Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26663 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14250/2015 proposto da:

P.L.C., nella qualità di socio della società di

fatto Pagros, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA PRISCILLA 4,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO VIOLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato SAVERIO ROCCO CETRARO, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale Entrate, in proprio e quale procuratore speciale

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE INPS (SCCI) SPA, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 698/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 22/05/2014, depositata il 20/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Saverio Rocco Cetraro difensore del ricorrente che

si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Antonietta Coretti (delega verbale) avvocato

Antonino Sgroi difensore del controricorrente che si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 20.6.2014, la Corte di appello di Catanzaro, accoglieva il gravame dell’INPS ed, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione a cartella esattoriale proposta P.L. e G.A. ritenendo la validità della relativa iscrizione a ruolo, sul rilievo che doveva ritenersi, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, che non fosse maturata la prescrizione decennale essendo stato interrotto il relativo termine prima del 31.12.1995 attraverso la notifica del verbale di accertamento contenente la richiesta dei contributi poi iscritti a ruolo in data 9.10.1995, laddove, per quel che riguardava i contributi inerenti le gestioni non pensionistiche, anche in mancanza di interruzione dei termini prima dell’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995 – e dovendo ritenersi pertanto applicabile il termine di prescrizione quinquennale – il termine era stato comunque interrotto dalla notifica del verbale di accertamento il 9.10.1995 e poi da diffida notificata il 10.9.1999 e da cartella esattoriale notificata il 18.1.2002, non potendo invece prendersi in esame, in quanto oggetto di eccezione del tutto nuova, e mai proposta in primo grado, la efficacia della domanda di regolarizzazione contributiva. Quanto all’applicabilità del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 11, la Corte riteneva che il termine decadenziale ivi previsto non fosse applicabile al procedimento esattoriale per la riscossione dei crediti contributivi, in quanto per esso non espressamente previsto, essendo lo stesso di esclusiva applicazione al procedimento per riscossione dei crediti tributari.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste l’INPS, con controricorso.

Con il primo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, artt. 3 e segg., rilevandosi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di appello, anche a voler considerare quale atto interruttivo il verbale consegnato al socio G. il 9.10.1995, in ogni caso era intervenuta la prescrizione decennale, atteso che la cartella esattoriale era stata notificata in data 11.12.2006, oltre il termine anzidetto, non potendo considerarsi quali atti interruttivi la domanda di condono del 1996, allegato prodotto in appello, e una diffida relativa al pagamento delle rate di tale condono da parte dell’INPS del 1999, posto che la documentazione relativa alla domanda di condono era tardiva, in forza del divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione e dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione.

Con il secondo motivo, si lamenta omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativamente alla eccezione di nullità della cartella esattoriale conseguente a mancato rispetto dei termini previsti, osservandosi che il giudice di appello ha ritenuto erroneamente non applicabile al procedimento esattoriale per la riscossione dei crediti contributivi il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, discendendo tale conclusione dal disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 17 e 18, che estendono espressamente il sistema della riscossione coattiva mediante ruolo alle entrate degli enti pubblici previdenziali. Si evidenzia che una diversa conclusione creerebbe una disparità di trattamento tra cittadini in violazione del principio di cui all’art. 3 Cost., con profili di incostituzionalità della norma che non prevede un termine, di natura altrettanto perentoria per la notifica di cartella esattoriale relativa a crediti contributivi, e necessità di rimessione alla C. Cost., della relativa questione, rilevante ai fini del giudizio.

Il ricorso è infondato.

Ed invero, quanto alla prima censura, è sufficiente osservare che nella pronuncia oggetto di impugnazione si rileva che il termine di prescrizione risulta interrotto in primo luogo dalla notifica del verbale di accertamento intervenuta il 9.10.1995 e poi dalla diffida notificata il 10.9.1999 e da cartella esattoriale notificata il 18.1.2002. Si precisa poi che “non può essere invece presa in esame, in quanto eccezione del tutto nuova e mai proposta in primo grado, la efficacia della domanda di regolarizzazione contributiva” aggiungendosi “così come analogamente, non può trovare ingresso, la eccezione di intervenuto) pagamento sollevata dagli appellati per la prima volta in appello”.

Da tanto si deduce che il motivo è inconferente, perchè il documento che si assume tardivamente prodotto (non si indicano anche i dati utili ad identificare la sede di relativa produzione in dispregio della previsione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) non è stato utilizzato dalla Corte, che ha valutato altri elementi probatori risultati acquisiti al processo tempestivamente e ritualmente per ritenere validamente interrotto il termine di prescrizione eccepito.

Quanto alla seconda censura, si rileva che la questione è dedotta con richiamo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla mancata valutazione del rispetto dei termini per la notifica di cartella esattoriale, ma al di là dell’erronea prospettazione del vizio, che, esulando dal paradigma di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, risulta inammissibilmente dedotto, la questione fatta valere attiene a profilo di diritto. Al riguardo è stato ritenuto da questa Corte che: “In terna di riscossione mediante ruolo, i termini di decadenza per la notifica della cartella di pagamento previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, come modificato dal di 17 giugno 2005, n. 106, convertito) in L. 31 luglio 2005, n. 156, non sono applicabili ai crediti degli enti previdenziali, in quanto il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 18, pur prevedendo l’estensione delle disposizioni di cui al capo 2^ del titolo 1^ e del titolo 2^ del D.P.R. 602 del 1973, anche alle entrate riscosse mediante ruolo a norma dell’art. 17, tra cui rientrano anche i crediti degli enti previdenziali, fa salvo quanto previsto) dagli articoli seguenti e dunque anche dagli artt. 24 e 25 del citato D.Lgs. che, con riferimento a tali crediti, dettano una disciplina speciale per l’iscrizione a ruolo e la relativa opposizione (così, Cass. n. 12631 del 5 giugno 2014 e Cass. 3 novemre2015 n. 22436). E’ stato anche precisato che: “In tema di riscossione delle imposte sui redditi il termine per la notifica della cartella di pagamento, individuato nell’ultimo giorno – del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 1, ( ) attiene unicamente al rapporto fra ente impositore ed esattore e non rileva nei confronti del contribuente, con la conseguenza che la sua violazione non comporta nullità della procedura esecutiva” – cfr. Cass. n. 9169 del 9 aprile 2013; Cass. n. 1837 del 28 gennaio 2010).

Alla stregua di tali osservazioni e sul rilievo che la sostanziale diversità dei rispettivi presupposti consente di escludere i rilievi di incostituzionalità dedotti con riguardo alla asserita ingiustificata differenziazione in tema di decadenza per la notifica della cartella di pagamento per crediti tributari e crediti previdenziali e contributivi, anche per il valore di stretta interpretazione delle norme che stabiliscono termini di decadenza, si propone l’inammissibilità del ricorso.

Sussistono i presupposti per la decisione dello stesso in sede camerale (valore della causa dichiarato: 140.673,32)”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. L’INPS ha depositato memoria di contenuto adesivo alle conclusioni riportate.

Osserva il Collegio che il contenuto della sopra riportata relazione sia pienamente condivisibile siccome coerente alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ciò comporta l’inammissibilità del ricorso del P., non risultando le argomentazioni del relatore, che richiamano tali consolidati principi, scalfite dalle osservazioni svolte oralmente dal difensore del ricorrente.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

Attesa la proposizione del ricorso in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, vigente il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve rilevarsi, in ragione del rigetto dell’impugnazione, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato previsto dall’indicata normativa, posto a carico del ricorrente (cfr. Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il P. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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