Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 267 del 08/01/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 267 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 32996-2006 proposto da:

SAIM SPA P.1100847030152
PRESIDENTE

IN PERSONA DEL SUO VICE

DEL CONSIGLIO

DI AMM.NE DELEGATO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA
CLOTILDE 7, presso lo studio dell’avvocato TONUCCT
MARTO, rappresentata e difesa dall’avvocato POSANO
2012

TOMMASO;
– ricorrente –

2518

contro
CAVO SRL IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T.;
– intimata avverso

la

sentenza n.

1445/2006 della CORTE

Data pubblicazione: 08/01/2013

D’APPELLO di MILANO, depositata il 09/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2012 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Bufano Tommaso difensore della

e si riporta;
udito il P.M. in persona dei Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

ricorrente che ha chiesto raccoglimento del ricorso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 18/8/2002 Gavo s.r.l. conveniva in
giudizio SAIM S.p.A. chiedendone la condanna al
pagamento del controvalore della merce che SAIM le
aveva venduto e che indebitamente tratteneva nonostante

chiedeva la restituzione.
SAIM

S.p.A.

chiedeva

dichiararsi

inammissibili

o

infondate le domande avversarie e sosteneva di non
essere responsabile della perdita e del deterioramento
perché là merce era stata regolarmente consegnata
all’acquirente e da questa indebitamente restituita; la
merce, giacente presso il vettore, era stata ritirata,
secondo la convenuta, solo per evitare l’aggravio di
spese di custodia.
il

Tribunale

di

Milano

con

sentenza

1/6/2005,

condannava SAIM S.p.A. a restituire le merci vendute e
a rimborsare i d delle spese di lite; non accoglieva la
domanda principale di restituzione del controvalore in
quanto mancante il presupposto dell’impossibilità della
restituzione.
SAIM S.p.A. proponeva appello e Gavo s.r.l. proponeva
appello

incidentale

per

ottenere

la

condanna

reiterate richieste di restituzione; in subordine, ne

dell’appellante al pagamento dell’equivalente in denaro
della merce.
La Corte di Appello di Milano con sentenza del 9/6/2006
rigettava l’appello principale o accoglieva
parzialmente l’appello incidentale ritenendo provata

pagare la somma di euro 20.958,11, ai sensi del terzo
comma dell’art. 2037 •.c. secondo i principi
dell’arricchimento senza causa.
La Corte distrettuale rilevava:
– che era infondato il motivo fondato sulla deduzione
di un giudicato esterno in quanto proprio le cause
precedenti avevano dimostrato che la merce che SAIM non
aveva restituito era stata validamente ed efficacemente
venduta a Cavo srl che ne aveva pagato il prezzo e che
quindi, divenutane proprletaria,aveva diriLLo alla
riconsegna;
che

non

guanto

sussisteva,

alla

domanda

di

restituzione, alcuna contraddizione tra la motivazione
e il dispositivo della sentenza con la quale era stata
fatta corretta applicazione dell’art. 2031 c.c.;
– che invece la sentenza doveva essere riformata, in

parziale

accoglimento

dell’appello

incidentale,

sussistendo tutti i requisiti per la condanna al

4

l’impossibillia della restituzione e condannando SIM a

controvalore in quanto Cavo aveva agito nell’erronea
convinzione di dovere restituire la merce per la
presenza di vizi e difetti hweee esclusi con sentenza
passata in giudicato; doveva ritenersi inoltre provata
l’impossibilità della rest tuziene perché era onere
al quale era richiesto l’equivalente in

denaro, contrastare la pretesa deducendo l’esistenza e
la possibilità di restituzione della cosa ricevuta, ma
il silenzio sulla possibilità di restituzione doveva
ritenersi riconoscimento dell’impossibilità
implicitamente sostenuta

dall’accipiens

nel richiedere

l’equivalente.
SAIM S.p.A. propone ricorso affidato a sei motivi.
CAVO s.r.l. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli arti_ 2909, 1470, 1476,
1498, 2033 e 2037 c.c. nonché degli artt. 321, 99, 100,
112, 132 c.p.c. e j.1 vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione e reitera le considerazioni
già svolte nelle fasi. di merito a sostegno della tesi
per la quale sia il giudicato formatosi con la sentenza

574/01 del tribunale di Monza che aveva accolto
l’opposizione di SAIN al decreto ingiuntivo con il

dell’accipiens,

quale le era ingiunto il pagamento della merce che GAVO
assumeva averle rivenduto, sia jA giudicato formatosi
con il passaggio in giudicato della sentenza n.
3377/1938 della C.A. di Milano, confermativa della
sentenza 3010/2010 del Tribunale di Milano che aveva

merce da SAIM a •avo e l’adempimento dell’obbligo di
consegna sarebbero preclusivi all’accoglimento della
domanda attrice; censura la sentenza per il mancato
accoglimento di tale tesi e ber il vizio di motivazione
al riguardo e formula i pertinenti quesiti.

1.1 11 morivo è manifestamente, infondato.
Preliminarmente si osserva che non sussiste il vizio di
motivazione e di omessa pronuncia in quanto il giudice
di appello con motivazione chiara e assolutamente
convincente

ha

rilevato

l’assoluta

infondaLezza

dell’eccezione di giudicato ravvisando proprio nel
precedente giudicato, nel quale si era accertato che la
compravendita della merce era valida ed efficace, il
diritto di GAVO s.r.l.

ad ottenere da SAIM la

restituzione delle merce che aveva comprato e pagato,
con ciò esaurendo il suo obbligo motivazionale.
Le sentenze n.
3377/1998

3010/1996

della

del Tribunale di Milano e n.

Corte

di

6

Appello

di

Milano,

accertato la validità del contratto di vendita della

assunto

nell’infondato

della

ricorrente,

costituirebbero giudicato preclusivo rispetto alle
domande di GAVO di restituzione della merce acquistata
da SAIM e a questa riconsegnata, ovvero del suo
controvalore;

con

sentenze,

tali

invece,

si

compravendita, riconoscendo così che la merce era di
proprietà di CAVO e che era illegittimo rifiuto di GAVO
di

riceverla,

con

conseguente

ti

obbligo

di

risarcimento dei danni sostenuti per l’illegittimo
rifiuto;

ma ciò,

evidentemente,

non comporta la

liberazione del venditore dall’obbligo del venditore di
consegnare la merce (art. 1476 c.c.) in assenza di
deposito ai sensi dell’art. 1210 c.c.
Proprio da tali pronunce e da quella del tribunale di
Monza n. 574/01, che escludeva che fosse intervenuta
una retrovendita della stessa merce da GAVO a SAIM
scaturiva (come rilevato anche dal giudice di appello)
con efficacia di giudicato, l’obbligazione restitutoria
ex art. 2037 c.c. di SAIM la quale aveva indebitamente
ricevuto e trattenuto merce che, invece, avrebbe dovuto
mettere a disposizione dell’acquirente nelle forme
dell’art. 1210 c.c. e della quale era rimasta

7

esclusivamente accertata la validità ed efficacia della

proprietaria CAVO,

come affermato dalla sentenza

n.571/01 del tribunale di Mcmz.a.
I riferimenti agli articoli 1470 0.0.

(nozione di

vendita),1498 0.0. (obbligo di pagamento del prezzo)
1453

c.c.

(risoluzione

del

contratto

per

100 c.p.c. (interesse ad agire), meramente enunciati
nella rubrica del motivo, sono inconferenti e neppure
vengono illustrati i motivi per i quali queste norme
sarebbero state violate.
Al

quesito

se

le

sentenze

sopra

richiamate

costituiscano giudicato esterno anche con riferimento
alla domanda ex art. 2033 – 2037 c.c. si deve guindi
dare risposta negativa.
2.

il

Con

secondo motivo

la

ricorrente deduce

violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.
nonché degli artt. 99, 100, 112, 132, 324 c.p.c. e il
vizio

di

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria

motivazione.
La ricorrente sostiene che si sarebbe formato un
giudicato interno a seguito della mancata impugnazione
da parte di CAVO s.r.l. “del

capo

della

sentenza

al- ferente la discrasia Insanabile tra parte
motivazionale e dispositivo e

8

tra lI corpo della parte

inadempimento), 99 c.p.c. (principio della domanda),

motivazionale che respinge la domanda CAVO”
questo giudicato comporta

e che

“l’inammissibilità del

riesame della sentenza sotto 11 profilo dell’appello
incidentale”

e a monte inibisce

“sia la riforma della

sentenza di primo grado, che la conferma eventuale

subordinata”;

in tal senso formula il relativo quesito;

aggiunge che la Corte di Appello sarebbe incorsa nel
vizio di extrapetizione decidendo sulla domanda
principale di GAVO in assenza di •Impugnazione su un
capo della sentenza che la vedeva soccombente e non
avrebbe motivato sulle censure formulate da SAIM con
l’atto di appello.

2.1

La tesi per la quale la sentenza di primo grado,

malgrado l’appello incidentale, non avrebbe potuto né
essere riformata all’esito di appello incidentale, né
confermata, trae spunto dal rilievo che in una parte
della sentenza si afferma, testualmente: – Si

osserva

inoltre che il rischio di perdita, distruzione e
deterioramento dei beni compravenduti grava
sull’acquirente una volta che la proprietà degli stessi
sia passata all’acquirente ed 11 venditore abbia
esattamente adempiuto, come nel
propri obblighi

di

caso

di

specie, ai

consegna, costituendo 18

9

della stessa, per come in primo grado accolta la

restituzione delle stesse merci effettuata ad opera
dell’attrice un comportamento libero e volontario di
quest’ultima cui effetti, quindi, salva l’Ipotesi
neppure dedotta di responsabilità della SAIM nella
custodia, sono riferibili alla stessa CAVO – .
come si evince dall’intero contesto della

motivazione e dallo stesso dispositivo,

con essa

coerente, la sentenza di primo grado nel dispositivo ha
condannato SATH a restituire a CAVO la merce venduta e
poi ripresa dalla stessa

SAIM su richiesta di GAVC.; il

dispositivo è del tutto coerente con l’affermazione
contenuta nella parte motiva, per la quale alla CAVO,
“In forza del disposto di cui all’art. 1476 c.c. spetta
il

diritto alla consegna dei beni – e con l’ulteriore

affermazione per la quale la pretesa di pagamento del
controvalore avrebbe potuto essere formulata solamente
in

via

subordinata

e

trovare

accoglimento

nell’impossibilità di restituzione della merce.
L’affermazione

ulteriore

(sopra

integralmente

riportata) secondo la quale il rischio di perdita,
distruzione e deterioramento dei beni compravenduti
grava sull’acquirente se it venditore ha esattamente
adempiuto, non costituisce un segmento di motivazione
necessario per la decisione consacrata nel dispositivo,

IO

Invece,

ma un argomento aggiuntivo (significativa l’espressione
“Si osserva inoltre”), di

mero contorno, soprattutto

diretto ad escludere una responsabilità di SAIM per ii
deterioramento della merce, fermo restando il suo
obbligo di restituzione affermato inequivocabilmente

Nessun giudicato si è dunque formato e GAVO ha
richiesto con l’appello la riforma della sentenza nella
parte in cui le negava il diritto al controvalore,
sottoponendo, quindi all’esame del giudice di appello
proprio la questione se essa avesse diritto alla
restituzione della merce o al suo controvalore ai sensi
dell’art. 2037 comma 2 c.c.
Su tale questione, oggetto dei motivi di appello
incidentale, il giudice di appello, senza incorrere nel
vizio di extrapetizione denunciato dalla ricorrente e
motivando compiutamente, ha rilevato:
– che non sussistevano i presupposti per accogliere la
domanda ex art. 2037 cornea 2 c.c. perché SA1M era in
buona fede al momento in cui ricevuto, in restituzione,
la merce;
che

nella

domanda

ricompresa la (minore)
dell’art.

2037

attorea

doveva

intendersi

richiesta di condanna ai

comma

3

0.0.

nei

sensi
limiti

sia in motivazione che in dispositivo.

dell’arricchimento, così interpretando, nell’esercizio
di attività interpretativa a lui riservata e non
sindacabile se non per vizi di motivazione,
l’originaria domanda di CAVO.
L’attività di interpretazione e qualificazione della

la sostituzione della domanda proposta con una diversa,
con modifica dei fatti costitutivi o quando trova

il

suo fondamento su una realtà fatturale non dedotta e
allegata in giudizio, ma nella specie l’evidenziato
limite non è stato superato.
In conclusione al quesito posto deve darsi risposta
negativa perché con la sentenza di primo grado, grava t o
di appello, non si era formato alcun giudicato interno
e perché il giudice di appello non è incorso nel vizio
di extrapetizione.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 2033, 2037, 1470,
1476, 1193, 1153 c.c. nonché dell’art. 112 c.p.c. e i]
vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione.
SAIM sostiene che non vi fu

Lraditlo

sensi e per gli effetti degli artt. 2033

della merce ai
e ss. c.c. e

che non poteva affermarsi che era venuta meno una causa

12

domanda, infatti, non è più tale solo quando comporta

debendi perché nessuna causa debendi era mai sorta;
aggiunge che la restituzione forzosa della merce non
può equipararsi alla

Lraditlo

che costituisce il

presupposto legittimante dell’azione ex art. 2033 e so.
c.c. e che la restituzione della merce non assurge a

La ricorrente formula un quesito diretto a stabilire:
– se i.1 comportamento antigiuridico e volontario di
GAVO nel restituire e nel rifiutare la riconsegna della
merce sia ostativo alla tutela ex art. 2033 c.c.;
– se, concluso il contratto di vendita da piazza a
piazza, adempiuto all’obbligazione ex parte venditrice
di consegnare la merce, ac. larato che non sussistono i
presupposti risolutori ex parte acquirente,
allorquando parte venditrice si adoperi per far s1 che
la merce sia riconsegnata alla parte acquirente e
questa 1a deneghi, in capo alla venditrice non sorga
alcun obbligo di consegna e/o custodia ed essa non
possa, ad alcun titolo, chiamata a rispondere, anche
nel sistema dell’indebito oggettivo, del perimento o di
qualunque altro fatto inerisca alla merce;
– se la pronuncia della

Corte, per quanto

sia viziata di_ extrapetizione.

‘i

al motivo,

fonte di obbligazione.

La ricorrente sostiene la singolare tesi per la quale,
ricevuta

in

restituzione la merce dal compratore che

lamenta vizi, esclusa la sussistenza di vizi e la
risoluzione del contratto, legittimamente avrebbe
trattenuto sia la merce che il prezzo, non essendo

Il motivo di ricorso è sotto ogni profilo infondato.
La

traditi°,

che

costituisce

il

presupposto

dell’obbligo di restituzione di cui all’art. 2037 c.c.
sussiste in quanto SIAM ha ricevuto una cosa altrui (la
proprietà della cosa, nella vendita da piazza a piazza
si trasferisce al compratore con la consegna al
vettore) ricevendola dal compratore.
Accettando volontariamente la riconsegna della merce
(alla quale ben poteva sottrarsi, così come poteva
sottrarsi alle connesse responsabilità con il deposito
ex art. 1210 c.c.), l’odierna ricorrente accettava
anche la responsabilità derivante dal ricevere cose
che, come accertato con la sentenza che ha negato la
risoluzione del contratto, non doveva ricevere in
quanto erano di proprietà del compratore.
Pertanto al quesito occorre rispondere:

che il comportamento dell’acquirente che ha nel
restituito e nel rifiutato la riconsegna della merce

14

neppure tenuta nei limiti dell’arricchimento.

non è ostativo ostativo alla tutela ex art. 2033 c.c.
(rectius 2037 c.c.);
– che sulla parte venditrice ancorchè si sia adoperata
per la riconsegnata alla parte acquirente e questa la
deneghi, grava un obbligo di consegna e/o custodia nel

liberi dell’obbligo di consegna mediante il deposito di
cui all’art. 1210 c.c. o attraverso la procedura di
vendita di cui all’art. 1211 c.c.;
– che lo pronuncia della Corte, per quanto al motivo,
non è viziata di extrapetizione per le ragioni già
sviluppate al precedente punto 2.1.
l. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli artt.. 2033 e 2037 c.c.
nonché dell’art. 112 c.p.c. e il vizio di omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione e sostiene
che siccome la domanda attrice si fondava sulla malia
fede della convenuta, una volta esclusa la mela fede,
la domanda doveva essere rigettata e non accolta ai
sensi del comma terzo dell’art. 2037 c.c.; accogliendo
tale diversa domanda il giudice di appello avrebbe
pronunciato extrapetita.
La ricorrente formula il quesito diretto a stabiljre
la domanda

come

se

accolta dalla Corte territoriale ex

PS

caso in cui riceva in res:ituzione la merce e non si

art.

2037

III

poteva ritènersi,

alla

luce delle

deduzioni e conclusioni dell’attore, ricompresa in
quella ex art. 2037 II c.c. e se tale accoglimento non
comporti vizio di extrapetizione in mancanza di valida
domanda iniziale e della riproposizione della stessa in

4.1 Anche questo motivo è del tutto infondato: GAVO
s.r.l. con l’appello incidentale aveva chiesto che,
accertata e dichiarata l’indebita detenzione da parte
di SAIM del beni oggetto della bolla di reso, la stessa
fosse condannata al pagamento dell’equivalente in
denaro; in via subordinata aveva chiesto la condanna di
SAIM all’immediata restituzione della merce oitre al
risarcimento dei danni.
Il

giudice

di

appello,

come

già

rilevato,

ha

qualificato la domanda come domanda diretta ad ottenere
il controvalore della merce ai sensi dell’art. 2037
comma

lI

c.c.,

motivazione,

così

interpretando,

la domanda,

con

congrua

sul presupposto che

la

restituzione non fosse più possibile in quanto
l’acciplens

non aveva opposto la possibilità della

restituzione.

IO

appello.

Pertanto

causa

petendi

netitum

de -lla

domanda

corrispondevano alla previsione dell’art. 2037 c.c.,
che impone l’obbligo di restituzione.
La buona fede o la mala fede nell’ambito della domanda
ex art. 2037 c.c, incidono esclusivamente sul limite

dell’arricchimento)

dell’accipiens in caso di perimento

o deterioramento della cosa, così che, chiesta
l’affermazione della piena responsabilità per mais
fede, ben può il giudice escludere la mala fede e non è
precluso al giudice, che escluda la mala fede,
riconoscere la minore responsabilità di cui al terzo
comma dello sfesso articolo 2037 c.c.
Pertanto al quesito occorre rispondere:
– che la domanda come accolta dalla Corte Lerriforiale
ex art. 2037 III poteva ritenersi non tanto ricompresa
in quella ex art. 2037 II •.c., ma doveva ritenersi la
stessa domanda;
– che il suo accoglimento non ha comportato vizio di
extrapetizione.
5. Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 2033, 2037 209l

c.c.

nonché degli artt. 112, 114 e 115 c.p.c. e il vizio di
omessa, insufficiente e conraddittoria motivazione e

17

della responsabilità (che viene contenuta nel limite

sostiene che mal GAVO aveva quantificato l’ipotesi
risarcitoria di cui all’art. 2037 coma lii c.c.
indicando quale sarebbe stato l’arricchimento di SIN,
correlativo alla diminuzione patrimor ale di GAVO e che
la valutazione dell’arricchimento (calcolato nel prezzo

logico-economico e che invece l’arricchimento avrebbe
dovuto essere calcolato nel margine di contribuzione e
quindi nella differenza tra il prezzo pagato da SAIM al
produttore per l’acquisto della merce; inoltre avrebbe
dovuto considerare che SAIM non poteva vendere la merce
in quanto di proprietà di GAVO; aggiunge che sarebbe
illogica la diminuzione del lOi dell’indennizzo
accordato; infine avrebbe dovuto defalcarsi l’importo
corrisposto da SAIM a] corriere per il trasporto la
restituzione e lo stoccaggio; al
stato ostativo

riguardo non sarebbe

il giudicato milanese perché la

decurtazione avrebbe afferito alla quantificazione
dell’arricchimento, pari ad coro 2.690,74.
La ricorrente formula quesito diretto a stabilire se il
giudice del gravame non sia incorso in extrapetlzione o
comunque abbia errato nel quantificare l’arricchimento

di SAIM in misura pari al valore delle merci decurtato

18

pagato per la merce) è disancorate da ogni parametro

del le% non considerato invece come parametro

il

margine di contribuzione.
5.1 il motivo è infondato in ogni sua censura e ai
quesiti si deve rispondere che

il giudice non

incorso nel vizio di extrapetizione e non ha errato nel
nel quantificare l’arricchimento in

misura pari al valore delle merci decurtato del 104 e
nel non considerare il marg i ne di contribuzione.
Ed infatti:

l’impoverimento di GAVO corrisponde esattamente al

valore della merce che non ha avuto in restituzione e
che aveva integralmente pagato per l’importo dl euro
23.287,04;
occorre presumere che il valore di mercato della
merce fosse corrispondente al prezzo pagato;

pertanto l’arricchimento corrisponde al valore di

mercato della merce che era nella disponibilità di SA7M
e che la stessa non ha restituito, non essendo neppure
stato dedotto che la merce si fosse deteriorata o che
si fosse perduta;
– la sentenza non è viziata di exfrapetizione in quanto
il giudice di appello non ha riconosciuto qualcosa di

diverso dalla richiesta (il valore della merce) ma
qualcosa di meno (il valore

I9

della merce ridotto del

non considerare

10%)

e non era onere di Gavo provare quanto SAIM aveva

corrisposto alla produttrice perchè il costo di
acquisto e l’utile di impresa dovevano ritenersi già
ricompresi nel prezzo pagato da GAVO, mentre SIAM aveva
incrementato il suo patrimonio con la merce avente

prezzo di vendita; precedenti sentenze avevano
accertato che la merce era esente da vizi e difetti e
non dedotto il verificarsi di perdite o
deterioramenti;
– l’arricchimento di SAIM non deve essere diminuito per
il costo da essa sostenuto per compensare il corriere
per il trasporto, la restituzione e lo stoccaggio
quanto

tali

costi

(enunciati

dalla

in

ricorrente

nell’importo di euro 2.690,74 oltre interessi) sono
conseguenza di una libera iniziativa di SAIM che ha
deciso di

pagare

il vettore pur non essendo tenuta a

sostenere i relativi oneri (v. pag. 8 della sentenza
impugnata) e il Tribunale dj Milano ha respinto, con
efficacia di giudicato, la domanda risarcitoria così
che, in questa sede tali somme non possono essere
riaddebitate a GAVO;

la riduzione del 10 applicata equitativamente dal

giudice di appello, corrispondente alla somma di euro

20

valore di mercato presumibilmente corrispondente al

101) e non era onere di Gavo provare quanto SAIM aveva
corrisposto alla produttrice perché il costo di
acquisto e l’utile di impresa dovevano ritenersi già
ricompresi nel prezzo pagato da GAVO, mentre SIAM aveva
incrementato il suo patrimonio con la merce avente

prezzo di vendita; precedenti sentenze avevano
accertato che la merce era esente da vizi e difetti e
non è dedotto il verificarsi di perdite o
deterioramenti;
– l’arricchimento di SAIM non deve essere diminuito per
il costo da essa sostenuto per compensare il corriere
per il trasporto, la restituzione e lo stoccaggio in
quanto tali costi (enunciati dalla ricorrente
nell’importo di euro 2.690,74 oltre interessi) sono
conseguenza di una libera iniziativa di SAIM che ha
deciso di pagare il vettore pur non essendo tenuta a
sostenere i relativi oneri (v. pag. 8 della sentenza
impugnata) e il Tribunale di Milano ha respinto, con
efficacia di giudicato, la domanda risarcitoria così
che, in questa sede tali somme non possono essere
riaddebitate a GAVO, neppure sotto il diverso profilo
della determinazione

dell’arricchimento in quanto la

20

valore di mercato presumibilmente corrispondente al

questione non risulta specificamente sottoposta al
giudice di appello;
– la riduzione del 10% applicata equitativamente dal
giudice di appello, corrispondente alla somma di euro
2.328,70,

costituisce

riduzione

che

non

risulta

indimostrata) perdita di valore reale dei beni che sono
rientrati nel patrimonio della venditrice.
6. Con il sesto motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione delrare. 91 c.p.c. e sostiene che
CAVO, in quanto soccombente, deve essere condannata al
pagamento delle spese dell’intero giudizio.
6.1 Il motivo resta assorbito dal rigetto del ricorso
per effetto del quale SAIM risulta soccombente.
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato non
v’è luogo a provvedere sulle spese in quanto la parte
non soccombente non si è costituita.
P.C.M.
La Corte rigetta il ricorso
Così deciso in Roma, il 5/12/2012.

incongrua rispetto ad una eventuale (comunque

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