Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26704 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 13/12/2011), n.26704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MAGNETI MARELLI SPA (OMISSIS), (già Magneti Marelli Holding

S.p.a) in persona del suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 4 6, presso lo

studio dell’avvocato DRAGONE CLAUDIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SIMONINI GIAN FRANCO giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

LIQUIDAZIONE DEI BENI CEDUTI AI CREDITORI FEDERCONSORZI FEDERAZIONE

ITALIANA, FEDERCONSORZI FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI SCARL IN

CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimati –

e da:

LIQUIDAZIONE DEI BENI CEDUTI AI CREDITORI FEDERCONSORZI FEDERAZIONE

ITALIANA, FEDERCONSORZI FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI SCARL IN

CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del commissario governativo Cons.

M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BOEZIO

14, presso lo studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO GIULIANA, che li

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti incidentali –

e contro

MAGNETI MARELLI SPA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 711/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/02/2009; R.G.N. 1003/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato GIAN FRANCO SIMONINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per inammissibilità o

rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Magneti Marelli s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione contro la Federconsorzi-Federazione Italiana dei Consorzi s.c.a.r.l.

e la Liquidazione dei beni ceduti ai creditori della stessa Federconsorzi avverso la sentenza del 16 febbraio 2009, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello principale di essa ricorrente e quelli incidentali delle intimate contro la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Roma.

2. Al ricorso hanno resistito entrambe le intimate con congiunto controricorso, nel quale hanno anche svolto un motivo di ricorso incidentale.

3. Le resistenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso incidentale va riunito a quello principale, in seno al quale è stato proposto.

2. Il ricorso principale è, ad avviso del Collegio, inammissibile per violazione dell’art. 366-bis c.p.c., mentre non è fondata l’eccezione formulata alle resistenti circa la sua inammissibilità per mancanza di indicazione nei due motivi su cui si fonda delle norme di diritto violate.

E’ vero che nelle intestazioni i due motivi non recano tale indicazione, ma nella illustrazione evocano norme di diritto, onde non si può dire che esse non siano state indicate. Al riguardo, viene, dunque in rilievo il seguente principio di diritto:

L’indicazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicchè la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del quid disputandum. (Cass. n. 12929 del 2007).

L’inammissibilità per violazione dell’art. 366-bis c.p.c. deriva, invece, quanto al primo motivo dalla inidoneità del quesito ch’esso formula ad assolvere al requisito previsto previsto da detta norma, e quanto al secondo motivo, dalla mancanza di formulazione del quesito di diritto.

Queste le ragioni.

2.2.1. Il primo motivo si conclude con il seguente quesito di diritto, con cui si chiede se nella procedura di concordato preventivo il creditore con privilegio speciale ha diritto al privilegio a prescindere dalla presenza del bene nel compendio.

Ad avviso del Collegio il quesito così proposto dalla ricorrente risulta inidoneo ad assolvere al requisito di cui all’art. 366-bis c.p.c..

Questa norma è applicabile al ricorso ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, nonostante l’abrogazione intervenuta il 4 luglio 2009 per effetto dell’art. 47 della stessa legge. La legge art. 58, comma 5, ha, infatti, sostanzialmente disposto che la norma abrogata rimanesse ultrattiva per i ricorsi notificati – come quello di cui trattasi – dopo quella data avverso provvedimenti pubblicati anteriormente (si vedano: Cass. (ord.) n. 7119 del 2010; Cass. n. 6212 del 2010 Cass. n. 26364 del 2009; Cass. (ord.) n. 20323 del 2010). Nel contempo, non avendo avuto l’abrogazione effetti retroattivi, l’apprezzamento dell’ammissibilità dei ricorsi proposti anteriormente a quella data continua a doversi fare sulla base della norma abrogata.

Ora, l’assolvimento del requisito di cui all’art. 366-bis c.p.c. esigeva che i quesiti, per essere idonei al raggiungimento dello scopo per cui quella norma ne prevedeva la necessità per i motivi in iure, dovessero presentare degli interrogativi che non dovevano proporre mere richieste di accertamento della violazione della norma di diritto sostanziale denunciata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o di quelle del procedimento o sulla competenza e giurisdizione, denunciate rispettivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4, 2 e 1 e non si dovevano connotare come astratti e privi di riferimento alla vicenda oggetto di giudizio ed al modo in cui il giudice della sentenza impugnata l’aveva giudicata, e, quindi, alla sua motivazione.

Invero, quesiti propositivi di richieste di accertamento della mera violazione di norme o astratti e privi di riferimento alla vicenda ed alla motivazione difettavano e difettano del requisito della conclusività ed erano e sono inidonei al raggiungimento dello scopo loro proprio, cioè di fornire la sintesi della questione giuridica proposta dal motivo in iure in relazione al decisum della sentenza impugnata.

L’art. 366-bis c.p.c., infatti, quando esigeva che il quesito di diritto dovesse concludere il motivo imponeva che la sua formulazione non si presentasse come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento, bensì evidenziasse la sua pertinenza ad essa. Invero, se il quesito doveva concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio è stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione e criticato dal motivo, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, doveva necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioè al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissentiva, sì che ne risultasse evidenziato – ancorchè succintamente – perchè l’interrogativo giuridico astratto era giustificato in relazione alla controversia per come decisa dalla sentenza impugnata. Un quesito che non presenta questa contenuto è, pertanto, un non-quesito (si veda, in termini, fra le tante, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; nonchè n. 6420 del 2008).

Ebbene, se è vero che il quesito proposto dalla ricorrente non si risolve nella mera richiesta di accertare se le norme di cui si ragiona nei motivi sono state violate, tuttavia si presenta, però, certamente del tutto astratto e privo di riferimento sia alla concreta vicenda oggetto del giudizio per quanto interessa ai fini del motivo, sia alla motivazione della sentenza qui impugnata.

In tal modo il quesito risulta del tutto privo di conclusività e, quindi, inidoneo ad assolvere la funzione prevista dall’art. 366-bis c.p.c., cioè inidonei allo scopo.

2.2.2. Il secondo motivo denuncia che erroneamente la Corte territoriale non avrebbe accolto la richiesta di elevare una questione di costituzionalità e chiede a questa Corte di sollevare tale questione.

Tale motivo si doveva concludere con un quesito di diritto, giusta il principio di diritto secondo cui In tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando – non diversamente da quanto avveniva prima della riforma – la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità, suppone ora necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto.

(Cass. (ord.) n. 4072 del 2007; n. 4066 del 2007; in senso conforme Cass. sez. un. n. 28050 del 2008).

2.4. Il ricorso principale è, dunque, dichiarato inammissibile.

3. Il ricorso incidentale è inefficace ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, perchè si tratta di un ricorso tardivo, essendo stato notificato oltre il termine breve decorso dalla notificazione della sentenza impugnata (avvenuta il 16 luglio 2009: il controricorso è stato notificato il 4 novembre 2009, per cui, pur tenendo conto della sospensione dei termini per il periodo feriale dal 1 agosto 2009 al 15 settembre 2009, avrebbe dovuto notificarsi entro il 30 ottobre 2009).

Esso era anche inammissibile, perchè a sua volta non si concludeva con quanto richiesto dall’art. 366-bis c.p.c..

4. L’esito dei due ricorsi e la circostanza che l’inammissibilità del primo discende da rilievo d’ufficio, mentre le resistenti avevano dedotto un’eccezione di inammissibilità infondata, giustifica – ad avviso del Collegio – la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace l’incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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