Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26700 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 13/12/2011), n.26700

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO PAOLINI 82, presso lo STUDIO LEGALE VERDINI

CAPUOZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato BIVONA CATERINA giusto

mandato in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI in

persona del Ministro in carica pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli Uffici dell’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 912/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 26/05/2009 R.G.N. 2274/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato ANDREA PAOLUCCI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso con l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26/5/2009 la Corte d’Appello di Palermo respingeva il gravame interposto dal sig. G.G. nei confronti della pronunzia Trib. Palermo 26/6/2005 di rigetto della domanda di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di infezione da HCV contratta all’esito di ripetute trasfusioni di sangue cui era stato sottoposto tra il (OMISSIS) presso l’Ospedale Cervello di (OMISSIS) e l’Ospedale Malpighi di (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il G. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 7 motivi.

Resiste con controricorso il Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3, il 4, il 5 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2947, 2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa pronunzia su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 6 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2947, 2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 7 motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e 112 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 366-bis c.p.c. e dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, i quesiti recati dal ricorso risultano non informati allo schema delineato da questa Corte (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), non recando la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti; del modo in cui gli stessi sono stati dai giudici di merito rispettivamente decisi; della diversa regola di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione.

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo in realtà vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione specificamente destinata (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia vizio di motivazione non recano la “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” delle doglianze, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte.

Il ricorso si palesa pertanto privo dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo e anteriormente rispetto alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (cfr. Cass., 23/11/2010, n. 23669; Cass., 29/4/2010, n. 10277; Cass., 16/12/2009, n. 26364 Cass., 26/10/2009, n. 22578).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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