Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26709 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24054/2009 proposto da:

V.N. (OMISSIS), nella qualità di procuratore

generale di L.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ALESSANDRIA 129, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMETTI

BRUNO, rappresentato e difeso dall’avvocato DENARO GIOVANNI giusta

delega in atti;

– ricorrente –

e contro

D.C.V. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 867/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 27/06/2009; R.G.N. 1617/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 27 giugno 2009 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza 20 febbraio 2007 del Tribunale di Palermo – sezione distaccata di Partitico -, appellata da V.N., quale procuratore generale di L.G.A., che in accoglimento parziale della domanda introdotta dal V. nei confronti di D. C.V. con intimazione di sfratto del 22 giugno 2005 condannava il D.C. al pagamento dei canoni di locazione scaduti e non pagati dal maggio 2005 fino alla data dell’effettivo rilascio, ad eccezione della mensilità relativa al mese di settembre 2005, con interessi legali dalla data delle singole scadenze dei canoni al saldo; rigettava tutte le altre domande formulate dal V. e, tra l’altro, condannava il V. al pagamento dei due terzi delle spese di lite.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il V., affidandosi a sei motivi.

Non risulta aver svolto attività difensiva l’intimato L.G..

Il Collegio ha raccomandato motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Osserva il Collegio che il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1460 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) è inammissibile perchè il relativo quesito di diritto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata (v.p. 21 ricorso). Infatti, contrariamente a quanto in esso si assume essere oggetto della decisione, la morosità pregressa alla intimazione e quella maturatasi per il periodo successivo fino alla consegna dell’immobile e comunque protrattasi fino alla fine del giudizio, sono state valutate dal giudice dell’appello.

Questi, infatti, ha ritenuto:

a) esigua la morosità sussistente perchè riferita ad appena due canoni, di cui uno, quello di giugno, alla data dell’intimazione (del 22 giugno 2005) non ancora scaduto;

b) non provati ulteriori inadempimenti del conduttore nel corso del rapporto anche perchè la produzione dei vaglia postali e delle attestazioni del rifiuto di riceverli da parte del locatore dimostrava ” una seria e reiterata volontà di sanare la morosità”;

c) quindi l’inadempimento in ordine ad un solo canone di. locazione, alla data di notifica dell’atto di intimazione di sfratto, non è talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto (p.4 sentenza impugnata).

Restano, quindi, assorbiti il secondo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1197, 1182, 1227 e 1220 c.c., nonchè dell’art. 3 del contratto di locazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e il terzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1220, 1453, 1181 e 1182 c.c., nonchè dell’art. 3 del contratto di locazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), mentre il quarto (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) è da rigettare per le superiori considerazioni, così come è da rigettare il quinto (dalla medesima intitolazione del quarto, ma sotto altro profilo) in quanto il giudice dell’appello ha valutato anche il comportamento del conduttore successivo alla proposizione della domanda e di cui tratta il quesito a p.41 del ricorso.

2. – In merito al sesto motivo, con cui si denuncia, in sostanza, omessa pronuncia sul fatto che il conduttore non avrebbe mai pagato il canone relativo al mese di settembre 2005 nè la copia del vaglia prodotta avrebbe potuto costituire prova a sua favore, osserva il Collegio che la censura va disattesa per le seguenti considerazioni.

Infatti, pur non espressamente menzionando la censura proposta in appello, il giudice del merito, nella trattazione congiunta dei motivi (terzo, quarto e quinto e di cui l’attuale doglianza costituiva, secondo la sentenza impugnata, il terzo – v.p. 8 sentenza impugnata) ha esaminato la condotta unitaria della parte al fine di trame elementi circa la colpevolezza e la gravità dell’inadempimento e in questa valutazione unitaria ha ritenuto che in effetti tale gravità non sussistesse.

Peraltro, anche se si volesse ritenere che il giudice non si sia nemmeno implicitamente pronunciato sulla doglianza dedotta ritualmente, più che di omessa pronuncia, atteso il complesso argomentare che si rinviene nella sentenza impugnata si tratterebbe di errore revocatorio non ammissibile in questa sede e, comunque, di omissione che non viene ad incidere sul convincimento del giudice a quo secondo il quale sulla base di tutti gli altri elementi acquisiti la condotta del conduttore anche successiva alla intimazione, non integrava affatto grave adempimento. Si tratta, comunque si intenda affrontare la censura in questa sede, di valutazione in fatto che sfugge al sindacato della Corte, in quanto la motivazione si fonda sull’inadempimento di appena due canoni (qualora si dovesse ricomprendere quello di settembre, ma per inconcessum per quanto sopra detto), perchè quello di giugno all’epoca della notifica della intimazione non era ancora scaduto. E ciò va detto anche in linea di principio, nel senso che per aversi grave inadempimento tale da legittimare la risoluzione del contratto di locazione la valutazione non può essere settoriale e fatta per compartimenti – stagno, ma va attuata avendo presente non solo la scadenza dei canoni, non solo il loro importo, ma anche il comportamento della parte inadempiente che, nel caso in esame, è stato ritenuto esente da qualsiasi condotta colposa tale da determinare la risoluzione, operandosi un equilibrato bilanciamento tra il legittimo diritto del locatore alla puntuale prestazione del conduttore e il legittimo diritto del conduttore a non vedersi risolto il contratto, in mancanza di una sua colpa generatrice di grave inadempimento.

Ne consegue, inoltre, il rigetto della richiesta di rideterminazione del governo delle spese di lite effettuato in sede di merito, ma nulla va disposto sulle spese in merito al presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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