Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26688 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26688 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ha pronunciato la seguente

50- c

SENTENZA

sul ricorso 5735-2008 proposto da:
EDIGRAF S.R.L.

in persona del suo

00792340325,

Amministratore Delegato e legale rappresentante Ing.
ALESSIO TONEGATO, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA MAllINI 27, presso lo studio dell’avvocato
ZUCCHINALI PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato
2013

FORNASARO PIERO giusta delega in atti;
– ricorrente –

1896

nonchè contro

FABRICCI SRL , GENERALI ASSIC SPA ;
– intimati –

1

Data pubblicazione: 28/11/2013

avverso la sentenza n. 83/2007 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 26/06/2006 R.G.N. 950/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/10/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.—

,

/

/

/

2

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La s.r.l. Edigraf citava a giudizio, davanti al Tribunale
di Trieste, la s.r.l. Fabricci, chiedendo che fosse condannata
al risarcimento dei danni derivanti dall’erronea esecuzione di
un contratto avente ad oggetto la gestione del personale della

Edigraf di voci retributive non dovute.
Nella costituzione della società convenuta, il Tribunale
accoglieva la domanda e condannava la società convenuta al
pagamento della somma di euro 45.628,16, respingendo la domanda
di manleva proposta dalla società Fabricci nei confronti della
propria compagnia di assicurazione.
2.

Proposto appello dalla parte soccombente, la Corte

d’appello di Trieste, con sentenza depositata il 26 giugno 2006
e pubblicata il 16 febbraio 2007, in parziale riforma di quella
di primo grado, rideterminava in euro 22.814,08 la somma dovuta
dalla società Fabricci alla società Edigraf, condannando
quest’ultima alla restituzione della maggior somma percepita in
forza della provvisoria esecutività della sentenza di primo
grado, confermando il rigetto della domanda di manleva nei
confronti della s.p.a. Assicurazioni generali.
Rilevava la Corte territoriale che – fermo restando il
corretto inquadramento della fattispecie operato dal Tribunale
in termini di contratto d’opera intellettuale – il

quantum

risarcitorio doveva essere ridotto, poiché era emerso
3

società attrice, con accreditamento ai dipendenti della società

dall’istruttoria che la s.r.l. Edigraf non si era in alcun modo
attivata nei confronti dei propri dipendenti per il recupero
delle maggiori somme loro erogate a causa dell’errore commesso
dalla s.r.l. Fabricci. A tale comportamento rinunciatario non
poteva accordarsi «liberatorio riconoscimento», anche perché la

iniziativa che potesse «costituire idonea premessa (giuridica
prima ancora che sindacale) per il recupero del proprio
credito». Ne conseguiva che, facendo applicazione dell’art.
1227, primo comma, cod. civ., l’importo del risarcimento doveva
essere, a titolo equitativo, dimezzato.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Trieste
propone ricorso la s.r.l. Edigraf, con atto affidato a tre
motivi.
La s.r.l. Fabricci e la s.p.a. Assicurazioni generali non
hanno svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente rilevare che la sentenza della
Corte d’appello di Trieste reca un’attestazione di deposito
alquanto singolare. Dopo la sottoscrizione del Presidente e del
Giudice relatore, infatti, c’è una prima firma del cancelliere
con relativo timbro; c’è poi un unico timbro con la seguente
dicitura:

depositata in cancelleria il 26 giugno 2006,

pubblicata il 16 febbraio 2007.

Segue un’ulteriore firma del

cancelliere depositante, con relativo timbro. Le due diverse
4

società Edigraf non aveva dato corso ad alcuna formale

date ora indicate risultano la prima scritta a mano e la seconda
con timbro datario.
Ad avviso di questo Collegio, poiché la prima firma ed il
primo timbro del cancelliere depositante sono stati apposti
l’unica firma di

deposito valida è la seconda, ossia quella apposta
l’indicazione delle date di deposito e di pubblicazione.

dopo
La

prima firma del cancelliere ed il relativo timbro devono
ritenersi, quindi, come

inutiliter dati,

perché la

sottoscrizione – come dice la stessa parola – non può che
seguire la scrittura.
Ne consegue che non ricorre, nella specie, l’ipotesi sulla
quale si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte con
la sentenza 1 0 agosto 2012, n. 13794, perché in presenza di
un’unica firma del cancelliere,

la quale attesta che il deposito

e la pubblicazione sono avvenute in due date diverse, si deve
necessariamente ritenere che il procedimento di pubblicazione
sia avvenuto nella seconda data e non nella prima. E poiché il
ricorso per cassazione è stato notificato, per atto
dell’ufficiale giudiziario competente, in data 14 febbraio 2008,
lo stesso deve ritenersi tempestivo.
Si può quindi procedere all’esame del merito.
2. Col primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
dell’art. 1227, primo comma, del codice civile.
5

prima del timbro attestante il deposito,

Rileva la ricorrente che le due ipotesi previste dal primo e
secondo comma dell’art. 1227 cod. civ. sono fra loro diverse:
quella del primo comma regola il fatto colposo del creditore che
abbia concorso al determinarsi dell’evento dannoso, mentre
quella del secondo regola il caso del danneggiato che abbia

caso in esame, la mancata attivazione, da parte della s.r.l.
Edigraf, di procedure tese al recupero delle somme indebitamente
versate non può svolgere il ruolo di antecedente causale del
danno, sicché sarebbe improprio il richiamo al primo comma
dell’art. 1227 cit.; tale mancata attivazione potrebbe, semmai,
dare corso all’applicazione del secondo comma dell’art. 1227
cod. civ., il che comporta che la Corte d’appello abbia compiuto
un erroneo inquadramento giuridico della fattispecie.
3. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione
dell’art. 1227 cod. civ. anche in relazione agli artt. 1431 e
2033 del medesimo codice.
Si rileva che il dovere imposto al danneggiato di evitare i
danni che possono essere arrecati alla sua sfera giuridica
sussiste «nei limiti in cui la sua osservanza non sia troppo
onerosa». Nella specie, il creditore danneggiato avrebbe dovuto
agire intraprendendo un’azione giudiziaria, la quale, per sua
natura, implica rischi e spese. Appare ingiusto, perciò,
addebitare alla società ricorrente il rimprovero di non aver
6

prodotto un aggravamento del danno, senza esserne la causa. Nel

assunto alcuna formale iniziativa per il recupero delle somme
dovute, e ciò anche senza contare le agitazioni ed il probabile
sciopero dei lavoratori che avrebbe fatto seguito a simili
iniziative.
4.

I primi due motivi, da trattare congiuntamente, sono

La sentenza della Corte giuliana ha infatti messo in
evidenza che il

quantum risarcitorio da porre a carico della

società Fabricci doveva essere ridotto per il fatto che la
società Edigraf, una volta riconosciuto l’errore che aveva
condotto all’erogazione ai propri dipendenti di somme non
dovute, non si era in alcun modo attivata per il recupero delle
stesse. La sentenza non ha affatto sostenuto – come si pretende
nel ricorso – che la Edigraf si dovesse spingere fino al punto 9′
di agire in giudizio per il recupero, ma si è limitata a
rilevare che la Edigraf non aveva dato corso ad alcuna «formale
iniziativa che potesse costituire idonea premessa (giuridica
prima ancora che sindacale) per il recupero del proprio
credito». Ed ha ritenuto di dover procedere in via equitativa
alla riduzione del danno, in base alla previsione del primo
comma dell’art. 1227 del codice civile.
In relazione a simile ricostruzione, le doglianze del
ricorrente non colgono nel segno. E del tutto corretto, infatti,
configurare la totale inerzia del creditore – quale la Corte
d’appello ha in sostanza accertato come elemento di
7

privi di fondamento.

valutazione utile ai sensi dell’art. 1127, primo comma, cod.
civ., poiché nel caso specifico il mancato esercizio delle
attività utili ai fini del recupero del credito può configurarsi
come un concorso colposo del creditore.
Quanto,

specificamente,

al secondo motivo,

si deve

la ratio decidendi della sentenza impugnata, perché essa – come
si è detto – non ipotizza alcun obbligo della società Edigraf di
esercitare l’azione di ripetizione dell’indebito

(«Dica la

Suprema Corte se l’esercizio dell’azione di ripetizione di
indebito da parte del datore di lavoro nel confronti dei propri
dipendenti configuri o meno un’attività gravosa o straordinaria
ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.»).
5. Col terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5) , cod. proc. civ.,
contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo per
il giudizio.
Rileva la ricorrente di aver fatto presente in sede di
merito che l’eventuale assunzione di iniziative volte a
recuperare, dai propri dipendenti, le somme loro erogate per
errore, avrebbe comportato inevitabili contraccolpi nelle
relazioni aziendali, risolvendosi in un danno maggiore di quello
che si cercava di ridurre. La motivazione, perciò, avrebbe
assunto su questo punto un andamento contraddittorio.
5.1. Il motivo è inammissibile.
8

aggiungere che la formulazione del quesito alla p. 12 non coglie

Esso, infatti, oltre ad essere formulato in modo generico e
in sostanza ripetitivo delle doglianze già esaminate in
precedenza, manca totalmente del necessario momento di sintesi,
da formulare ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
applicabile alla fattispecie ratione temporis. Tanto si traduce

da costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze 18 novembre
2011, n. 24255, e 20 maggio 2013, n. 12248).
6. In conclusione, il ricorso è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato
svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile della Corte di cassazione, il 12 novembre 2013, a
seguito di riconvocazione.

in inammissibilità della censura di vizio di motivazione, come

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