Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26690 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26690 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 7089-2008 proposto da:
SCHUBOTZ

GUDRUN

SCHGRN60L61Z112K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MAllINI 13, presso lo studio
dell’avvocato BARTOLI STEFANO, rappresentato e difeso
dall’avvocato BERGAMASCHI GIUSEPPE giusta delega in
atti;

– ricorrente –

O 13
1955

contro

NASTASI CRISTIANO, FAINI FRANCESCO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1940/2006 della CORTE D’APPELLO

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Data pubblicazione: 28/11/2013

di FIRENZE, depositata il 18/01/2007 R.G.N. 2862/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/10/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Francesco Faini e Cristiano Nastasi intimarono a Gudrun
Shubotz,

conduttrice

di

un

immobile

di

cui

erano

comproprietari, sfratto per finita locazione citandola in
giudizio davanti al tribunale di Firenze per la convalida.

decorrenza dal l ottobre 1989 e che il comproprietario
Francesco Faini aveva comunicato alla conduttrice,

con

raccomandata del 29.9.2002, la volontà di rientrare in possesso
dell’immobile per trasferirvi la propria residenza abitativa,
ai sensi dell’art. 3, lett. a) L. n. 431 del 1998.
L’intimata non comparì all’udienza ed il tribunale convalidò lo
sfratto fissando per l’esecuzione la data del 31.3.2005.
Contro tale decisione propose appello la Shubotz.
Si costituirono gli appellati contestando che la violazione
circa l’osservanza del rito potesse inficiare la validità della
pronuncia emessa dal giudice di primo grado.
La Corte d’Appello, con sentenza del 18.1.2007, dichiarò la
nullità dell’ordinanza di convalida ed accolse la domanda di
diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza
dichiarando cessata la locazione alla data del 30.9.2003, con i
conseguenti provvedimenti.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo Gudrun
Shubotz.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

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Precisarono di avere concluso un contratto di locazione con

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio
2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in
materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi,

Secondo l’art. 366-bis c.p.c.

introdotto dall’art. 6 del

decreto – i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena
di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare,
nei casi previsti dall’

art.

360,

n.

1),

2),

3)

e 4,

l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la
formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza

della

motivazione

la

renda

inidonea

a

giustificare la decisione; e la relativa censura deve contenere
un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne
4

delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.

circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione
della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass.
18.7.2007 n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione

diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere
formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la
violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il
vizio denunciato alla fattispecie concreta ( v. S.U. 11.3.2008
n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art.
366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie
in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od
integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella
di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del
solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del

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risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di

ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n.
8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di
formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso

legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri l, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma,
c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa
disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura

come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.,
all’enunciazione del principio di diritto, ovvero a

dicta

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il
solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta
una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve
concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso ( cd. momento di sintesi) – in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero
delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende
inidonea la motivazione a giustificare la decisione (v. da
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stesso – una diversa valutazione, da parte del giudice di

ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n.
24255).
Con un motivo la ricorrente denuncia

violazione e falsa

applicazione dell’art. 354 c.p.c..
Il motivo non è fondato.

dei quesiti, infatti, le censure avanzate non colgono nel
segno.
La Corte d’Appello ha dato atto dell’ammissibilità dell’appello
perché proposto avverso ordinanza di convalida di sfratto
emessa in difetto dei presupposti di legge, come tale avente
natura sostanziale di sentenza (Cass. 16.5.2006 n. 11380; v.
anche Cass. 27.5.2010 n. 12979).
Ha, quindi, dichiarato la nullità di tale ordinanza e,
riqualificata l’azione proposta come domanda di diniego di
rinnovo del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell’art.
3, lett. a) L. n. 448 del 1998, ” disposizione, quest’ultima,
espressamente richiamata nella comunicazione della disdetta
inoltrata alla conduttrice con raccomandata del 29.9.2002″, è
scesa all’esame del merito di tale domanda ritenendola fondata.
Il percorso argomentativo affrontato dalla Corte di merito è
corretto.
Da un lato, infatti, l’erroneità (nullità) del provvedimento
emesso dal primo giudice ha comportato l’ammissibilità
dell’appello (v. anche Cass. 27.5.2010 n. 12979); ma
dall’altro, poiché l’ipotesi in esame non rientrava tra i casi
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Anche a prescindere dalla correttezza o meno nella formulazione

tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., non
suscettibili di applicazione estensiva, di rimessione della
causa, non ricorrendo l’esigenza di assicurare il doppio grado
di giurisdizione, ha esaminato la questione nel merito (v.
anche Cass. 3.1.2011 n. 17; Cass. 23.1.2006 n. 1222).
infatti, principio pacifico nella giurisprudenza di

legittimità quello per cui se la nullità è stata commessa dal
giudice di primo grado e viene rilevata dal giudice d’appello,
non è possibile, a seguito della riforma della sentenza di
primo grado, la rimessione della causa al giudice di primo
grado, ma è il giudice d’appello che deve provvedere alla
rinnovazione della decisione.
Ciò,

in

ossequio

all’art.

162,

comma

l,

c.p.c.,

e

conformemente al normale effetto devolutivo del giudizio di
appello, nonchè al principio generale per il quale l’esistenza
di una nullità, se essa è rimediabile, non impedisce, una volta
che essa sia rimediata, che a seguito della rinnovazione della
relativa attività, possa avere luogo la decisione nel merito.
Se la nullità, poi, avesse riguardato il giudizio di appello,
la Corte di cassazione, nel cassare la decisione impugnata,
deve rimettere la causa al giudice d’appello perchè rinnovi sempre ai sensi dell’art. 162 c.p.c. – la decisione, salvo che
non ravvisi le condizioni per la decisione nel merito
sull’appello.
Se la nullità dedotta in cassazione avesse, invece, riguardato
il giudizio di primo grado e fosse stata avallata dalla
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E’,

sentenza d’appello, la Corte di Cassazione, nel cassare la
decisione confermativa del giudice d’appello e negativa della
nullità, si sarebbe trovata di fronte alla stessa alternativa.
In ogni caso, comunque, il rilievo della nullità non importa la
definizione in rito del giudizio, perchè nel processo civile,

sanabili mediante la rinnovazione dell’attività irrituale cui
si riferiscono, e la loro verificazione non comporta che il
giudizio debba essere definito in rito.
La censura avanzata dalla ricorrente, quindi, non ha pregio.
Non senza ulteriormente osservare che la ricorrente, nel
postulare la necessità della rimessione al primo giudice, non
ha neppure indicato quale concreto nocumento – non rimediabile
nel giudizio di appello – avrebbe riportato il suo diritto di
difesa; del quale lamenta la violazione.
Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
Nessun provvedimento è adottato in ordine alle spese, non
avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso il 18 ottobre 2013 in Roma, nella camera di
consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.

salvo espressa contraria previsione di legge, le nullità sono

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