Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26662 del 24/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/11/2020, (ud. 18/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 7880 del ruolo generale dell’anno 2012,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

Restelli Devillers s.r.l. in liquidazione (già Vafir s.r.l.), in

persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e

difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to

Giuseppe Marini, elettivamente domiciliato presso lo studio del

difensore in Roma, Via di Villa Sacchetti n. 9;

– controricorrente –

Nonchè

Equitalia Sud s.p.a. – già Equitalia Gerit s.p.a., in persona del

legale rappresentate pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, n. 34/22/2011, depositata in data 3 febbraio

2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 settembre 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 34/22/2011, depositata in data 3 febbraio 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di Vafir s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, avverso la sentenza n. 239/41/08 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società contribuente avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa all’iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54bis, per “omessi versamenti” di Irpef, Irap e Iva per gli anni 2000-2001;

– in punto di fatto dalla sentenza si evince che: 1) avverso la cartella n. (OMISSIS) emessa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54bis, relativamente agli “omessi versamenti” di Irpef, Irap e Iva per gli anni 2000-2001, la contribuente Vafir s.r.l. aveva proposto ricorso alla CTP di Roma eccependo l’omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento, l’omesso avviso di irregolarità, la carenza di motivazione e la tardività della notifica; 2) la CTP di Roma, con sentenza n. 239/41/2008, aveva accolto il ricorso, stante l’omessa sottoscrizione della cartella da parte del responsabile del procedimento; 3) avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello principale; 4) aveva controdedotto la società contribuente articolando appello incidentale circa gli altri motivi proposti in primo grado e rimasti assorbiti in ordine all’illegittimità della cartella per carenza di motivazione e per mancato invio della comunicazione di irregolarità;

-in punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) era fondato il motivo di appello dell’Ufficio circa la affermata nullità della cartella di pagamento mancante della sottoscrizione del responsabile del procedimento, dato che, a seguito dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 377/2007, con il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, erano nulle solo le cartelle affette da tale irregolarità emesse a decorrere dal 1 giugno 2008; 2) non poteva parlarsi di omessa motivazione dell’atto essendosi realizzate le necessarie condizioni che avevano reso legittimo il contraddittorio; 3) essendo emerso dall’esame della cartella impugnata, a seguito dell’asserita assenza dell’avviso di irregolarità e quindi del mancato apporto del contribuente, l’assoluta incertezza dell’ammontare delle somme chieste a pagamento, con ordinanza del 18.6.2010, veniva richiesto all’Ufficio “di esplicitare con esattezza i motivi delle singole iscrizioni anche alla luce delle ricevute di pagamento esibite dal contribuente”, ma avendo l’Ufficio proceduto ad una ricostruzione dell’ammontare della cartella senza l’ausilio di documentazione certa, persisteva la assoluta incertezza circa l’esatto ammontare della cartella tenuto conto delle insufficienti indicazioni riportate nell’atto e del fatto che le diciture “omesso o carente versamento” apposte accanto a tutte le somme a vario titolo iscritte a ruolo non consentivano di fare comprendere a quali versamenti periodici tali omissioni fossero riferibili; 2) il mancato invio della preventiva comunicazione dell’esito dell’attività di liquidazione comportava la nullità della cartella in questione, ai sensi della L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5, dato che, in concreto, non era dato comprendere quale fosse stata la somma effettivamente liquidata; -avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso Restelli Devillers s.r.l. in liquidazione (già Vafir s.r.l.); è rimasta intimata Equitalia Sud s.p.a.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, palesandosi il ricorso autosufficiente in quanto sviluppa una sintesi chiara dell’intera vicenda processuale e mette in luce i profili rilevanti ai fini della formulazione dei motivi di censura, con espressa menzione degli atti processuali su cui si fonda;

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36bis, comma 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, per avere la CTR annullato la cartella di pagamento per omesso invio alla società contribuente della comunicazione di irregolarità – “per una incertezza circa l’esatto ammontare della cartella (…) non essendo dato comprendere quale sia la somma effettivamente liquidata”- ancorchè a seguito del controllo automatizzato non fosse emerso nè un risultato diverso rispetto a quello indicato in dichiarazione ex art. 36bis, comma 3, cit., nè tantomeno alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione ex art. 6, comma 5, cit., essendo stato iscritto a ruolo l’importo dovuto in base alla dichiarazione resa dal contribuente e da questi non versato; in particolare, nella specie, la CTR avrebbe erroneamente dichiarato l’illegittimità della cartella sulla base di una “ravvisata incertezza su fatti successivi attinenti ad un eventuale pagamento parziale del debito tributario”, non contemplata nè dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36bis, comma 3, nè tantomeno dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per contrasto tra dispositivo e motivazione per avere la CTR, nella motivazione della sentenza, accolto il primo motivo di appello concernente la asserita nullità della cartella per omessa sottoscrizione da parte del responsabile del procedimento, disattendendo l’appello incidentale della società e poi, in dispositivo, rigettato l’appello dell’Ufficio annullando la pretesa fiscale; con ciò formulando, in termini assoluti, due statuizioni contrastanti senza la possibilità di una valutazione di prevalenza di una di esse nè tantomeno di una interpretazione alla luce del complesso della sentenza;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 35, comma 3, e degli artt. 112 e 277 c.p.c., per avere la CTR – dopo avere richiesto con ordinanza del 18 giugno 2010 all’Ufficio “di esplicitare con esattezza i motivi delle singole iscrizioni anche alla luce delle ricevute di pagamento esibite dal contribuente” (in ordine all’effettivo pagamento di circa 27 mila Euro a fronte della iscrizione per un debito fiscale di 67mila Euro), permanendo “assoluta incertezza circa l’esatto ammontare della cartella”, annullato per intero la cartella, senza procedere, in ossequio alla struttura del processo tributario di “impugnazione- merito”, ad una rideterminazione del debito fiscale nella misura pari alla differenza tra quanto richiesto dall’Ufficio e quanto asseritamente già pagato dalla società;

– assume carattere logicamente preliminare l’esame del secondo motivo che è infondato;

– va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; v. da ultimo Cass. 22949 del 2018). Come da ultimo precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018);

– nella specie, dalla sentenza impugnata si evince chiaramente che la CTR, dopo avere ritenuto l’erroneità della pronuncia di primo grado quanto all’affermata nullità della cartella per omessa sottoscrizione del responsabile del procedimento (accogliendo il primo motivo di appello dell’Ufficio) ha sostanzialmente accolto soltanto il motivo di appello incidentale della contribuente inerente l’omesso invio di comunicazione di irregolarità, ritenendo affetta da nullità la cartella in questione per tale assorbente motivo- e, pertanto, “rigettando l’appello dell’ufficio”. Risulta, pertanto, chiaro dalla lettura complessiva della sentenza, il thema decidendum e le ragioni della decisione, tenuto conto delle complessive impugnazioni proposte, riducendosi, alla luce di una lettura congiunta della motivazione con il dispositivo della sentenza, l’espressione “va disatteso l’appello incidentale” ad un mero errore materiale;

– quanto al primo motivo va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità nella parte in cui si assume che lo stesso riproporrebbe un accertamento di fatto (dell’incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione) non sindacabile in sede di legittimità; invero, l’Agenzia ha criticato la sussunzione dei fatti come accertati dalla CTR nelle disposizioni di riferimento, in quanto sostiene che la fattispecie concreta è stata giudicata sotto una norma che a essa non si addice; sicchè correttamente ha denunciato la violazione e falsa applicazione delle norme indicate;

– nel merito, il primo motivo è fondato;

– in tale contesto va ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, se non “sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” (v. da ultimo Cass., Sez. 6 – 5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6 – 5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv. 629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009);

-nel primo caso, peraltro – di comunicazione dell’esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, “quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta” – il relativo obbligo imposto all’amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda di partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedimentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione dal maggiore grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nei procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell’elevato grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile dei procedimento, essendo sempre possibile per il contribuente far valere eventuali doglianze in punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo (ex multis, Cass. n. 19893 del 2016);

– con riferimento poi al contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, st. contr. – obbligo bensì sanzionato, a differenza del primo, con la nullità in caso di inadempimento – è utile ribadire che, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità esso non è imposto “in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass., Sez. 5, n. 8342 del 25/05/2012, Rv. 622681; v. anche Sez. 6 – 5, Ord. n. 15584 del 08/07/2014, Rv. 631667; Sez. 5, n. 12023 del 10/06/2015, Rv. 635672; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27716 del 21/11/2017); pertanto, la sanzione d’invalidità dell’atto impositivo si attaglia, in caso di omissione del c.d. avviso bonario, alle sole ipotesi di “rilevante incertezza” sui dati esposti nella dichiarazione (cfr. anche Cass. sez. 5, 22 aprile 2015, n. 8154; Cass. n. 19033 del 2016);

– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, in quanto, a fronte della iscrizione a ruolo relativa ad omesso versamento di importi dichiarati, ha erroneamente annullato la cartella esattoriale in quanto “a seguito del mancato invio della comunicazione di irregolarità e quindi del mancato apporto del contribuente” sarebbe emersa – e non superata dall’Ufficio, cui si era chiesto di “esplicitare i motivi delle singole iscrizioni anche alla luce delle ricevute di pagamento esibite dal contribuente” – una “assoluta incertezza dell’ammontare delle somme chieste in pagamento” non essendo “in concreto dato comprendere quale fosse la somma effettivamente liquidata”; ciò, dunque, in assenza, a seguito del controllo automatizzato, sia di un “risultato diverso rispetto a quello indicato in dichiarazione” quale presupposto per l’invio della c.d. comunicazione di irregolarità ex art. 36bis, comma 3, cit.- la cui omissione non è sanzionata a pena di nullità- che della “incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione”, quale presupposto per l’invio del c.d. avviso bonario ex art. 6, comma 5, dello Statuto previsto a pena di nullità;

– l’accoglimento del primo motivo rende inutile la trattazione del terzo, con assorbimento dello stesso;

– in conclusione, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo, assorbito il terzo; con cassazione- in relazione al motivo accolto – della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto – e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità;

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020

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