammenta qui per ragioni di completezza, per
quanto la ricorrente Agenzia non abbia ribadito la tesi altrove affermata- che
l’odierno intimato non potrebbe beneficiare della proroga perché alla data di entrata
in vigore del decreto legge 143/03 egli aveva effettuato l’utile versamento della prima
rata del condono; a fondamento di tale posizione, è stata valorizzato – riprendendo
una posizione che si rinviene già nella Risoluzione dell’ Agenzia delle Entrate
12/08/2005 n. 125- il rilievo che tanto il secondo comma dell’articolo 1 del decreto
legge 143/03, quanto il secondo comma, lett. g), dell’articolo 1 del decreto
ministeriale 8.4.04 limitano l’operatività della proroga solo a coloro che alla data di
entrata in vigore del decreto legge 143/03 non avevano effettuato versamenti utili ai
fini del condono.
La tesi non appare convincente, perché l’interpretazione della norma che essa
propone condurrebbe al risultato che il versamento della seconda rata di condono
effettuato nel periodo compreso tra la scadenza del termine originario (16.4.04) e la
scadenza del termine prorogato (18.4.05) perfezionerebbe il condono per i
contribuenti che hanno pagato la prima rata dopo il 25.6.03 (data di entrata in vigore
del decreto legge 143/03) e non per quelli che l’hanno, più diligentemente, pagata
prima del 25.6.03.
Si tratta di un approdo ermeneutico paradossale -tale da sollevare anche dubbi di
legittimità costituzionale, con riferimento al parametro della ragionevolezza ex art. 3
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della data del 27.12.2004, dianzi evidenziata con riferimento all’onere di versamento

Cost.- e che peraltro contrasterebbe con la ratio legis; se infatti, come appare
evidente, lo scopo della riapertura dei termini di versamento recata dal secondo
comma dell’articolo 1 d.l. 143/03 era quello di aumentare il gettito dei condoni di cui
alla legge 289/02, ampliando la platea dei contribuenti coinvolti, escludere dal
condono quei contribuenti che, avendo pagato tempestivamente le prime rate,

celere incasso dei saldi dai medesimi ancora dovuti.
Si deve dunque ritenere, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata,
che la proroga del termine di pagamento della predetta rata del condono ex art. 12 1.
289/06 operi anche per coloro che avevano pagato le prime rate in epoca anteriore
alla data di entrata in vigore del decreto legge 143/03; e che la disposizione
contenuta nel secondo comma dell’articolo 1 del decreto legge 143/03 e nel secondo
comma, lett. g), dell’articolo 1 del decreto ministeriale 8.4.04 – che limita la platea
dei destinatari della proroga dei termini a quei contribuenti che alla data di entrata
in vigore del decreto legge 143/03 non avevano effettuato versamenti utili per la
definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui all’articolo 9 (tra gli
altri) della legge 289/02- va interpretata nel senso che per versamenti “utili” per la
definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari devono intendersi i
versamenti immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli effettuati in unica
soluzione.
Deve quindi concludersi che il contribuente aveva il diritto di avvalersi della
riapertura dei termini di versamento recata dal secondo comma, lett. e) ed f),
dell’articolo 1 del D.M. 8.4.04, emanato in attuazione dell’articolo 1, secondo
comma, d.l. 143/03 e, conseguentemente, che il giudice di merito ha errato nel
giudicare intempestivo il versamento della terza rata, sia pure correttamente
concludendo (in applicazione di altre argomentazioni) per l’accoglimento del ricorso
della parte contribuente avverso il provvedimento impositivo.
A questo Collegio, non resta che rigettare —per diverse ragioni rispetto a quelle poste
a fondamento della pronuncia di appello- l’impugnazione principale proposta
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rispettino il termine ultimo per il versamento della terza rata precluderebbe al Fisco il

dall’Agenzia, con conseguente conferma delle determinazioni dispositive adottate
con la decisione qui impugnata, a mente dell’ art.384 u.c. cpc.
Le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
2.000,00 oltre accessori ed oltre € 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 26 settembre 2013.

Condanna l’Agenzia a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in €

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