Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26691 del 24/11/2020

Cassazione civile sez. II, 24/11/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9737/2016 proposto da:

O.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE COGLITORE,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSIMO

CARDARELLI, MARINO MARINELLI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B.

TORTOLINI 34, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICA

PIETROGRANDE;

– controricorrente –

e contro

D.F.C.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 621/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione il condominio (OMISSIS) e i singoli condomini convenivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Padova il confinante O.B., per vedere riconosciuta in via principale la comproprietà al condominio (OMISSIS) della corte contrassegnata dal mappale sezione (OMISSIS), foglio (OMISSIS), n. (OMISSIS), conformemente alle risultanze catastali e ipotecaria, in via secondaria per vedere riconosciuta la comproprietà del mappale in questione per usucapione decennale in base al titolo ex art. 1159 c.c., in conformità all’atto di compravendita repertorio numero (OMISSIS) del notaio M. e altri titoli trascritti. In ulteriore subordine, per veder riconoscere la comproprietà del mappale per intervenuta usucapione ultraventennale.

2. Il convenuto O., nel costituirsi in giudizio, chiedeva in via riconvenzionale che fosse dichiarato che egli era proprietario del mappale in oggetto per intervenuta usucapione ultraventennale.

Nel corso del giudizio da parte degli attori veniva richiesta l’integrazione del contraddittorio perchè dal supplemento di perizia emergeva l’esistenza di un locale seminterrato facente parte dell’edificio fino a quel momento ritenuto completamente di proprietà O. mentre la quota di sei/diciottesimi era in parte anche proprietà del condominio sei e del condominio ponti romani in quanto tali necessari contraddittori nella domanda riconvenzionale di usucapione.

3. Il Tribunale di Padova accoglieva la domanda riconvenzionale del convenuto e dichiarava O.B. proprietario della corte per l’intera quota per intervenuta usucapione ventennale come sopra indicata.

4. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello gli originari attori, si costituiva in giudizio l’appellato O.B..

5. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente il mezzo di gravame, rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione del convenuto O.B. e riconosceva in capo al condominio (OMISSIS)) la comproprietà della corte oggetto del contenzioso.

La Corte d’Appello evidenziava che era emerso dalla consulenza tecnica d’ufficio che il mappale di cui è causa derivava dal più ampio mappale (OMISSIS) e che in tutte le mappe dei successivi catasti, dal 1810 al 1889, veniva censito con definizioni via via equivalenti come corte comune al mappale (OMISSIS). Al momento dell’impianto del catasto italiano nel 1890 il mappale (OMISSIS) era già frazionato in più mappali ed in particolare nel (OMISSIS) descritto come corte comune ai mappali (OMISSIS).

Il consulente tecnico d’ufficio concludeva nel senso che il mappale (OMISSIS) era di proprietà per sei/diciottesimi degli eredi di D.Z.B.C. oggi O. e per dodici/diciottesimi degli aventi causa degli originali proprietari del mappale (OMISSIS) oggi ricompreso nella galleria del condominio (OMISSIS). La Corte d’Appello riteneva necessario procedere a una nuova consulenza tecnica per stabilire la titolarità dell’aria in esame e degli immobili attigui con riferimento ai titoli di acquisto della proprietà dedotti dalle parti, in particolare se il condominio (OMISSIS) scala (OMISSIS) insistevano sugli stessi mappali e corrispondevano ad un unico condominio o a realtà condominiali distinte.

Anche la nuova consulenza evidenziava che l’area in questione era in comproprietà delle parti del giudizio e di esse sole.

5.1 La sentenza impugnata dopo aver riportato un ampio stralcio della suddetta consulenza, affermava che alla luce della ricostruzione effettuata, il mappale (OMISSIS) nuovo catasto urbano doveva considerarsi in comproprietà delle parti, mentre con riferimento al profilo di integrazione del contraddittorio, doveva escludersi che vi fossero ulteriori comproprietari.

Secondo la Corte d’Appello il riconoscimento della comproprietà degli appellanti sull’area in questione era oggetto del giudizio e non poteva accogliersi la tesi dell’appellante secondo la quale, poichè l’appellato non aveva impugnato in via incidentale, aveva implicitamente riconosciuto la qualità di comproprietari contenuto nella sentenza di primo grado. Infatti, l’appellato aveva contestato la comproprietà e dunque la questione era ancora oggetto del giudizio.

Doveva respingersi l’eccezione di improcedibilità della domanda di usucapione per la mancata citazione in causa dei proprietari della corte comune mappale (OMISSIS) non essendo gli stessi risultati tali.

Con riferimento al motivo di appello concernente la domanda riconvenzionale di usucapione svolta da O.B. accolta dal giudice di primo grado, la Corte d’Appello evidenziava che il caso aveva ad oggetto l’usucapione del bene comune da parte di un comproprietario. In tal senso citava giurisprudenza di legittimità secondo la quale il comproprietario che invochi l’usucapione ha l’onere di provare il rapporto materiale con il bene, tale da escludere con palese manifestazione di volontà, gli altri comproprietari dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene.

Tale prova non risultava dagli atti di causa, in quanto era irrilevante il pagamento dell’imposta comunale che poteva essere effettuata anche in qualità di comproprietari. Peraltro, dalla proprietà condominiale del condominio (OMISSIS)), come risultava dalle foto in atti, poteva accedersi all’aria in contestazione senza alcuna ostruzione o preclusione. Per il mappale (OMISSIS) passavano anche le tubazioni dell’acqua e del gas del condominio (OMISSIS)) e vi scaricava un pluviale della grondaia. In conclusione, erano molteplici gli atti di esercizio della comproprietà da parte del condominio con riferimento all’area in contestazione, relativamente alla quale non erano stati esclusi dal comproprietario O. o dai danti causa dello stesso. Il fatto che nella corte in contestazione avessero parcheggiato negli anni persone autorizzate dalla proprietà O. – B. non era rilevante, in quanto non costituiva attività inconciliabile con il godimento dei comproprietari che potevano avere usata la medesima area per carico e scarico in diversi orari e quale era risultato in causa che essi comproprietari avevano comunque accesso diretto alla corte e mantenevano le proprie tubazioni e vi scaricavano l’acqua piovana.

In sostanza la condotta del possessore (appellato) non aveva escluso il godimento della comproprietà ai condominio (OMISSIS)) e non risultava evidenziata alcuna attività manifestazione inequivoca della volontà di possedere uti dominus.

6. O.B. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.

7. Il condominio (OMISSIS)) ha resistito con controricorso.

8. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza il ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e o falsa applicazione degli artt. 200,922,1027,1100,1103,1146,1158,1362,1376,2644,2650,2659,2697 c.c.. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza e o del procedimento in relazione agli artt. 61, 62, 112, 115, 116, art. 132, comma 2, n. 4, art. 156, comma 2, artt. 183 e 184 nella versione applicabile ratione temporis anteriore alla novella n. 263 del 2005. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Secondo il ricorrente gli attori, poi appellanti, non avevano fornito alcuna prova del fondamento della loro pretesa circa la sussistenza di una comproprietà sulla corte oggetto di causa.

A parere dei ricorrenti non vi è in atti alcuna risultanza documentale dalla quale possa desumersi l’acquisto della comproprietà sulla corte in esame a titolo derivativo o a titolo originario per usucapione. La Corte d’Appello in violazione delle regole sull’onere della prova aveva disposto un ulteriore supplemento di consulenza tecnica eminentemente esplorativa, unico elemento documentale dal quale trarre la prova dell’invocata comproprietà.

1.2 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riferito ad una pluralità di norme semplicemente indicate in rubrica.

Nel ricorso per cassazione, infatti, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate e dalla deduzione del vizio di motivazione, è inammissibile, in quanto, da un lato, costituisce una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiede un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione (Sez. 5, Sent. n. 18021 del 2016, Sez. 1, Sent. n. 21611 del 2013).

L’unica censura che si può enucleare dal motivo in esame, al di là delle numerose norme evocate in rubrica, è diretta alla denuncia della violazione della regola del riparto dell’onere probatorio e del principio dispositivo.

Sul punto la stessa è altrettanto inammissibile in quanto il ricorrente per cassazione che deduca la violazione dell’art. 2697 c.c., per avere il giudice di merito ritenuto sussistente un fatto senza che la parte gravata dall’onere della relativa prova l’abbia assolto, deve necessariamente evidenziare che quel fatto era stato oggetto di contestazione ed indicare se e quando, nel corso dello svolgimento processuale, detta contestazione era stata sollevata (Sez. 2, Ord. n. 17474 del 2018). Nella specie il ricorrente ha del tutto omesso di assolvere il suddetto onere di allegazione e, dunque, il motivo è inammissibile avendo la Corte d’Appello fondato il giudizio sulla base dei titoli di proprietà prodotti dalle parti e oggetto anche di due consulenze tecniche con le quali si è ricostruita la storia della particella (OMISSIS).

Quanto all’omesso esame di un fatto decisivo, esso non è indicato nella formulazione del motivo sicchè anche su questo punto il motivo è inammissibile.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e o falsa applicazione degli artt. 817,818,922,1027,1061,1100,1103,1158,1159,1321,1362,1376,1418,2697 c.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt. 115,116 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 156 c.p.c., comma 2; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

A parere del ricorrente la sentenza d’appello sarebbe censurabile per aver formato il proprio convincimento solo sulla consulenza tecnica d’ufficio attribuendogli una valenza impropria. Peraltro, tale consulenza era stata resa senza che alla stessa venisse allegato qualsivoglia titolo sulla scorta del quale potesse dirsi trasferito al condominio e prima ancora ai danti causa del medesimo, qualunque diritto di proprietà sulla corte in oggetto. Il ricorrente ricostruisce il percorso effettuato dalla consulenza in appello sul mappale (OMISSIS) e contesta la conclusione che la corte sia un bene comune del condominio (OMISSIS)) perchè dai titoli prodotti risulta ceduto solo un diritto reale minore quale quello di passaggio. In particolare, la quota di comproprietà di cui era titolare T.G. era stata trasferita esclusivamente ai suoi eredi e quindi i danti causa di T.G. a sua volta danti causa del condominio (OMISSIS) non avevano mai potuto acquistare e a loro volta alienare la proprietà della suddetta corte.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Anche in questo caso deve evidenziarsi l’inammissibilità del motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riferito ad una pluralità di norme semplicemente indicate in rubrica.

In ogni caso deve precisarsi che la Corte d’Appello di Venezia ha espressamente chiarito che la prova che il mappale in esame fosse in parte di proprietà dei controricorrenti era emersa dall’esame dei tioli di acquisto prodotti dalle parti, oltre che dalla consulenza tecnica espletata. Inoltre, non può sottacersi che è lo stesso ricorrente ad affermare, in modo del tutto contraddittorio nel corso della medesima censura, che dai titoli esaminati emerge solo un diritto di passaggio del condominio (OMISSIS)) e ne chiede una diversa interpretazione.

Nella specie il fatto che nei titoli esaminati si usasse l’espressione “diritto alla Corte comune” rende del tutto plausibile l’interpretazione della Corte d’Appello circa la volontà di ribadire la natura pertinenziale della corte di cui al mappale n. (OMISSIS).

Sotto quest’ultimo profilo va ribadito che: “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un

vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola

contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (Sez. 3, Sent. n. 28319 del 2017).

Anche con riferimento al secondo motivo, il ricorrente richiama in rubrica il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e tuttavia, nella formulazione del motivo, non indica quale sia il fatto omesso, rendendo inammissibile la censura.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1027,1061,1100,1103,1104,1105,1140,1146,1158,2697 c.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza del procedimento in relazione agli artt. 115,116 c.p.c., art. 132 c.pc., comma 2, n. 4, art. 156 c.p.c., comma 2,; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La Corte d’Appello di Venezia avrebbe errato nel rigettare la domanda riconvenzionale formulata da O. e relativa all’accertamento dell’acquisto del diritto esclusivo di proprietà sulla Corte in esame per usucapione ventennale. In particolare, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che gli attori appellanti avevano continuato nel corso degli anni ad esercitare il loro diritto di comproprietà senza esserne impediti dal possesso esercitato dall’ O. e prima di lui dai suoi danti causa. Gli stessi, infatti, potevano recarsi nella corte in questione, potevano eseguire la periodica manutenzione delle tubature e del pluviale condominiale, potevano affacciarsi sulla corte dalle proprie finestre, ma tutte queste attività denotavano al più una usucapione o una servitù di veduta o di passaggio. In sostanza non poteva escludersi che l’ O. avesse acquistato per usucapione una proprietà gravata da servitù. Questi aveva esercitato per oltre un ventennio, quantomeno a far data dal 1976, un diritto di proprietà esclusiva sulla corte mediante chiusura della stessa con una recinzione laterale sul lato della galleria (OMISSIS) ed un cancello sul lato prospiciente su via Roma, consentendone l’utilizzo esclusivamente a soggetti che frequentavano il proprio palazzo.

3.1 Il terzo motivo è inammissibile.

Anche in questo caso il motivo è inammissibile perchè formulato mediante la prospettazione di una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate, e dalla deduzione del vizio di motivazione, in tal modo richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione.

L’unica censura enucleabile dal motivo è comunque inammissibile perchè richiede una rivalutazione in fatto degli elementi valutati dalla Corte d’Appello per affermare che il ricorrente non aveva posto in essere alcun atto che impedisse la prosecuzione del rapporto materiale con il bene per gli altri comproprietari, e che denotasse inequivocabilmente l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva nei confronti del condominio comproprietario.

In proposito è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: “L’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla validità degli elementi dedotti dalla parte al fine di accertare se nella concreta fattispecie ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo alla usucapione, non è censurabile in sede di legittimità se sorretto da corretta e congrua motivazione e se non vi è un omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti” (Ex plurimis Sez. 6-2, Ord. n. 356 del 2017; Sez. 2, Sent. n. 4035 del 2007).

Peraltro la motivazione della Corte d’Appello è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale: “In tema di comunione, il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune” (Sez. 6-2, Ord. n. 24781 del 2017).

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 102 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, art. 354 c.p.c..

Il motivo è subordinato al mancato accoglimento dei primi tre e riguarda la carenza dell’integrità del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello di Venezia per le ragioni di diritto esposte avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice di primo grado per l’integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., nei confronti dei soggetti che sulla scorta delle esperito supplemento di CTU potevano dirsi comproprietari.

4.1 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

In tema di litisconsorzio necessario, la parte che denunci per cassazione la violazione dell’art. 354 c.p.c., in relazione all’art. 102 c.p.c., oltre all’onere di indicare nominativamente, nel ricorso, le persone che debbono partecipare al giudizio ai fini dell’integrità del contraddittorio, deve anche documentare i titoli che attribuiscano ai soggetti pretermessi la qualità di litisconsorti, ricadendo sul ricorrente il dubbio in ordine a questi elementi, tale da non consentire alla S.C. di ravvisare la fondatezza della dedotta violazione (Sez. 2, Sent. n. 6822 del 2013).

Nella specie la Corte d’Appello, come si è detto, ha escluso l’esistenza di ulteriori comproprietari della particella in esame sulla base di quanto risultava dai titoli di proprietà dedotti dalle parti e il ricorrente non offre alcun elemento che giustifichi una diversa valutazione dei presupposti di fatto e di diritto che escludono l’esigenza di integrazione del contraddittorio.

5. In conclusione la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000 più 200 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020

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