Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26668 del 22/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26668

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17944/2015 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA

MASSIMO 36, presso lo studio dell’avvocato RENATO DELLA BELLA, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO BAVIERA,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, giusta procura in calce al ricorso

notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1207/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

17/12/2014, depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Renato Della Bella difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Clementina Pulli difensore del resistente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 28.1.2015, la Corte di appello di Milano, dichiarata la nullità della consulenza tecnica d’ufficio espletata in sede di gravame, rigettava l’appello proposto da M.V. avverso la sentenza di primo grado che, accertato lo stato di handicap della ricorrente, con i connotati della gravità L. n. 104 del 1992, ex art. 3, aveva respinto le altre domande proposte nei confronti dell’INPS e, in particolare quella di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento. Rilevava che le censure proposte dall’appellante concretavano note critiche alla consulenza di primo grado, cui il nominato Ctu aveva replicato argomentatamente affermando che non potevano riconoscersi nella condizione menomante riscontrata e descritta nella relazione i criteri per definire una “paraparesi con deficit di forza grave 7333″, e che, in difetto di nuove adeguate censure, il gravame dovesse essere respinto. Per la cassazione di tale decisione ricorre la M., affidando l’impugnazione a due motivi.

L’INPS ha rilasciato procura in calce alla copia del ricorso notificato.

Con il primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, correlato all’art. 421 c.p.c., violazione degli artt. 196 e 159 c.p.c., osservandosi che, una volta riscontrato l’errore in cui era incorso il CTU (che aveva violato il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 8, convertito dalla L. n. 111 del 2011 e non aveva dimostrato l’avvenuto invio delle bozze della ctu alle parti), la Corte, riconosciuto che la nullità era riconducibile ad un errore dell’ausiliare, avrebbe dovuto provvedere alla nomina di nuovo Ctu anche in applicazione dell’art. 196 c.p.c. e che non poteva far gravare l’errore dell’ausiliare sul’istante, posto che era stata ritenuta la necessità di integrare il quadro probatorio.

Con il secondo motivo, si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che il nuovo convincimento del giudice del gravame non ha tenuto conto di quanto risultante dalla produzione effettuata a corredo del gravame e si poneva in violazione dell’art. 115 c.p.c., non essendo stata considerata la documentazione versata in atti dall’appellante e la mancata contestazione della stessa da parte dell’INPS.

Il ricorso è fondato quanto alla prima censura. Il principio della limitazione oggettiva della nullità dell’atto, contenuto nell’art. 159 c.p.c., comma 2, è applicabile anche in presenza di un atto finale che costituisce la risultante di una serie di atti distinti l’uno dall’altro, cioè di attività continuativa nel tempo e frazionabile in momenti autonomi. In particolare, se una parte dell’attività di accertamento e rilevazione dei dati compiuta dal consulente tecnico sia invalida, perchè svolta in violazione del principio del contraddittorio e al di fuori del necessario controllo delle parti, qualora quella frazione di attività non si sia riverberata sull’atto conclusivo, consistente nella relazione di consulenza, il vizio non si traduce in una nullità che possa assumere rilevanza. L’affermazione o la esclusione del suddetto nesso di dipendenza forma oggetto di un apprezzamento riservato al giudice di merito, in quanto intimamente connesso con la valutazione delle risultanze della relazione peritale, ed è perciò insindacabile in sede di legittimità (cfr. da ultimo Cass. 27.7.2011 n. 16441). Pur essendo tale principio utilmente richiamabile nelle ipotesi di nullità di una parte dell’attività svolta dal Ctu, e quindi in relazione a vizi del procedimento di accertamento peritale, a maggior ragione deve ritenersene la validità nell’ipotesi all’esame, atteso che l’ordinanza di nomina di ctu è dotata di una sua propria autonomia rispetto ai vizi che hanno vanificato l’attività successiva del Ctu. Pertanto le ragioni che avevano determinato la Corte alla nomina del Ctu non vengono meno in conseguenza dell’accertata nullità, risultando contraddittoria, in quanto in contrasto con il valore attribuito dal Collegio di gravame alla nuova documentazione, asseritamente in parte di formazione successiva alla ctu di primo grado e ritenuta idonea a fornire elementi atti a comprovare un eventuale aggravamento delle condizioni sanitarie della M., la successiva ritenuta irrilevanza della stessa. Ed invero, l’attività di acquisizione di ulteriori certificazioni sanitarie e l’esercizio di poteri istruttori a garanzia di una rilevata esigenza di approfondimento del quadro probatorio relativo al requisito sanitario non risultano posti nel nulla dai vizi accertati, con la conseguenza che un provvedimento basato su contrastanti motivazioni non può ritenersi espressione di una motivata e ragionevole revoca della precedente valutazione, ove sia determinato, come nella specie, dall’invalidità dell’espletata ctu.

Il secondo motivo deve ritenersi assorbito dall’accoglimento del primo.

Si propone per quanto considerato raccoglimento del primo motivo, con assorbimento) del secondo ed il rinvio alla Corte designanda perchè si attenga ai principi richiamati”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia, per cui va confermato quanto ivi rilevato concludendosi per l’accoglimento del ricorso nei sensi sopra specificati. All’accoglimento del primo motivo, con assorbimento del secondo, segue la cassazione della decisione impugnata ed il rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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