Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26666 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15764/2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

RONIA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITITO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, SCIPLINO ESTER ADA, CARLA D’ALOISIO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55,

presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, rappresentato e

difeso dagli avvocati VINICIO BAMONTI, SANDRO OTTONI, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.A., P.B.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 373/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Antonietta Coretti (delega verbale avvocato Antonino

Sgroi) difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 12.6.2014, la Corte di appello di Ancona respingeva il gravame proposto dall’INPS avverso la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva condannato 1′ istituto a costituire in favore di F.P., previo versamento della riserva matematica dovuta, la rendita vitalizia reversibile ai sensi della L. n. 1138 del 1962, art. 13, per il periodo dal 1.11.1970 al 14.3.1977. Osservava che la duplice attestazione del comandante della stazione dei carabinieri competente per il rilascio della licenza militate agricola nel corso dell’anno 1977 e del 1978 allorquando l’appellato svolgeva servizio militare di leva, idonea a concretare l’indefettibile prova scritta di data certa dell’esistenza del rapporto lavorativo, non precludesse la prova testimoniale della preesistenza di tale rapporto (rispetto alla data di formazione del documento), diversamente che nel caso in cui il documento attestasse non solo l’esistenza, ma anche il momento di esordio del rapporto. Evidenziava che solo in tale caso la prova testimoniale si sarebbe posta in contraddizione con il contenuto rappresentativo del documento sui cui si fondava la domanda L. n. 1338 del 1962, ex art. 13. Nella specie si era in presenza di documento scritto attestante la preesistenza, alla data del suo rilascio, del rapporto di lavoro, ciò che imponeva di apprezzare positivamente le concordanti testimonianze assunte, in ordine alla prestazione della collaborazione dell’appellato sin dalla data della richiesta.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui resiste, con controricorso, F.P., F.A. e P.B. sono rimasti intimati.

Viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 1338 del 1962, art. 13, degli artt. 2697, 2704 e 2721 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che i due documenti prodotti dal l’iliaci non erano di data certa riferita alla costituzione del rapporto e che non era possibile fare ricorso alla prova per testi per spostare indietro nel tempo il rapporto di lavoro. Si sostiene che, in assenza di documento di data certa attestante la nascita del rapporto di lavoro alla data dallo stesso indicata, la carenza probatoria non poteva essere aggirata con la prova per testi.

Si evidenzia, in particolare, che la regola juris utilizzata dal collegio di merito si pone in contrasto con la giurisprudenza maggioritaria che ha ritenuto) che il documento probatorio, dell’art. 2704 c.c., ex comma 3, deve essere relativo ad un rapporto rispetto ad esso contestuale o successivo mentre è possibile provarne la durata a partire da esso e la retribuzione con mezzi diversi dalla prova documentale. Si assume che, una volta acclarato che nessuno dei documenti prodotti in primo grado è un documento di data certa del sorgere del rapporto di lavoro, ne consegua l’inammissibilità della prova per testi dedotta e che con i capitoli di prova, in mancanza di un documento di data certa attestante la nascita del rapporto, il abbia aggirato siffatta carenza sostituendola con la più “facile” prova per testi. Si rileva che, solo in ipotesi di sussistenza di documento di data certa comprovante il sorgere del rapporto, gli articolati di prova sarebbero stati ammissibili e rilevanti per provare la durata del rapporto di lavoro successivamente alla sua instaurazione evincibile dal documento di data certa, il che non si era verificato nel caso all’esame.

Quanto alla possibilità di dimostrare in modo diverso dalla prova scritta l’esistenza di periodi lavorativi antecedenti a quello risultante dal documento, nel caso di omissione contributiva, si osserva che tale questione è stata già fatto oggetto di esame in sede di legittimità allorquando si è statuito (Cass. Sez. lav. n. 10577 del 19/5/2005) che “in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, la necessità della prova scritta ai fini della costituzione della rendita vitalizia (prevista dalla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13, commi 4 e 5), è relativa solo all’esistenza del rapporto di lavoro, mentre l’estensione temporale di esso e l’importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori, anche orali. E’ tuttavia escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto di lavoro”.

Con specifico riferimento alla possibilità della prova testimoniale alternativa a quella documentale si è ribadito (Cass. Sez. lav., n. 2600 del 3/2/2009) che “in tema di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, ai fini della costituzione della rendita prevista dalla L. n. 1338 del 1962, art. 13, nel testo risultante dalla declaratoria di parziale illegittimità costituzionale (Corte cost. N. 568 del 1989), la regola secondo la quale la durata del rapporto di lavoro può essere provata con ogni mezzo deve essere circoscritta al caso in cui il documento, la cui data può essere provata con ogni mezzo, provi l’avvenuta costituzione di un rapporto a partire dalla medesima epoca, a decorrere dalla quale è consentita la prova, con ogni mezzo, della relativa durata e della retribuzione, evitandosi in tal modo che la prova testimoniale “alternativa” di cui è onerato il datore di lavoro (o il lavoratore, nell’ipotesi di cui della citata L. n. 1338, art. 1, comma 5), senza alcun limite temporale, debba investire anche i fatti da cui desumere la qualificazione del rapporto e l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, in contrasto con la regola della prova scritta dell’esistenza del rapporto di lavoro”. Analogo principio è affermato, da ultimo, da Cass. 20.1.2016 n. 983.

Orbene, tenuto conto di tali specifici precedenti deve ritenersi corretta la decisione della Corte territoriale di non escludere la prova per testi relativa alla sussistenza di un rapporto lavorativo agricolo antecedente a quello risultante dai documenti sopra menzionati, sia perchè a tali documenti era stata dall’Istituto già conferita rilevanza probatoria nel riconoscere la rendita in relazione al periodo decorrente dall’8.3.1978 al 15.5.1981 (contrariamente a quanto si assume sulla irrilevanza degli stessi a fini dimostrativi dell’esistenza di un’attività lavorativa di coadiutore), sia perchè gli stessi documenti, come rilevato dalla Corte, non provavano l’inizio del rapporto lavorativo, ma solo la sussistenza dello stesso quanto meno alla data di loro formazione. In base a tale acquisizione, correttamente è stata esclusa ogni preclusione all’espletamento della prova per testi, non ricadendosi nelle ipotesi ritenute dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata ostative all’ammissione di prova per testi in relazione alla circostanza di preesistente attività lavorativa agricola perchè in contrasto con le disposizioni normative di cui nel presente ricorso si assume la intervenuta violazione.

In definitiva, si propone la definizione in sede camerale della controversia con il rigetto del ricorso dell’INPS”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia, per cui va confermato quanto ivi rilevato concludendosi per la reiezione del ricorso dell’INPS.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo, nei confronti di l’iliaci Paolo. Nulla va statuito nei confronti delle parti rimaste intimate.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater; nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione del rigetto dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%. Nulla nei confronti delle parti rimaste intimate.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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