Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26665 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26665 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

MENTAnXil
sul ricorso 28880-2010 proposto da:
GINEVRI SIMONETTA C. F. GNVSNT58B54A944I, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo
studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
3010

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV ‘NOVEMBRE

Data pubblicazione: 28/11/2013

144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA
LUIGI e FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e
difendono giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1214/2009 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAI SANO;
udito l’Avvocato TODDE MICHELE per delega ASSENNATO G.
SANTE;
udito l’Avvocato FAVATA EMILIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

di BOLOGNA, depositata il 21/07/2010 r.g.n. 1153/05;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 21 luglio 2010 la Corte d’appello di Bologna ha
confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 22 settembre 2005 con
la quale era stata rigettata la domanda di Ginevri Simonetta, medico
specialista in radiodiagnostica che ha prestato servizio presso l’Istituto di

Radiologia dell’Ospedale sant’Orsola-Malipighi di Bologna, intesa ad
ottenere la declaratoria di malattia professionale della neoplasia della
tiroide da cui era stata riconosciuta affetta, con la conseguente condanna
dell’INAIL alla corresponsione in suo favore dell’indennizzo di all’art. 13
del d.lgs. n. 38 del 2000 commisurato al grado di invalidità accertato. La
Corte d’appello ha motivato tale pronuncia di rigetto sulla base della
consulenza tecnica medico legale d’ufficio disposta ed espletata anche nel
secondo gado di giudizio e che ha concluso per la sola possibilità della
natura professionale della neoplasia da cui è risultata affetta la ricorrente
quale conseguenza della continua esposizione alle radiazioni ionizzanti,
non essendo possibile, allo stato attuale della ricerca, formulare ipotesi
anche di sola probabilità dell’origine dei tumori.
La Ginevri propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato
ad un unico articolato motivo.
Resiste l’INAIL con controricorso illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si lamenta l’erronea motivazione della sentenza
impugnata che avrebbe recepito acriticamente le argomentazioni e
conclusioni del CTU nominato nel giudizio di appello, in violazione dei
principi generali in tema di nesso di causalità dettati dagli artt. 40 e 41 del
cod. pen., e la motivazione apparirebbe omessa, insufficiente e
contraddittoria. In particolare si afferma che il carcinoma capillifero della

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tiroide da cui è stata ritenuta affetta la Ginevri, è generalmente ritenuto
tumore ricollegabile all’esposizione a radiazioni ionizzanti
indipendentemente dal superamento della soglia minima di esposizione, per
cui comunque l’infermità che ha colpito la ricorrente dovrebbe essere
ricondotta alla sua attività professionale.

contestazione delle risultanzt della consulenza tecnica su cui il giudice
d’appello ha fondato la propria decisione tentando una rivalutazione delle
risultanze processuali ed in particolare avanzando, contro quanto asserito
nella consulenza, un mero dissenso diagnostico non supportato da
condivisibili e validi elementi scientifici. Nel caso concreto va rilevato che
questa Corte ha più volte affermato che la presunzione legale circa la
eziologia professionale delle malattie contratte nell’esercizio delle
lavorazioni morbigene investe soltanto il nesso tra la malattia tabellata e le
relative specificate cause morbigene (anch’esse tabellate) e non può
esplicare la sua efficacia nell’ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale
in cui il nesso di causalità non può essere oggetto di semplici presunzioni
tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di concreta e
specifica dimostrazione – quanto meno in via di probabilità – in relazione
alla concreta esposizione al rischio ambientale e alla sua idoneità causale
alla determinazione dell’evento morboso (da ultimo Cass. 13 luglio 2011 n.
15400); ed ancora, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore,
deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, ovvero, esclusa la
rilevanza della mera possibilità di eziopatenogenesi professionale, questa
può essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità, che può
essere ritenuto sussistente sulla base degli accertamenti operati dal giudice
di merito (Cass. 25 maggio 2004 n. 10042). Il giudice dell’appello ha fatto
corretta applicazione di tali principi non riconoscendo la richiesta natura

Il ricorso è infondato. In primo luogo la ricorrente si limita ad una generica

professionale della malattia in presenza di una accertata mera possibilità di
nesso di causalità, senza alcuna probabilità.
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sufficiente, come detto, per il suo accoglimento, si ravvisano giusti motivi

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

per compensare fra le parti le spese del presente giudizio.

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