Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26661 del 22/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2018, (ud. 05/06/2016, dep. 22/10/2018), n.26661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3351/2013 proposto da:

L.A., C.F. (OMISSIS), L.V. C.F. (OMISSIS),

L.C. C.F. (OMISSIS), in qualità di eredi di L.T. già

titolare dell’impresa individuale C., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CAIO MARIO 14A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARIA ANTONIO ALMA, rappresentati e difesi dall’avvocato PLACIDO

PETINO giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., già SERIT SICILIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1019/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/01/2012 R.G.N. 538/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/06/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 1019/2011, depositata il 6 gennaio 2012, la Corte d’Appello di Catania ha parzialmente rigettato l’appello proposto da L.A., L.C., L.V., in qualità di eredi di L.T. titolare della ditta individuale C., contro la sentenza che aveva respinto la loro opposizione avverso la cartella esattoriale, notificata in data 4 agosto 2005, con la quale l’Inps intimava il pagamento di un debito contributivo derivante da indebita fiscalizzazione usufruita dal de cuius nel periodo dicembre 1989 agosto 1990.

A fondamento della sentenza la Corte, per quanto ora rileva, sosteneva dovesse darsi atto della parziale cessazione della materia del contendere per effetto dello sgravio parziale intervenuto nelle more del giudizio d’appello a seguito del pagamento di Euro 1290,52 in data 29 settembre 2006; ma che per il resto il gravame fosse infondato in quanto, relativamente alla prescrizione dello stesso credito, doveva tenersi conto, anzitutto, della domanda di condono presentata il 30.7.1993 ai sensi della L. n. 166 del 1991, a seguito della quale il de cuius pagò soltanto 23 rate delle 60 previste, l’ultima delle quali in data 31 agosto 1995, sicchè il termine era sicuramente sospeso fino al 30 settembre 95; inoltre, doveva tenersi conto della domanda del 4 settembre 1995 che il de cuius aveva presentato ai sensi della L. n. 341 del 1995, art. 25, commi 2 e 3 (di conversione con modificazioni del D.L. n. 244 del 1995) che aveva differito all’1 dicembre 1995 il termine previsto dal decreto interministeriale del 31/7/1993 ed inoltre aveva concesso ai contribuenti, previa presentazione di apposita istanza, un’ulteriore proroga dei termini di pagamento decorrenti, per quel che qui interessa, dal mese di ottobre 1997; sicchè il termine di prescrizione aveva ricominciato a decorrere a partire dal mese di ottobre 1997, ciò anche ai sensi della L. n. 266 del 1997, art. 11 (come autenticamente interpretato dall’art. 52, comma 24 della legge n. 448/2001) il quale aveva da ultimo disposto nella materia che interessa questo giudizio.

Rilevava inoltre la Corte che il termine di prescrizione era rimasto decennale in quanto la domanda di condono era stata presentata in data 30 luglio 1993, prima del 31 dicembre 1995, e perciò prima dell’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, ai sensi dell’art. 3, comma 10 della Legge citata; pertanto alla data della notifica della cartella (4 agosto 2005) il debito non era prescritto.

Per quanto riguardava l’eccezione di pagamento, sollevata dai ricorrenti ai sensi della L. n. 388 del 2000 e succ. mod. ed integr. e L. n. 289 del 2002, la Corte rilevava che la pretesa dei ricorrenti non avesse fondamento in quanto l’inadempienza iscritta a ruolo nulla aveva a che vedere con i contributi sospesi per effetto del sisma del 13 dicembre del 1990, che attengono invece al periodo dicembre 1990 a dicembre 1992 ed erano oggetto di una disciplina del tutto autonoma e distinta rispetto a quella applicabile al caso di specie.

Ne derivava pure che la somma di Euro 1304 pagata in data 1 luglio 2002 non potesse ritenersi satisfattiva e neppure detrarsi dal debito in questione, essendovi una diversa imputazione del pagamento (ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 52, il quale ha per l’appunto prorogato il termine fissato dalla L. n. 388 del 2000, per il versamento dei contributi sospesi per il sisma del dicembre 1990).

Neppure il pagamento della somma di Euro 1433,61 effettuato in data 5 maggio 2003 aveva estinto l’inadempienza di cui si trattava, nè perciò poteva essere detratta dal dovuto in quanto la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, faceva riferimento solo alle pendenze dal periodo dicembre 1990 al dicembre 1992, peraltro solo fiscali.

Dalla documentazione prodotta dagli opponenti non risultavano pertanto pagamenti riferiti all’inadempienza in questione ulteriori rispetto a quelle contabilizzati dall’istituto ad eccezione di quello di Euro 1290,52 versati in data 29 settembre 2006 e dunque nel corso del giudizio di primo grado, di cui aveva dato atto la difesa dell’Inps e che aveva dato luogo ad uno sgravio parziale.

Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i signori L.A., L.C. e L.V. con cinque motivi, ai quali ha resistito l’Inps con controricorso. Riscossione Sicilia Spa (già Serit Sicilia Spa) è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e 1370 c.c. e del D.L. n. 6 del 1993, art. 4, convertito con L. 17 marzo 1993, n. 63 e falsa applicazione della L. n. 166 del 1991, in relazione alla domanda di regolarizzazione contributiva del 30 luglio 1993, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che il de cuius aveva presentato tale domanda di regolarizzazione contributiva in data 30 luglio 1993 su documento prestampato dall’Inps e nella quale si legge testualmente che con la domanda si chiedeva di fruire delle agevolazioni previste dal D.L. n. 6 del 1993, art. 4, convertito con L. 17 marzo 1993, n. 63 (ovvero per ottenere la regolarizzazione contributiva relativa ad debiti imputabile a violazioni di legge e perciò scaduti ovvero per ottenere il condono). In altri termini la domanda secondo la dicitura inserita dall’Inps nel modulo, era finalizzata alla fruizione delle agevolazioni previste dal D.L. n. 6 del 1993, art. 4; talchè, averla finalizzata ad obiettivi perseguiti da una diversa norma di legge (nella specie la L. n. 166 del 1991, vedi pagina sei della sentenza) implicava una espressa violazione da parte della Corte territoriale delle citate norme di legge.

2. Col secondo motivo il ricorso deduce la falsa applicazione del D.M. 31 luglio 1993, L. n. 341 del 1995, art. 25, commi 2 e 3, nonchè della L. n. 266 del 1997, art. 11, siccome interpretato dalla L. n. 488 del 2001, art. 52, comma 24, in relazione all’ordinanza n. 2057/FCP del 21/12/1990, violazione degli artt. 1322, 1325 1346, nonchè del canone interpretativo statuito dall’art. 1364 c.c., in relazione all’istanza presentata dal signor L.T. il 14 settembre 1995 e violazione dell’art. 2946 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3; infatti, nonostante la Corte d’Appello avesse ammesso che l’inadempienza per cui è causa, nulla avesse a vedere con i contributi sospesi per effetto del sisma del 13 dicembre del 1990 che attengono invece al periodo da dicembre 1990 al 1992, aveva finito per applicare erroneamente la materia disciplinante la sospensione dei termini di adempimento delle obbligazioni maturate successivamente al sisma del 90; mentre nessuna proroga fu mai prevista da norme di legge ed ordinanze ministeriali con riguardo alle procedure di regolarizzazione contributiva consentita dal D.L. n. 6 del 1993, art. 4, convertito con L. 17 marzo 1993, n. 63.

3.- Col terzo motivo viene denunciata l’erronea applicazione della L. n. 335 del 1995, con riguardo al decorso del termine prescrizionale decennale statuito dall’art. 2946 c.c., alla data della notifica della cartella (4 agosto 2005), avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto non essersi verificata la prescrizione decennale tenuto conto che la domanda di condono ha l’effetto di sospendere il termine prescrizionale e non di interromperlo.

4.- Col quarto motivo viene dedotta contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia inerente al momento della ripresa del decorso della prescrizione per debiti contributivi diversi dalla sospensione delle obbligazioni conseguenti al sisma del 90 dopo l’intervenuta sospensione per il periodo corrente dalla domanda di regolarizzazione del 30 luglio 1993 all’ultimo pagamento relativo a tale domanda avvenuto in data 31 agosto 1995, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che prima della domanda di regolarizzazione del 30 luglio 1993 erano già decorsi tre anni e sette mesi (e fino a tre anni) ai fini del computo del termine prescrizionale.

5.- Con il quinto motivo viene dedotta insufficiente contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia relativo ai presunti effetti sospensivi della prescrizione derivanti dalla domanda del 14 settembre 1995, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

6.- I motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente per la connessione che li correla, essendo tutti rivolti ad impugnare l’affermazione della Corte d’Appello di Catania secondo cui nel caso in esame non sarebbe maturata la prescrizione estintiva, pacificamente decennale, del credito azionato dall’Inps con la cartella opposta nel giudizio di cui si discute.

6.1. Gli stessi motivi sono tutti infondati. Anzitutto perchè, contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, va affermato che L.T. titolare della ditta individuale C. ha presentato la propria istanza di condono ai sensi del D.L. 22 novembre 1990, n. 338, ed della L. n. 166 del 1991, art. 3, comma 6, come figura anche dal ricorso introduttivo del giudizio riprodotto nel controricorso dell’Inps, nel quale si sostiene che la domanda di condono fosse sottoposta anche all’ordinanza n. 2057/FPC per il sisma del 16 dicembre 1990 ed ordinanze successive, citate nella sentenza impugnata, che hanno ulteriormente prorogato gli stessi termini.

6.2. Risulta infatti che (pur trattandosi di materia diversa) agli adempimenti contributivi di cui al D.L. 22 novembre 1990, n. 338, art. 3, fosse applicabile anche la sospensione dei termini stabiliti con le ordinanze citate; in forza delle quali i termini di prescrizione non sono decorsi per il periodo dal 21 dicembre 1990 al 30 luglio 1993.

Inoltre, il termine di prescrizione in oggetto venne ulteriormente sospeso dalla data della domanda del 31 luglio 1993 fino al 30 settembre 1995 in conseguenza dell’avvenuto pagamento di 23 rate di condono (l’ultima delle quali risulta in data 31 agosto 1995).

6.3. I giudici d’appello hanno pure esattamente affermato che il decorso del termine prescrizionale fosse stato differito all’ottobre 1997 in virtù di quanto previsto dal D.I. 31 luglio 1993 e dalla L. n. 341 del 1995 e ciò a seguito dell’istanza presentata dal de cuius ai sensi della L. n. 341 del 1995, art. 25. Pertanto correttamente la Corte d’Appello di Catania ha concluso che il termine di prescrizione decennale non fosse maturato alla data della notifica della cartella esattoriale, il 4 agosto del 2005, posto che lo stesso termine non era decorso dal dicembre 1990 all’ottobre 1997.

6.4. Nessuna violazione di legge e nessuna contraddizione logica è perciò rinvenibile nella decisione emessa dai giudici d’appello. I quali, identificata la domanda di condono presentata dal de cuius in relazione ai contributi previdenziali relativi al periodo dal dicembre 1989 all’agosto 1990, hanno poi applicato la normativa di settore in base alla quale la decorrenza della prescrizione relativa agli stessi contributi era stata sospesa.

Giustamente la Corte territoriale ha poi distinto la normativa riguardante l’inadempienza iscritta a ruolo, dalla regolamentazione dei contributi sospesi per effetto del sisma; talchè altrettanto correttamente la Corte non ha tenuto conto dell’eccezione riferita a pagamenti che risultavano imputati a versamenti di contributi sospesi per il sisma del dicembre 90.

6.5. E’ vero quindi che l’inadempienza iscritta a ruolo riguardasse contributi da pagare negli anni 89 e 90 che non potevano confondersi con i contributi sospesi per effetto del sisma del 13 dicembre 1990 (e con i pagamenti imputati a questi contributi). Tuttavia, come afferma la Corte territoriale, alla domanda di condono andavano applicate le ordinanze di sospensione e differimento dei termini a seguito del sisma del 13 dicembre 90, ordinanze che hanno interessato anche la procedura di regolarizzazione in questione, oltre che i contributi e premi dovuti a partire dal dicembre 90 sino al dicembre 92.

6.6. I ricorrenti invece hanno cercato di imputare la domanda di condono formulata ai sensi della L. n. 166 del 1991, ad altra diversa legge, allo scopo di sottrarre la stessa domanda alla disciplina sospensiva dei termini prescrizionali sopra indicata che invece si estendeva anche alla domanda in questione. Ma così facendo hanno pure introdotto nel giudizio una questione nuova che non compare nemmeno nei motivi di appello e di cui la sentenza non parla affatto. Inoltre l’affermazione secondo cui essi avevano presentato la domanda di regolarizzazione contributiva ai sensi del D.L. n. 6 del 1993, art. 4, difetta anche del requisito di autosufficienza in quanto la stessa domanda non figura riprodotta nel ricorso.

7.- Per le esposte ragioni, il ricorso deve essere rigettato ed i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali in favore dell’INPS, secondo soccombenza. Nulla per Riscossione Sicilia Spa la quale non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore dell’Inps liquidate in complessive Euro 4700 di cui Euro 4500 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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