Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26671 del 22/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21401/2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,

EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCELLO DE VIVO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1147/2015 della CORTE D’APPELLo di BARI del

13/04/2015, depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Clementina Pulli difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Bari, decidendo sul ricorso proposto da P.V. in data 25/1/2008, in accoglimento dell’eccezione di decadenza formulata dall’I.N.P.S., dichiarava inammissibile la domanda proposta dalla predetta intesa ad ottenere la condanna dell’istituto alla corresponsione dei trattamenti di invalidità ex L. n. 222 del 1984. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari, in accoglimento del gravame dell’assicurata, ed in riforma della pronunzia di primo grado, condannava l’INPS alla corresponsione in favore dell’appellante dell’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dall’8.4.2009, con riguardo ai ratei venuti a maturazione ex art. 149 disp. att. c.p.c., da tale data, in relazione al raggiungimento dello stato di inabilità accertato dal Ctu medico legale.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l’I.N.P.S., che denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv. in L. n. 438 del 1992, nonchè dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, per non avere la Corte territoriale ritenuto l’inammissibilità dell’azione giudiziaria proposta quando era già maturata la decadenza che, a suo dire, avrebbe comportato l’estinzione del diritto alla riliquidazione di tutti i ratei pregressi. Si è, costituita la P. con controricorso.

Il motivo è manifestamente infondato.

Non è controverso che la P. abbia proposto ricorso giudiziario in data 25.1.2008, oltre il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo modificato dalla L. n. 438 del 1992, art. 4, decorrente dal ricorso amministrativo presentato in data 31 luglio 2003.

Ciò premesso, giova ricordare quanto statuito da Cass. 21 marzo 2005, n. 6018 (in materia di integrazione al minimo di una pensione cat. SO) e da Cass. 14 febbraio 2008, n. 3761 (in materia di assegno ordinario di invalidità): “… a) la scadenza dei termini complessivamente previsti per l’esaurimento del procedimento non individua una nuova ed autonoma ipotesi di decadenza, ma completa la gamma delle diverse eventualità di decorrenza del termine in presenza del comune presupposto costituito dall’avvenuta presentazione del ricorso amministrativo; b) mentre, ove sia mancato qualsiasi ricorso, la situazione non può che ritenersi tuttora disciplinata dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, comma 1, seconda parte operando, quindi, il dies a quo costituito dal dì della maturazione dei singoli ratei di prestazione; c) la scadenza suddetta, costituendo il limite estremo di utilità di ricorsi proposti tardivamente, ma pur sempre anteriormente al suo verificarsi, determina anche l’effetto dell’irrilevanza di un ricorso proposto solo successivamente (v. Cass. 25 marzo 2002, n. 4247), rispetto al quale potrà semmai porsi il problema se esso sia identificabile come nuova domanda amministrativa; d) la scadenza stessa, in assenza di ricorsi anteriormente presentati e nonostante la presenza di ricorsi proposti successivamente ad essa non determina il dies a quo del termine di decadenza dall’azione giudiziaria, operando in relazione alle descritte eventualità la diversa ipotesi dei decadenza introdotta dal D.L. del 1991, art. 6, ossia quella decorrente dalla maturazione dei singoli ratei: in questo senso la Corte reputa di dovere discostarsi dai risultati ermeneutici attinti da sue precedenti sentenze (v., da ultima, Cass. 15 marzo 2003, n. 3853, secondo cui la scadenza in questione rileva anche in ipotesi di mancata presentazione di ricorso).

Così definito il quadro delle possibili decorrenze del termine di decadenza dall’azione giudiziaria, è agevole desumerne che, nell’ipotesi di mancata proposizione del ricorso, cui, come si ribadisce, equivale quella della presentazione successiva alla scadenza dei termini complessivamente previsti per il procedimento amministrativo, la decadenza non è unitaria, bensì mobile per ciascun rateo: ciascuno di essi ha, infatti, una decadenza autonoma ed ogni mensilità va relazionata alla data del ricorso giudiziario, per verificare se la decadenza si sia verificata o meno, ragion per cui si estingue il diritto a tutti i ratei maturati anteriormente al termine computato a ritroso dalla proposizione del ricorso giudiziario” (si vedano, in senso conforme, le più recenti Cass. 27 maggio 2014, n. 11835, Cass. 9 giugno 2014, n. 12878, Cass. 29 ottobre 2014, n. 23023 e, da ultimo, Cass. 7.4.2016 n. 6801, Cass. 27.4.2016 n. 8310).

L’applicazione di questi principi al caso di specie comporta che il dies a qua va individuato nel giorno della maturazione dei singoli ratei della prestazione in contestazione, con il corollario dell’estinzione dei ratei che si collocano in epoca anteriore alla scadenza del termine triennale di decadenza computato a ritroso dal dì della proposizione detta domanda giudiziale. Peraltro nella specie i ratei successivi al 25.1.2005 non erano neanche venuti ad esistenza, essendo stato il requisito sanitario riconosciuto solo dall’aprile 2009. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione degli indicati principi.

In conclusione, deve ritenersi corretto il decisum della Corte di appello, che ha ritenuto non colpiti da decadenza i ratei venuti a maturazione dopo il 25.1.2005, e quindi i ratei maturati dall’aprile 2009. Per quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ciò comporta la reiezione del ricorso dell’INPS, che richiama principi difformi.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione al difensore della P., dichiaratosi antistatario.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione del rigetto dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%, con attribuzione all’avv. Marcello de Vivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA