Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26701 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 13/12/2011), n.26701

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ADELAIDE RISTORI 9, presso lo

studio dell’avvocato VACCARO VALENTINA, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale notarile in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

SCIENTIFICA E TECNOLOGICA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

Nonchè da:

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE – (OMISSIS), MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E

RICERCA – (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono

difesi per legge;

– ricorrenti incidentali –

contro

L.T. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

Nonchè da:

F.M. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ADELAIDE RISTORI 9, presso lo studio dell’avvocato VACCARO VALENTINA,

che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti incidentali –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

SCIENTIFICA E TECNOLOGICA, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

nonchè da

D.C.G. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONDRAGONE 10, presso lo studio dell’avvocato MASTRANGELI PIERA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DE CESARIS Andrea giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E

RICERCA;

– intimati –

e contro

AGENZIA DELL’ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge,

resistente con atto di costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4193/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/10/2009, R.G.N. 3115, 5954 e 8632/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato VALENTINA VACCARO;

udito l’Avvocato PIERA MASTRANGELI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con citazione notificata il 22 agosto 2001, i dottori C. F. e gli altri indicati in epigrafe come ricorrenti principali, nonchè i dottori F.G. e gli altri indicati come controricorrenti a ricorso incidentale (insieme ad altri), adducendo di essere medici specializzati e di avere frequentato i relativi corsi di specializzazione, nel periodo precedente l’anno accademico 1991/92, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e ne chiedevano la condanna al pagamento della “adeguata remunerazione” per il periodo di frequenza della scuola di specializzazione post- laurea, nonchè al risarcimento dei danni subiti per effetto del ritardato e scorretto recepimento delle direttive comunitarie in materia di formazione di medici specializzandi.

Si costituivano in primo grado le Amministrazioni convenute ed eccepivano la prescrizione quinquennale sia ex art. 2948 c.c., n. 4 che ex art. 2947 cod. civ., nonchè e comunque la prescrizione decennale; contestavano inoltre la fondatezza delle domande di controparte.

2.- Con sentenza del 20 ottobre 2004 il Tribunale di Roma accoglieva l’eccezione di prescrizione quinquennale, compensando integralmente le spese di lite.

3.- La sentenza veniva appellata davanti alla Corte d’Appello di Roma da gran parte degli attori del primo grado, distinti in tre gruppi di appellanti; essendo stati iscritti a ruolo tre distinti procedimenti, questi venivano riuniti, poichè relativi ad impugnazioni contro la stessa sentenza.

L’Avvocatura dello Stato chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

3.1.- La Corte d’Appello, con sentenza del 26 ottobre 2009, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto l’appello proposto dai dottori Fo., O., F.M., S., P.S., B.L., G.M., F.G., Ch., Sa., L., S., M. e Sc., condannando i Ministeri appellati al pagamento in favore di ognuno della somma di _ 11.103,82 per ciascun anno di corso effettivamente svolto a decorrere dal 22 agosto dell’anno 1992, oltre interessi legali dalla domanda; ha rigettato l’appello nei confronti degli altri; ha compensato le spese.

4.- Contro questa sentenza propongono ricorso principale i dottori C.F. ed altri tredici soccombenti in appello, e, con separato atto, il dottor D.C.G.; nonchè ricorso incidentale, da ritenersi autonomo, i Ministeri, già appellati, nei confronti degli appellanti parzialmente vittoriosi; di questi ultimi propongono, a loro volta, ricorso incidentale i dottori O. M., F.M., B.L., P.S. e G. M..

I ricorsi proposti dal dottor C.F. ed altri e dal dottor D. C.G. sono rispettivamente affidati a quattro ed a cinque motivi e, l’uno e l’altro, seguiti da memoria; il ricorso incidentale autonomo proposto dall’Avvocatura generale dello Stato è affidato a quattro motivi; il ricorso incidentale proposto dagli appellanti parzialmente vittoriosi è affidato a tre motivi.

Si difendono con distinti controricorsi, i Ministeri ed i dottori F.G., Ch., Sa., L., S., M., Ca..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti.

1.- Vanno preliminarmente affrontate le questioni di ammissibilità.

Va dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3 il ricorso proposto da D.C.G. poichè l’esposizione dei fatti di causa è stata compiuta assemblando, mediante integrale riproduzione, in ordine cronologico, l’atto di citazione e la comparsa di risposta in primo grado, la sentenza di primo grado, l’atto di citazione e la comparsa di costituzione e risposta in appello, la motivazione della sentenza di secondo grado, senza che in alcuna altra parte del ricorso vi sia un’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali.

Va quindi ribadito che è inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3 il ricorso per cassazione che pretenda di assolvere a tale requisito mediante l’assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica, senza che ad essa faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale, nè in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi nè nell’ambito della loro illustrazione (cfr. Cass. ord. n. 20393/09).

Avuto riguardo alla decisione in rito, si ritiene di giustizia la compensazione delle spese del giudizio di cassazione nei confronti di D.C.G..

1.2.- Va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale proposto dai Ministeri, cui è correlato il rilievo della tardività del controricorso proposto con unico atto dagli stessi Ministeri, di cui al controricorso dei dottori F.G., Ch., Sa., L., S., M., Ca..

Risulta infatti rispettato il termine di venti giorni previsto dall’art. 370 cod. proc. civ. poichè, essendo scaduto il termine stabilito per il deposito del ricorso il 10 maggio 2010, è tempestiva la notificazione del controricorso, contenente anche il ricorso incidentale, effettuata il 31 maggio 2010, essendo festivo il giorno di scadenza (domenica 30 maggio 2010).

Quanto alla dedotta violazione dei “limiti soggettivi ed oggettivi” dell’art. 334 cod. proc. civ., è sufficiente rilevare che la norma, così come la giurisprudenza citata dai controricorrenti, sono richiamate impropriamente poichè il ricorso incidentale dei Ministeri non da luogo ad un’impugnazione tardiva, bensì ad altro ricorso proposto contro la stessa sentenza nei confronti di parti diverse dai ricorrenti principali; questo, per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, deve essere proposto in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fatta salva la possibilità della conversione ove proposto con ricorso autonomo (cfr. Cass. ord. n. 26622/05). E’ corretta, pertanto, la presentazione del ricorso incidentale da parte dei Ministeri, con impugnazione contenuta nel controricorso, a sua volta tempestivamente notificato, per quanto sopra.

1.3.- Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del detto ricorso incidentale, sollevata dai controricorrenti con riferimento alla norma dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, essendo state le questioni oggetto del ricorso incidentale soltanto parzialmente affrontate dalla sentenza a Sezioni Unite n. 9147 del 2009 ed essendo tuttora argomento di dibattito giurisprudenziale, per come si dirà.

2.- Nel merito, va in primo luogo esaminato il secondo motivo del ricorso principale, col quale si critica la decisione della Corte d’Appello nella parte concernente l’individuazione del dies quo della prescrizione nelle date di conseguimento dei diplomi di specializzazione; motivo da intendersi proposto sia per vizio di motivazione che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Avvocatura di Stato, anche per violazione di legge (per come è reso evidente dalla censura formulata come erronea individuazione ed applicazione al caso del dies a quo del termine decennale di prescrizione e dai contenuti dell’illustrazione, malgrado nell’intitolazione sia richiamato soltanto l’art. 360 cod. proc. civ., n. 5).

Secondo i ricorrenti, la data di decorrenza sarebbe quella del 25 febbraio 1999, di pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia (nel procedimento C-131/97, Carbonari) che ha riconosciuto espressamente l’inadempimento dello Stato italiano relativamente alla vicenda oggetto del presente giudizio, rendendo così oggettivamente conoscibile il danno, per il cui risarcimento agiscono i medici specializzati.

Conseguentemente, non si sarebbe potuto ritenere maturato il termine di prescrizione decennale alla data del 22 agosto 2001, quando venne notificato l’atto di citazione.

2.1.- Va premesso che, riguardo alla eccezione di prescrizione sollevata dai Ministeri convenuti, non si è formato alcun giudicato.

Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare l’effetto estintivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie (Cass., SSUU 25 luglio 2002 n. 10955) . Il che, ovviamente, vale anche per la parte contro la quale l’eccezione è proposta e che neghi il verificarsi del menzionato effetto estintivo, essendo allo scopo sufficiente che contesti quest’ultimo, non essendo vincolante l’individuazione, ad opera della stessa parte, nè del termine di durata nè del termine di decorrenza della prescrizione.

Ciò posto, e richiamata la ricostruzione della fattispecie di cui alla sentenza a Sezioni Unite n. 9147 del 2009, su cui si tornerà, va ribadito il principio espresso dai precedenti di questa Corte numeri 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011, chiamati ad occuparsi proprio dell’individuazione del dies a quo della prescrizione (per i quali: A seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/16/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 251 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 21 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11). Si intende qui ribadire il principio e gli argomenti che lo sorreggono.

2.2.- Il termine prescrizionale non era pertanto decorso all’epoca della citazione (22 agosto 2001) introduttiva del presente giudizio.

Va accolto il secondo motivo del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà al superiore principio di diritto quanto alla decorrenza della prescrizione decennale.

3.- L’affermazione del su riportato principio di diritto consegue al rigetto dell’interpretazione per la quale l’inadempimento dello Stato italiano sarebbe ancora permanente e la situazione sarebbe ancora tale che, determinando uno stato di assoluta incertezza giuridica, si dovrebbe ritenere tuttora non esigibile il diritto e quindi non ancora iniziato a decorrere il termine di prescrizione. Si tratta di quanto sostenuto dai ricorrenti con il primo motivo di ricorso; gli argomenti addotti a sostegno di tale motivo non consentono, a parere del Collegio, di superare la richiamata recente giurisprudenza, peraltro coerente con quanto già affermato dalle Sezioni Uniti con la sentenza n. 9147/2009.

Il primo motivo del ricorso principale va perciò rigettato.

4.- Restano invece assorbiti il terzo ed il quarto, con i quali è denunciato il vizio di motivazione circa il fatto controverso rappresentato dal mancato accoglimento delle domande pregiudiziali di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale (terzo motivo) ovvero alla Corte di Giustizia (quarto motivo), nonchè i vizi di omessa pronuncia e di violazione di legge, rispettivamente per avere disatteso la questione di legittimità costituzionale della L. n. 370 del 1999 e del D.Lgs. n. 368 del 1999 e per avere disatteso la domanda pregiudiziale di rimessione degli atti alla Corte di Giustizia. Trattasi infatti di motivi di impugnazione finalizzati ad ottenere l’accertamento dell’inadempimento dello Stato italiano non solo nei riguardi della direttiva 82/76/CEE, ma anche della direttiva 93/16/CEE che, abrogando la prima, ha invitato i singoli Stati a riconoscere e dare attuazione ai diritti acquisiti da parte dei medici specializzatisi prima del recepimento delle norme comunitarie da parte dei singoli Stati; ciò, all’ulteriore fine di escludere l’estinzione del diritto per prescrizione: la sopra ritenuta inoperatività dell’effetto estintivo determina, come detto, l’assorbimento dei motivi di impugnazione.

5.- L’applicazione del principio di diritto sopra ribadito in tema di individuazione del dies a quo della prescrizione del diritto comporta, altresì, l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale proposto dai dottori O.M., F.M., B.L., P.S. e G.M., per i quali il giudice d’appello ha riconosciuto soltanto parzialmente il risarcimento del danno, ritenendo prescritta la pretesa relativamente agli anni di corso conclusi in data anteriore al decennio rispetto alla data di notificazione dell’atto di citazione.

Trattasi di motivi rispettivamente corrispondenti al secondo, al terzo ed al quarto motivo del ricorso principale, sicchè valgono in proposito le considerazioni già svolte.

6. – Col primo motivo del ricorso incidentale autonomo proposto dai Ministeri si denuncia la violazione degli artt. 101 e 112 cod. proc. civ. perchè la Corte d’Appello di Roma avrebbe aderito alla ricostruzione dell’istituto operata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 9147/2009, senza che nè in primo grado nè con l’atto di appello le parti attrici, poi appellanti, avessero formulato la domanda in termini congruenti con tale ricostruzione. Secondo i ricorrenti, siffatta riqualificazione avrebbe comportato il venir meno della legittimazione dei Ministeri convenuti, dovendosi riconoscere come soggetto legittimato passivo soltanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La deduzione è infondata poichè risulta, ed è detto anche nel ricorso dei Ministeri, che gli attori, dopo aver svolto una prima domanda di condanna delle amministrazioni statali al pagamento della retribuzione prevista dalle direttive non trasposte, svolsero una domanda subordinata di risarcimento del danno per tale mancata trasposizione, tanto è vero che il giudice di primo grado ebbe a rigettarla ritenendone la prescrizione ai sensi dell’art. 2947 cod. civ. Risulta pertanto che gli attori, poi appellanti, seguirono, formulando la domanda risarcitoria, l’indirizzo interpretativo che riconduceva la fattispecie alla norma dell’art. 2043 cod. civ., seguito pure dalle sezioni semplici di questa Corte prima dell’intervento delle Sezioni Unite.

6.1.- Orbene, la qualificazione dell’azione alla stregua dell’insegnamento di Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 fatta dalla Corte d’Appello di Roma di contro alla qualificazione seguita dagli appellanti alla stregua dell’art. 2043 c.c., non può certo giustificare la cassazione della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, proprio perchè non si tratta della pronuncia su una domanda, mai proposta, bensì, appunto, di diversa qualificazione di un’unica immutata domanda.

Addirittura, la sostituzione della corretta qualificazione in iure a quella postulata dalla parte sarebbe possibile anche da parte di questa Corte, ove non compiuta dal giudice di merito -come già osservato, tra le altre, in fattispecie analoga alla presente, da Cass. n. 10813/11, che, a sua volta, richiama Cass. S.U. n. 9147/09 cit.-perchè i fatti storici posti a base della domanda ed il petitum di essa e, dunque, il bisogno di tutela giurisdizionale che ha determinato la controversia, non mutano in alcun modo, ma sono soltanto ricondotti al loro corretto referente normativo astratto, nell’esercizio della mera attività di qualificazione in diritto della vicenda e segnatamente della domanda da parte di questa Corte, peraltro sollecitata dal motivo.

6.2.- In ragione di quanto appena esposto, è da escludere che la diversa qualificazione della domanda abbia potuto comportare sopravvenuto difetto di legittimazione passiva dei Ministeri convenuti, tale cioè che la questione, non affrontata in primo grado, avrebbe dovuto essere affrontata d’ufficio in appello.

Il primo motivo va perciò rigettato.

7.- Vanno trattati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo, perchè vanno accolti, sebbene il primo solo in parte, per le comuni ragioni di cui appresso.

Col primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli art. 2043, 2946 e 2947 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I ricorrenti richiamano i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 9147 del 2009 (della quale ha fatto applicazione anche la Corte territoriale) al fine di sostenere che, trattandosi di diritto a natura indennitaria e non risarcitoria, la Corte di merito avrebbe dovuto riconoscere ai medici specializzandi un mero indennizzo, e non liquidare loro somme ingenti a titolo risarcitorio. Prosegue, peraltro, contestando che possa essere utilizzato come parametro di riferimento l’ammontare, per intero, della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, con le maggiorazioni per rivalutazione ed interessi. Col secondo motivo si deduce contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, specificamente sui criteri seguiti per la determinazione del quantum debeatur.

7.1.- In premessa, va richiamato il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 9147 del 2009, secondo cui in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto -anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione “ex lege” dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno.

Orbene, va rilevato che la qualificazione dell’obbligazione come “indennitaria” consegue alla considerazione che la giurisprudenza della Corte di Giustizia (richiamata sia nella stessa sentenza che nelle sentenze di questa Corte nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011) esige che l’obbligazione risarcitoria dello Stato non sia condizionata al requisito della colpa; quindi, consegue all’operazione di sistemazione che le Sezioni Unite hanno fatto, collocando la responsabilità dello Stato nell’ambito della norma generale dell’art. 1176 cod. civ. e svincolandola dai presupposti soggettivi dell’art. 2043 cod. civ. Tuttavia, l’obbligazione in parola si distingue da quella risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. per la peculiarità della sua fonte, al di là del suo contenuto; il contenuto è, infatti, lato sensu risarcitorio, dato che -come affermato anche dalla Corte di Giustizia- l’inadempimento dello Stato ne comporta l’obbligazione di riparare il danno, ma a condizioni non meno favorevoli di quelle che riguardano analoghi reclami di natura interna e comunque non tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento; inoltre, il risarcimento deve essere adeguato al danno subito, spettando all’ordinamento giuridico interno stabilire i criteri di liquidazione, che non possono essere meno favorevoli di quelli applicabili ad analoghi reclami di natura interna, o tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento ed, in ogni caso, non può essere escluso in via generale il risarcimento di componenti del danno, quale il lucro cessante; ancora, il risarcimento non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronunzia di una sentenza della Corte di Giustizia che accerti l’inadempimento. Le Sezioni Unite, richiamati tali principi, hanno affermato che il credito del danneggiato ha natura di credito di valore e che deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile.

Pertanto, non coglie nel segno la censura contenuta nella prima parte del primo motivo di ricorso, secondo cui la sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente distinto tra indennizzo e risarcimento, liquidando una somma volta, in tesi, a ristorare, sia pure in via equitativa, la perdita sofferta dagli attori.

7.2. – Tuttavia, va accolta la censura, svolta nello stesso primo motivo, nonchè, con riferimento al vizio di motivazione, nel secondo motivo, concernente l’individuazione dei criteri di detta liquidazione equitativa, che, per come risulta dalla sentenza impugnata, la Corte ha commisurato alla somma annua di Euro 11.103,82, prevista nel D.Lgs. n. 257 del 1991, senza compiere alcuna ulteriore valutazione in punto di equiparazione della situazione degli attori a quella riscontrabile in capo ai soggetti diretti destinatari di tale normativa.

Il dictum delle sezioni unite, sopra riportato, comporta che l’idonea compensazione debba rispondere, da un canto, al requisito della serietà, congruità e non irrisorietà, dovendosi ristorare un danno alla luce della perdita subita in conseguenza del ritardo oggettivamente apprezzabile; dall’altro, in assenza di alcuni degli elementi strutturali dell’illecito aquiliano, all’esigenza di non trasmutare in diritto al risarcimento tout court sì come predicato dall’art. 2043 c.c.; dall’altro ancora, all’inammissibilità di un’identificazione con il corrispettivo di una prestazione eseguita e non retribuita, secondo una concezione strettamente giuslavoristica e non, come nella specie, “paracontrattuale” da responsabilità statuale per atto privo, sul piano interno, del carattere della illiceità.

La remunerazione da ritenersi adeguata per la frequenza della scuola di specializzazione in epoca anteriore al 1991 (e la cui perdita gli specializzandi lamentano sub specie di danno risarcibile) non può essere equiparata alla remunerazione corrisposta per la frequenza dei corsi istituiti a far data dall’anno 1991/1992, poichè, come rilevato anche in altri precedenti di questa Corte relativi a casi analoghi, un’operazione in tal guisa concepita finirebbe per comportare l’applicazione retroattiva del decreto 257/91 e la trasformazione, in altri termini, di una disciplina comunque discrezionale quanto all’individuazione della misura della retribuzione (e pacificamente rimessa al legislatore statuale) e comunque irretroattiva sul piano della sua decorrenza, in una disposizione normativa sostanzialmente retroattiva. Pertanto, il collegio ritiene di dare seguito, più analiticamente specificandone i contenuti, alla giurisprudenza di questa stessa corte regolatrice che, con la pronuncia n. 5842 del 2010, ha affermato, in argomento, che la mancata trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto dalle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE – non autoesecutive in quanto, pur prevedendo lo specifico obbligo di retribuire adeguatamente la formazione del medico specializzando, non consentivano l’identificazione del debitore e la quantificazione del compenso dovuto – fa sorgere il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, tra i quali devono comprendersi non solo quelli conseguenti all’inidoneità del diploma di specializzazione (conseguito secondo la previgente normativa) al riconoscimento negli altri Stati membri e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l’accesso ai profili professionali, ma anche quelli connessi alla mancata percezione della remunerazione adeguata da parte del medico specializzando.

7.3.- Al giudice del rinvio è demandato il compito di quantificare tale, peculiare diritto (para)risarcitorio spettante al medico specializzando, quantificazione che non potrà che avvenire sul piano equitativo, secondo canoni di parità di trattamento per situazioni analoghe (cfr. Cass. n. 12408 del 2011).

Parametro di riferimento per il giudice territoriale sarà costituito dalle indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370, con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare luogo all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, e che non risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991.

8.- Col quarto motivo del ricorso incidentale autonomo si denuncia violazione dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 10 e 288 Trattato CE in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’Appello dato seguito alla sentenza a sezioni unite n. 9147/09.

I Ministeri svolgono una serie di argomenti onde provocare un “ripensamento” circa la costruzione della figura di obbligazione ex lege operata dalle Sezioni Unite, per ricondurre, invece, la mancata od inesatta trasposizione di direttiva comunitaria alla responsabilità aquiliana dello Stato.

Le argomentazioni addotte dai ricorrenti non appaiono idonee a supportare alcun mutamento della recente, condivisa giurisprudenza, della quale si è già detto.

Il motivo va perciò rigettato.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso proposto da D.C.G., compensando le spese del giudizio di cassazione.

Accoglie, per quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo ed il quarto e rigettato il primo;

accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale proposto dai Ministeri, rigettati il primo ed il quarto; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto dai dottori O. M., F.M., B.L., P.S. e G. M., assorbiti il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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