Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26669 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26669 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 20648-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3050

RASTELLI ERNESTA C.F. RSTRST72C53L103M, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

dell’avvocato

VACIRCA

SERGIO,

che

la

Data pubblicazione: 28/11/2013

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LALLI
CLAUDIO, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 995/2007 della CORTE D’APPELLO

e

dOk’AQUILA, depositata il 22/08/2007 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/10/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega PESSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

1672/2006;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22.8.2007, la Corte di Appello dettAquila rigettava il gravame proposto
dalla società Poste Italiane p. a. avverso la decisione resa dal Tribunale di Teramo, che, in
accoglimento del ricorso di Rastelli Ernesta, aveva dichiarato la nullità del termine apposto
al contratto sottoscritto dalle parti il 2.10.2002 e l’esistenza tra le parti di un rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato, condannando la società alla riammissione in

maturate dalla data di notifica del ricorso introduttivo fino al ripristino del rapporto.
Rilevava la Corte del merito che le deduzioni delle Poste in ordine alle esigenze che
giustificavano il ricorso al contratto a tempo determinato non erano idonee a dimostrare
l’esistenza di situazioni eccezionali in relazione ad opere o servizi ben definiti e non
fronteggiabili con personale già occupato che fossero conseguenza proprio di quella
ristrutturazione e che legittimassero la specifica assunzione a termine in relazione alla
situazione del singolo ufficio postale e della singola filiale. Era emerso che il ricorso alla
stipulazione a termine era avvenuto per lo svolgimento di compiti assolutamente ordinari
per far fronte a normali esigenze di lavoro. Riteneva l’inefficacia della clausola appositiva
del termine e non la nullità dell’intero contratto e, quanto al gravame incidentale della
Rastelli, affermava che la decorrenza del riconosciuto diritto al risarcimento del danno
dovesse essere individuata, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, dalla data
della raccomandata del 2.1.2003. Sull’aliunde perceptum non vi era stato, poi, secondo il
giudice del gravame, alcuna impugnativa.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la società con tre motivi, illustrati nella memoria
depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Resiste, con controricorso, la Rastelli, che espone ulteriormente, in memoria, le proprie
tesi difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione
dell’art. 1 del d. Igs. 368/2001 e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro, ai
sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., rilevando che il nesso eziologico tra le esigenze generali
indicate nella causale del contratto e la specifica assunzione del lavoratore, con riguardo
alla situazione esistente nell’ufficio di adibizione, non è un requisito richiesto nè dall’art. 25
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servizio della ricorrente ed al pagamento, in favore della predetta, delle retribuzioni

del c.c.n.l. 11.1.2001, nè dal d. Igs. 368/2001, con la conseguenza che la legittimità del
contratto deve essere valutata soltanto alla luce degli eventi menzionati nella causale.
Con quesito di diritto, chiede se la causale appositiva del termine ad un contratto di lavoro
stipulato ai sensi del d. Igs. 368/2001 e degli accordi sindacali sia sufficientemente
specifica, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato
idonea garanzia per il lavoratori e per un efficace salvaguardia dei loro diritti, o se occorra

rendere legittima l’assunzione a termine
Con il secondo motivo, la società deduce la nullità del procedimento, ai sensi dell’art. 360,
n. 4, c.p.c. e la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n. 3, c.p.c. ,
assumendo l’erronea applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., poichè la Corte territoriale
ben avrebbe potuto superare l’incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione
attivandosi con i poteri riconosciutigli dalla legge.
Infine, col terzo motivo, la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione di norme di
diritto, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’ art. 360,
nn. 3 e 5, c.p.c., rilevando che, in ordine alla domanda di risarcimento proposta dalla
lavoratrice, doveva ritenersi gravare sulla stessa l’onere di allegare e provare il danno da
scioglimento del rapporto e domanda se questo possa consistere nelle retribuzioni perdute
a causa della mancata esecuzione delle prestazioni lavorative e se presupponga l’esplicita
offerta delle prestazioni stesse da parte del lavoratore e l’illegittimo rifiuto da parte del
datore. Contesta, altresì, che il tentativo obbligatorio possa costituire valida offerta della
prestazione lavorativa.
Il ricorso appare meritevole di accoglimento nei limiti che saranno specificati.
Il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 reca l’attuazione della direttiva 1999/70 CE, relativa
all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEP e dal
CES, e costituisce la nuova fonte regolatrice del contratto di lavoro a tempo determinato,
in sostituzione della L. 18 aprile 1962, n. 230 e della successiva legislazione integrativa.
Il D.Lgs. n. 368, nel testo originario, vigente all’epoca del contratto ora in questione, all’art.
1 prevede che “e’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro
subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”
(comma 1) e che “l’apposizione del termine e’ priva di effetto se non risulta, direttamente o
indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 10
comma”.
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prevedere una specificazione della causale collettiva in una causale individuale per

Contestualmente al recepimento dell’accordo – quadro il D.Lgs. 368 ha disposto dalla data
della propria entrata in vigore (24.10.01) l’abrogazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, della
L. 25 marzo 1983, n. 79, art. 8 bis della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e di tutte le
disposizioni di legge incompatibili (art. 11, comma 1). Il quadro normativo che emerge e’,
dunque, caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962

successiva normazione delle L. n. 79 del 1983 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 – e
Cov- Iwitr;s,■ 01,vì elc.stìdne,
dall’introduzione di un sistema articolato prctausate–ger~, in cui l’apposizione del
termine e’ consentita a fronte “di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo”. Tale sistema, al fine di non cadere nella genericita’, impone orsffolrrtemt, un
fondamentale criterio di razionalizzazione costituito dal gia’ rilevato obbligo per il datore di
lavoro di adottare l’atto scritto e di “specificare” in esso le ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate.
Questa Corte ha chiarito che, in ragione di tale esigenza di specificazione, le ragioni
giustificatrici del contratto a termine debbono essere sufficientemente particolareggiate, in
maniera da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata ed il controllo della
loro effettivita’. In particolare, in forza del principio enunziato dalla Direttiva che
l’applicazione dell’accordo UNICE-CEP-CES non costituisce motivo sufficiente per ridurre
il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell’ambito coperto dall’accordo stesso (c.d.
clausola di non regresso), l’interpretazione del termine “specificate” deve garantire nella
piena trasparenza il controllo di effettivita’ assicurato dalla legislazione previgente (Cass.
1. 2. 10 n. 2279 ; Cass. 12.7.2010 n. 16303).
L’onere di “specificazione” nell’atto scritto costituisce una perimetrazione della facolta’
riconosciuta all’imprenditore di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per
soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha
l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente
riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilita’ della
motivazione addotta gia’ nel momento della stipula del contratto. D’altro canto, tuttavia,
.

proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di
specificita’ sia collegato a situazioni aziendali non piu’ standardizzate ma obiettive, con
riferimento alle realta’ specifiche in cui il contratto viene ad essere calato (Cass. 26.1.10
n.1576 e 1577, richiamate da Cass. 12.7.2010 n. 16303).
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— che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti, peraltro gia’ ripensato dalla

Tuttavia, se non e’ sufficiente a qualificare le ragioni per le quali e’ stata disposta
l’assunzione a termine la mera indicazione di esigenze produttive ed organizzative,
essendo necessaria che di tali esigenze si “specifichi” congruamente la natura, e’ possibile
che la specificazione delle ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine risulti dall’atto
scritto non solo per indicazione diretta, ma anche per relationem, ove le parti abbiano
richiamato nel contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame l’organizzazione

25.5.2012 n. 8286).

E’ quanto nella sostanza la ricorrente sottolinea essere avvenuto nel caso di specie, in cui
l’atto scritto di assunzione, dopo alcuni generici riferimenti ai processi di riorganizzazione
aziendale, concretizza le “esigenze tecniche, organizzative e produttive” nella “attuazione
delle previsioni di cui agli accordi 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio
2002”. Da tali accordi, che costituiscono un momento di esame comune delle parti
sindacali delle esigenze organizzative e di cui sono riportati ampi stralci nel ricorso,
secondo la ricorrente si desumerebbe l’esistenza di processi di mobilita’ introaziendale che
legittimerebbero il ricorso alle assunzioni a termine, quale momento di riequilibrio
territoriale e funzionale delle risorse umane. li giudice di merito, pur dando atto
dell’intervento del D.Lgs. n. 368 del 2001, si limita ad un superficiale giudizio di genericita’
delle motivazioni addotte a giustificazione del contratto, senza procedere alla valutazione
del grado di specificita’ delle ragioni indicate secondo la metodologia sopra indicata. La
giurisprudenza di questa Corte ha, invece, ritenuto necessario che — di fronte ad una
complessa enunciazione delle ragioni adottate a legittimazione dell’apposizione del
termine – l’esame del giudice di merito deve estendersi a tutti gli elementi di specificazione
emergenti dal contratto allo scopo di acclarare l’effettiva sussistenza, ivi ricomprendendo
l’analisi degli accordi collettivi sopra indicati (v. le citate sentenze 2279/2010 e 16303/10,
nonché Cass. 27.4.2010 n. 10033). Essendosi — come gia’ evidenziato — la Corte di
appello sottratta a questo compito, la censura e’ fondata e comporta l’accoglimento del
primo motivo. Restano assorbiti gli ulteriori motivi proposti dalla società ricorrente.
La sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata, con rinvio al giudice
indicato in dispositivo per un nuovo esame della causa. Tale esame dovra’ articolarsi
nella previa valutazione della esistenza o meno del grado di specificazione richiesto dalla
legge e, in caso di positivo accertamento, nella successiva verifica dell’effettiva ricorrenza
nel caso concreto degli elementi di fatto che danno corpo alla ragioni di assunzione per
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aziendale e ne analizzano le complesse tematiche operative (v., da ultimo, Cass.

come sono specificate. L’onere probatorio al riguardo grava sul datore di lavoro e deve
essere assolto sulla base delle istanze istruttorie formulate e valutando la portata degli
accordi specificamente indicati nella causale giustificativa. Il giudice del rinvio provvedera’
anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.

anche per le spese.
Così deciso in ROMA, il 24.10.2013

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione con rinvio alla Corte di Appello di Ancona,

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