Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26667 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15841/2015 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA S. IN LAURO

13, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PUGLISI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FILIPPO ALOSI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,

LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1998/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

23/10/2014, depositata il 05/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 5.12.2014, la Corte di appello di Palermo, in riforma della pronuncia del Tribunale di Palermo – che aveva accolto la domanda di G.A., ex dipendente dell’Enel, accertando che il trattamento pensionistico andasse quantificato in Euro 2.967,55 e condannando l’INPS a liquidare le differenze pensionistiche maturate sul maggior trattamento a lui spettante – rigettava la domanda dell’appellato. Rilevava la Corte – dopo avere richiamato la normativa applicabile – che l’importo del trattamento pensionistico era soggetto al tetto massimo di cui all’art. 3, lett. a) e b), sicchè, una volta determinata la prestazione alla luce della normativa vigente presso il fondo, doveva procedersi a determinare i due tetti cui confrontare l’importo della pensione, che, se superiore agli stessi, doveva ridursi fino a farlo coincidere con il tetto di maggiore valore. La domanda per come formulata, e cioè come pretesa a fruire della pensione interamente commisurata alla retribuzione imponibile determinata secondo le regole AGO nel limite dell’80%, non poteva, secondo la Corte palermitana, essere accolta, in quanto i valori di cui al D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, costituivano altrettanti limiti finalizzati a perseguire, in esecuzione della Legge Delega n. 335 del 1995, la graduale armonizzazione dei trattamenti sostitutivi vigenti presso i Fondi speciali INPS con quello vigenti presso l’AGO. Osservava che nella fattispecie di causa i detti limiti non erano stati mai superati, laddove la pensione già mensilmente percepita era ictu oculi inferiore a quelle astrattamente determinabili in forza in forza del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, che costituivano un tetto massimo, ma non assicuravano al pensionato il diritto a fruire del miglior trattamento tra quelli previsti alle lett. a) e b) della norma indicata.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il G., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.

Con il primo motivo, il ricorrente denunzia omessa e insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, osservando che la decadenza connessa alla tardiva costituzione dell’Istituto in primo grado aveva determinato la preclusione rispetto alle domande ed eccezioni del predetto.

Deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge, assumendo che, in applicazione delle norme introdotte dal D.Lgs. n. 503 del 1992 e della L. n. 335 del 1995 e delle ulteriori disposizioni normative applicabili, aveva diritto alla liquidazione di un trattamento pensionistico a calcolo pari ad Euro 3.430,00 rispetto al quale doveva ritenersi applicabile la misura più favorevole che andava determinata secondo i criteri individuati dal CTU nella sua relazione, riferiti a quelli della pensione secondo la disciplina vigente dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 562 del 1996, secondo le regole dell’AGO e secondo l’ammontare del trattamento) pensionistico previsto dal D.Lgs. n. 562 del 1996 e dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, dovendo ritenersi che in base al calcolo dell’ausiliare fosse dovuto un trattamento pensionistico mensile di Euro 2.967,55.

Il ricorso è palesemente inammissibile.

La prima censura, riferita all’omesso esame di un fatto decisivo è prospettata in termini tali che non rientra nel paradigma di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis (cfr. Cass., s.u. 8053/2014) ed, in ogni caso, si rivela inammissibile sia perchè formulata in dispregio del principio di autosufficienza, sia per la carenza di interesse, posto che la questione è stata decisa, indipendentemente dai rilievi dell’INPS, in base alle norme richiamate dal ricorrente ed ai fatti dallo stesso allegati ed accertati dal CTU.

Quanto al secondo motivo, i precedenti di questa Corte sulla specifica questione del regime pensionistico degli iscritti al Fondo di previdenza per i dipendenti dall’Enel e da aziende elettriche private (Cass. 23.1.2008, n. 1444 e Cass. 10.12.2008, n. 28996), premesso che, ai fini della determinazione della pensione di vecchiaia erogata con il metodo retributivo dal Fondo elettrici presso l’INPS, il D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2, lett. a) – nella prospettiva di una graduale armonizzazione tra i trattamenti sostitutivi presso i fondi speciali INPS e il regime dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti (AGO) – stabilisce che l’importo della pensione va determinato nella misura più favorevole tra a) l’80% della retribuzione pensionabile calcolata secondo le norme in vigore presso l’AGO e b) l’88% della retribuzione pensionabile determinata ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12, lett. a), sanciscono che debba farsi riferimento, quanto al primo tetto, alla nozione di retribuzione, onnicomprensiva di tutte le voci, considerata dalla disciplina generale dell’AGO, avendo il tenore letterale della disposizione avuto riguardo alla nozione di retribuzione vigente in quella gestione. Il meccanismo indicato prevede – con riferimento alla quota di pensione da liquidare con riferimento al periodo anteriore alla soppressione del Fondo Elettrici, avvenuta il 31.12.1996 – che, ottenuti questi due valori, li si pone a raffronto con l’importo della pensione liquidata secondo le disposizioni del Fondo elettrici e che, qualora questa sia pari o inferiore al maggiore dei due tetti, la pensione si eroga in quella stessa misura. Se, invece, essa superi il maggiore dei due tetti, la si riduce fino a farla coincidere con il tetto di maggior valore. La ragione di questo meccanismo) viene individuata nell’esigenza di pervenire ad una graduale armonizzazione dei trattamenti sostitutivi vigenti presso i Fondi speciali Inps (Elettrici, Autoferrotranvieri, Telefonici ecc.) con quelli vigenti presso l’AGO (cfr. Cass. 1444/2008cit.).

La Corte del merito, nel pervenire, in riforma della sentenza di primo grado, alla reiezione della domanda del G., non si è discostata da tale orientamento (ribadito, da ultimo da Cass. 5670, 5671, 5672, 5673 e 5674/2015), avendo escluso, in fatto, che l’importo della pensione, calcolato secondo le regole vigenti con l’applicazione delle quattro quote (A, B, C e D), superasse il maggiore dei tetti anzidetti.

Ogni censura fondata sulla dedotta violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, risulta formulata in dispregio del principio secondo cui, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il relativo vizio deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare fondamento della denunziata violazione (così e per tutte, Cass. n. 16038/13).

Alla stregua di tali considerazioni, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia, per cui va confermato quanto ivi rilevato concludendosi per la inammissibilità del ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione della ritenuta inammissibilità dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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