Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2668 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. I, 30/01/2019, (ud. 28/11/2018, dep. 30/01/2019), n.2668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10381/2015 proposto da:

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 190,

presso l’Area Legale Territoriale di Poste Italiane, rappresentata e

difesa dall’avvocato Ursino Anna Maria Rosaria, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UniCredit S.p.a., nella quale sono fuse per incorporazione UniCredit

Banca s.p.a., UniCredit Banca di Roma s.p.a., Banco di Sicilia

s.p.a., UniCredit Corporate Banking s.p.a., UniCredit Family

Financing Bank s.p.a., UniCredit Private Banking s.p.a. e UniCredit

Bancassurance Management & Administration S.c.a.r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Viale B. Buozzi n. 77, presso lo studio dell’avvocato

Tornabuoni Filippo, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Generali Italia S.p.a., nuova denominazione di Ina Assitalia S.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 49, presso lo studio

dell’avvocato Bernardini Sveva, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 520/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/11/2018 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Viene proposto ricorso, sulla base di due motivi, avverso la sentenza del 23 gennaio 2015 della Corte d’appello di Roma, che ha respinto l’impugnazione principale, e dichiarato assorbita l’incidentale, avverso la decisione di primo grado, la quale aveva condannato Poste Italiane s.p.a. al pagamento della somma di Euro 7.500,00, oltre interessi legali, in accoglimento della domanda proposta da Ina Assitalia s.p.a. (ora Generali Italia s.p.a.), mentre aveva respinto la domanda avverso Unicredit s.p.a., con riguardo al pagamento della somma portata da un assegno non trasferibile illegittimamente incassato presso un ufficio postale da soggetto diverso dal beneficiario.

Si difendono con controricorsi le intimate.

La Unicredit s.p.a. ha depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi sono così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1189,1992,1218 c.c., art. 43 L. Ass., in quanto la ricorrente, che ha negoziato l’assegno dopo avere scrupolosamente identificato il beneficiario, obiettivamente legittimato alla riscossione in perchè presentatosi con documenti falsi non riconoscibili come tali, non è responsabile per il pagamento;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. e artt. 40,41 c.p., per non avere la corte territoriale ravvisato il concorso causale nell’evento, dovuto alla condotta di spedizione dell’assegno in plico non assicurato.

2. – Il primo motivo è fondato.

Risulta dalla narrativa della decisione impugnata come il Tribunale di Roma avesse accertato essere stato l’assegno non trasferibile pagato correttamente da Poste Italiane s.p.a. al beneficiario effettivo, soggetto legittimato in base al titolo, e che aveva aperto un libretto di risparmio nominativo, sebbene in concreto sostituito da un altro individuo, il quale aveva falsificato la propria identità e presentato documenti falsi, nonchè la mancanza di qualsiasi alterazione del titolo.

Il motivo, quindi, lamenta la violazione dell’art. 43 L. Ass., in quanto la corte territoriale ha reputato sussistere una responsabilità oggettiva della banca negoziatrice, dunque senza possibilità di prova liberatoria: essa ha invero affermato non profili di inadempimento della negoziatrice, ma tout court la sua responsabilità oggettiva.

Orbene, a comporre il contrasto presentatosi fra le sezioni semplici è intervenuta pronuncia delle S.U., la quale ha interpretato in funzione nomofilattica – l’art. 43, comma 2, L. Ass..

Secondo tale norma, “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento”.

Con riguardo all’interpretazione di tale precetto, le sentenze di questa Corte, pronunciate dalle Sezioni unite del 21 maggio 2018, n. 12477 e n. 12478, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

a) la norma predetta si applica anche all’assegno circolare, all’assegno bancario libero della Banca d’Italia ed all’assegno di traenza (usualmente utilizzato, in luogo del bonifico bancario, per il pagamento di un soggetto che non sia titolare di un conto corrente o di cui non si conoscono le coordinate bancarie) munito della clausola di intrasferibilità;

b) l’espressione “colui che paga” adoperata dall’art. 43, comma 2, L. ass., si riferisce non solo alla banca trattarla (o all’emittente, nel caso di assegno circolare), ma anche alla banca negoziatrice, che è l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento;

c) ha natura contrattuale la responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di persona non legittimata;

d) specificamente, “ai sensi dell’art. 43, 2 comma, Legge Assegni (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2”.

Alla luce di tali ditta, il motivo va accolto, non avendo la sentenza impugnata fatto proprio applicazione dei detti principi, ma applicato la tesi, ormai disattesa dalle Sezioni unite, della pura responsabilità oggettiva ex art. 43 L. ass..

3. – Il secondo motivo resta assorbito.

4. – La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè si attenga al principio esposto nel valutare il materiale acquisito agli atti; alla corte del merito si demanda altresì la liquidazione delle spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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