Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26706 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 26706 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONTENTI Fulvio (CNT FLV 50S09 E098L), AMORUSO Raffaela (MRS
RFL 53A43 B077M), VETRELLA Patrizia (rER PRZ 48T62 H501R), DI
BIAGIO Stefano (DBG SFN 57T25 A446), ARMENI Oliva (RIAN LVO
46R65 L117Q), FLATI Maurizio (FLT MRZ 52H08 H501Y), MIGNOSA
Angelo (MGN NGL 51E30 I754T), BORTOLUSI Alberto (BRT LRT 54D01
H501J), VONA Michele (V140 NEL 43E08 H128M), TRENTANI Roberta
CERN RRT 53P49 N109Q), FRASCA Pietro (FRS PTR 41A31 H501S),
PIZZI Emilio (PZZ MLE 47S16 B496T), elettivamente domiciliati
in Roma, Lungotevere Michelangelo n. 9, presso lo studio
dell’Avvocato Ferdinando Emilio Abbate, che li rappresenta e

Cio

1

pii

Data pubblicazione: 28/11/2013

difende unitamente all’Avvocato Giovambattista Ferriolo, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

stro pro tempore;
– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 648 del
2012, depositato il 14 maggio 2012 e notificato il 28 settembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 luglio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Pasquale
D’Ascola;
sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato delegato;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Velardi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 4 marzo 2011 presso la Corte
d’appello di Perugia, Contenti Fulvio, Amoruso Raffaela, Vetrella Patrizia, Di Biagio Stefano, Armeni Oliva, Flati Maurizio, Mignosa Angelo, Bortolussi Alberto, Vona Michele, Trentani Roberta, Frasca Pietro e Pizzi Emilio hanno proposto, ai
sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione
del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragione-

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P41

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del Mini-

vole durata del giudizio di equa riparazione introdotto dinnanzi alla Corte d’appello di Roma con ricorso depositato nel
mese di maggio 2006, concluso con decreto di parziale accoglimento depositato nel mese di ottobre 2007 e definito, a segui-

2008, con sentenza depositata nel mese di agosto 2010.
L’adita Corte d’appello con decreto depositato il 14 maggio
2012 e notificato il 28 settembre 2012 ha dichiarato la domanda inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui
alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi
alla denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi
presupposti, non discendendo tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti

ex lege n. 89 del

2001 compensabile dal giudice del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto, Contenti Fulvio, Amoruso Raffaela, Vttrella Patrizia, Di Biagio Stefano, Armeni
Oliva, Flati Maurizio, Mignosa Angelo, Bortolussi Alberto, Vona Michele, Trentani Roberta, Frasca Pietro e Pizzi Emilio
hanno proposto tempestivo ricorso sulla base di un unico motivo; l’intimata Amministrazione ha depositato memoria ai fini
della partecipazione all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

to di ricorso per cassazione notificato nel mese di dicembre

Con l’unico motivo del ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001 e degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art. 111
Cost., richiamando numerosi decreti emessi dalla stessa Corte

lità del rimedio ex lege n. 89 del 2011 in relazione a procedimenti introdotti ai sensi di tale legge, è stata rigettata,
rilevandosi che la citata legge non consente in alcun modo di
distinguere i procedimenti di equa riparazione da quelli ai
quali la medesima legge si applica e di sottrarli quindi al
regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla
Convenzione europea e dalla Costituzione italiana.
Il ricorso è fondato.
Successivamente al deposito del ricorso introduttivo del
presente giudizio, questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi
più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti
sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del
conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un
ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale,

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d’appello di Perugia, con i quali l’eccezione di inammissibi-

alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi,
in quanto finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui

tema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per
i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare condivisibile
l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e
l’eventuale giudizio di impugnazione costituiscano una fase
necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi
dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela
all’indicato diritto fondamentale, atteso che il procedimento
interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,
sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un giudizio
“Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cessazione, la
durata complessiva dei due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la
decisione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole dura-

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vbq

lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un pa-

ta di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.

che il ricorso è stato depositato presso la Corte d’appello di
Roma nel mese di maggio 2006; che l’unico grado di giudizio di
merito si è concluso con decreto depositato nel mese di ottobre 2007; che il giudizio di cassazione è stato introdotto con
ricorso notificato nel mese di dicembre 2008 ed è terminato
con sentenza depositata nel mese di agosto 2010. La durata
complessiva del procedimento di equa riparazione è stata dunque di circa quattro anni e tre mesi. Detratto il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché il termine di dodici
mesi intercorso tra il deposito del decreto e la proposizione
della impugnazione, ulteriore rispetto al termine breve legislativamente previsto per il ricorso per cassazione, la durata
non ragionevole risulta essere stata di circa un anno e tre
mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
a ciascuno dei ricorrenti spetta un indennizzo che va liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in complessivi
euro 937,50, oltre interessi legali dalla data della domanda
al saldo.

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Nel caso di specie, infatti, dagli atti depositati emerge

AI ricorrenti compete altresì il rimborso delle

spese

dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Le spese del giudizio devono essere distratte in favore dei

dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della somma
di euro 937,50, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna il Ministero alla rifusione delle spese
dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di merito,
in euro 1.140,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 600,00 per
diritti e 490,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro
506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e agli
accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese del
giudizio in favore dei difensori dei ricorrenti, Avvocati G.
Ferriolo e F.E .Abbate, dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 16

difensori dei ricorrenti, Avvocati G. Ferriolo e F.E. Abbate,

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