Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2667 del 30/01/2016

Cassazione civile sez. I, 30/01/2019, (ud. 28/11/2018, dep. 30/01/2019), n.2667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12922/2015 proposto da:

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175,

presso la Direzione Affari Legali di Poste Italiane, rappresentata e

difesa dall’avvocato Pistilli Paola, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

UniCredit S.p.a., nella quale sono fuse per incorporazione UniCredit

Banca s.p.a., UniCredit Banca di Roma s.p.a., Banco di Sicilia

s.p.a., UniCredit Corporate Banking s.p.a., UniCredit Family

Financing Bank s.p.a., UniCredit Private Banking s.p.a. e UniCredit

Bancassurance Management & Administration S.c.a.r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Viale B. Buozzi n. 77, presso lo studio dell’avvocato

Tornabuoni Filippo, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Generali Italia S.p.a., nuova denominazione di Ina Assitalia S.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 49, presso lo studio

dell’avvocato Bernardini Sveva, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2234/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/11/2018 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Viene proposto ricorso, sulla base di cinque motivi, avverso la sentenza del 3 aprile 2014 della Corte d’appello di Roma, che ha condannato Poste Italiane s.p.a. al pagamento della somma di Euro 4.132,00, oltre interessi e maggior danno, in tal senso riformando la decisione impugnata, la quale aveva respinto la domanda proposta da Ina Assitalia s.p.a. (ora Generali Italia s.p.a.), volta alla condanna di Poste Italiane s.p.a. e di Unicredit s.p.a. al pagamento della somma portata da un assegno non trasferibile illegittimamente incassato presso un ufficio postale da soggetto diverso dal beneficiario.

Si difendono con controricorsi le intimate.

La ricorrente ed Unicredit s.p.a. hanno depositato altresì le memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi possono essere così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 331 e 342 c.p.c., in quanto Unicredit s.p.a., avverso cui Ina Assitalia s.p.a. non ha proposto appello, era invece litisconsorte necessaria in fase di impugnazione;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1189,1992,1218 c.c., art. 43 L. ass., in quanto la ricorrente, che ha negoziato l’assegno dopo avere scrupolosamente identificato il beneficiario, obiettivamente legittimato alla riscossione perchè presentatosi con documenti falsi non riconoscibili come tali, non è responsabile per il pagamento;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 42 L. ass., per non avere la corte territoriale ritenuto responsabile Unicredit s.p.a., quale banca trattaria, tenuta alla vigilanza in sede di stanza di compensazione, ove avrebbe potuto rilevare i dati diversi del beneficiario;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2043,2056 c.c., D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 83, D.M. Comunicazioni 9 aprile 2001 e D.M. Comunicazioni 26 febbraio 2004, per non avere ritenuto in colpa la traente e la trattaria con riguardo alla spedizione dell’assegno in plico non assicurato;

5) violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 1277 c.c., per avere liquidato anche il maggior danno, non dovuto.

2. – Il primo motivo è inammissibile.

La corte d’appello ha dato espressamente atto della disposta chiamata in causa di Unicredit s.p.a., onde il mezzo omette completamente di tenere conto della motivazione sul punto, insistendo su di un vizio, che, ove esistente, sarebbe stato comunque così superato dal giudice territoriale.

3. – Il secondo motivo è fondato.

Risulta dalla narrativa della decisione impugnata come il Tribunale di Roma avesse accertato essere stato l’assegno non trasferibile pagato correttamente da Poste Italiane s.p.a. al beneficiario effettivo, soggetto legittimato in base al titolo, sebbene in concreto sostituito da un altro individuo, il quale aveva falsificato la propria identità e presentato documenti falsi, nonchè la mancanza di qualsiasi alterazione del titolo.

Il motivo, quindi, lamenta la violazione dell’art. 43 L. ass., in quanto la corte territoriale ha reputato sussistere una responsabilità oggettiva della banca negoziatrice, senza possibilità di prova liberatoria: essa ha invero affermato non profili di inadempimento della negoziatrice, ma tout court la sua responsabilità oggettiva.

Orbene, a comporre il contrasto presentatosi fra le sezioni semplici è intervenuta pronuncia delle S.U., la quale ha interpretato in funzione nomofilattica – l’art. 43, comma 2, L. ass..

Secondo tale norma, “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento”.

Con riguardo all’interpretazione di tale precetto, le sentenze di questa Corte, pronunciate dalle Sezioni unite del 21 maggio 2018, n. 12477 e n. 12478, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

a) la norma predetta si applica anche all’assegno circolare, all’assegno bancario libero della Banca d’Italia ed all’assegno di traenza (usualmente utilizzato, in luogo del bonifico bancario, per il pagamento di un soggetto che non sia titolare di un conto corrente o di cui non si conoscono le coordinate bancarie) munito della clausola di intrasferibilità;

b) l’espressione “colui che paga” adoperata dall’art. 43, comma 2, L. ass., si riferisce non solo alla banca trattaria (o all’emittente, nel caso di assegno circolare), ma anche alla banca negoziatrice, che è l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento;

c) ha natura contrattuale la responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di persona non legittimata;

d) specificamente, “ai sensi dell’art. 43, comma 2, Legge assegni (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che

l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2”.

Alla luce di tali dicta, il motivo va accolto, non avendo la sentenza impugnata fatto applicazione dei detti principi, ma applicato la tesi, ormai disattesa dalle Sezioni unite, della pura responsabilità oggettiva ex art. 43 L. Ass..

3. – I rimanenti motivi restano assorbiti.

4. – La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè si attenga al principio esposto nel valutare il materiale acquisito agli atti; alla corte del merito si demanda altresì la liquidazione delle spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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