Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2666 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2021, (ud. 26/06/2020, dep. 04/02/2021), n.2666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1819-2015 proposto da:

I.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato QUIRINO MESCIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 219/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 20/10/2014 R.G.N. 53/2013.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato, per intervenuta decadenza,la domanda di I.G. volta ad ottenere l’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1, richiesto con domanda presentata nel gennaio 2009, per i danni riportati a seguito della vaccinazione antipoliomelite, effettuata nel (OMISSIS).

La Corte ha rilevato, con riferimento all’eccezione di decadenza sollevata dal Ministero per inosservanza del termine di 4 anni di cui alla L. n. 362 del 1999, che detto termine decorreva dall’entrata in vigore della legge stessa solo se alla medesima data il soggetto avesse avuto già conoscenza del danno e della sua eziologia,mentre in caso contrario decorreva dal momento in cui risultava aver avuto conoscenza del danno e della sua eziologia.

Ha osservato, poi, che nella specie si trattava di stabilire se effettivamente la conoscenza del danno, anche con riferimento alla sua eziologia, dovesse essere collocata nel (OMISSIS), come sostenuto dalla I., allorchè il dott. D.N., suo medico curante, l’aveva informata circa la possibilità di presentare a domanda di indennizzo dopo aver dato atto, nel certificato prodotto in atti del (OMISSIS), che la I. “è affetta da paralisi dell’arto superiore sx in seguito a vaccinazione antipolio praticatale nel (OMISSIS), come si evince inequivocabilmente dagli accertamenti clinici esibiti dalla paziente”.

La Corte ha quindi affermato che gli accertamenti clinici esibiti dalla I. al medico erano costituiti dai certificati di vaccinazione e dalle cartelle cliniche relative ai ricoveri del (OMISSIS) da cui, in uno con la diagnosi di poliomelite, nell’anamnesi si riferiva della somministrazione delle due dosi di vaccino antipolio nei mesi immediatamente antecedenti al primo ricovero (dicembre (OMISSIS)); che la conoscenza dell’eziologia del danno da parte della I. doveva ritenersi razionalmente connessa al possesso ed alla conoscenza delle cartelle cliniche da cui il medico curante aveva tratto e attestato un giudizio di inequivoca riconducibilità della patologia della sua paziente alla vaccinazione antipolio praticatele nel (OMISSIS); che, del resto, la circostanza che all’epoca del ricovero la I. avesse solo un anno di vita non rilevava,portando altrimenti alla conclusione che la I. non avrebbe mai potuto acquisire consapevolezza dell’eziologia del suo danno e che,infine, difettava alcuna dimostrazione che il richiedente avesse avuto consapevolezza della dipendenza da vaccinazioni antipolio solo in epoca successiva all’entrata in vigore della legge.

2. Avverso la sentenza ricorre la I. con due motivi. Resiste il Ministero della Salute con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 3 e L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, circa il dies a quo del termine decadenziale per la presentazione della domanda di indennizzo; violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. circa la possibilità di ricorso alle presunzioni semplici (art. 360 c.p.c., n. 3).

Premesso che la decorrenza del termine va individuata non dall’insorgenza della malattia, ma dalla piena conoscenza della natura e delle circostanze che vi hanno dato causa, deduce che la circostanza che nell’anamnesi delle cartelle cliniche del (OMISSIS) e (OMISSIS) fosse richiamata la somministrazione del vaccino antipolio nei mesi antecedenti al primo ricovero e che per il dott D.N. fosse chiaro il rapporto causale tra la vaccinazione e la patologia, non costituivano prove della raggiunta consapevolezza del nesso causale da parte della I..

Deduce che la ricorrente era bracciante agricola ed in possesso della licenza media; che non era stato in alcun modo provato che avesse compreso il significato delle notizie riportate nell’anamnesi e fosse in grado di acquisire la consapevolezza del significato tra la vaccinazione e la patologia.

Osserva che la consapevolezza della malattia era desumibile solo da eventi oggettivi ed esterni all’interessato costituenti fatto noto ai sensi dell’art. 2727 e 2729 c.c. dai quali era possibile trarre presunzioni gravi, precise e concordanti circa la consapevolezza della patologia. Nella specie non esisteva un fatto certo ed alcuna altra prova di un’eventuale conoscenza anteriore sussistendo invece la prova documentale che la I. aveva raggiunto la consapevolezza del nesso causale solo nel (OMISSIS), in occasione del colloquio con il Dott. D.N..

3. Con il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 3 e L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, – interpretazione costituzionalmente orientata delle norme – l’imprescrittibilità del diritto all’indennizzo ex art. 210 del 1992 per i danneggiati da vaccinazione.

Secondo la ricorrente un’interpretazione costituzionalmente orientata della decadenza portava a ritenere incostituzionale la norma che fissa il termine di decadenza, dovendo trovare applicazione solo la prescrizione decennale dei ratei e non il diritto alla prestazione.

4. Il ricorso è infondato.

5. Deve, preliminarmente, ribadirsi quanto già affermato da questa Corte secondo cui “Ai soggetti danneggiati da vaccinazione antipoliomielite somministrata nella vigenza della L. n. 695 del 1959, deve essere riconosciuto, in base ad un’interpretazione letterale, sistematica e costituzionalmente orientata, il diritto all’indennizzo alla stregua della L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1, tenuto conto del D.L. n. 73 del 2017, art. 5 quater conv. con modif., in L. n. 119 del 2017, senza il limite temporale fissato dalla L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 3, dal momento che le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo richiedono che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale derivante da un trattamento sanitario, anche solo raccomandato” (cfr Cass. n. 27101/2018, n. 3132/2019). Si è affermato nelle citate pronunce che la proponibilità della domanda, per opporre il diritto all’autorità amministrativa preposta (l’autorità sanitaria), deve ricondursi nell’alveo della norma generale della L. n. 210 e del termine triennale di decadenza ivi previsto decorrente dalla conoscenza del danno e del nesso causale atteso che il danno alla cui conoscenza la legge ricollega il dies a quo non è la malattia in sè per sè, ma è l’evento indennizzato dalla legge completo quindi del fattore causale. Va,altresì, precisato che alla conoscenza effettiva va parificata la ragionevole conoscibilità del danno; dato che la conoscenza si realizza quando il soggetto è in grado, secondo un parametro di ordinaria diligenza, di individuare la causa della patologia cui è affetto e rapportare quindi la propria malattia ad uno degli eventi dannosi previsti dalla L. n. 210 (cfr. Cass. 17.1.2005 n. 753, n 27565/2019).

6. In applicazione di tali principi deve ritenersi non fondata la tesi del Ministero secondo cui nella fattispecie dovrebbe trovare applicazione il termine di decadenza di 4 anni con decorrenza dalla data di entrata in vigore della L. n. 362 del 1999.

Deve, peraltro, essere corretta ex art. 384 c.p.c., u.c. anche la sentenza impugnata la quale ha ritenuto applicabile il termine quadriennale. La Corte territoriale ha, tuttavia, dato rilievo al principio secondo cui il termine stabilito a pena di decadenza per la presentazione della domanda di indennizzo in sede amministrativa decorre dall’entrata in vigore della legge solo se alla medesima data il soggetto abbia avuto conoscenza del danno anche con riferimento alla sua eziologia, mentre in caso contrario decorre dal momento in cui risulti avere avuto conoscenza del danno. Nella specie la Corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova della consapevolezza del danno e della sua eziologia già da epoca precedente l’entrata in vigore della L. 1999 e, dunque, ampiamente tardiva la domanda di indennizzo anche applicando il termine triennale.

7. La Corte ha, infatti, ritenuto di poter affermare la necessaria e, comunque, esigibile consapevolezza del danno, anche in relazione alla sua origine, da parte della I. in data anteriore al (OMISSIS), cioè ben prima della visita con il Dott. D.N. il quale dall’esame della documentazione esibitagli dalla ricorrente, costituita dai certificati di vaccinazione e dalle cartelle cliniche relative ai ricoveri del (OMISSIS), in uno con la diagnosi di poliomelite, aveva ravvisato senza ombra di dubbio la sussistenza del nesso causale.

8. La Corte ha sottolineato, infatti, che, in uno con la diagnosi di poliomelite, nell’anamnesi era riferito della somministrazione delle due dosi di vaccino antipolio nei mesi immediatamente antecedenti al primo ricovero del (OMISSIS) e che dunque l’eziologia era razionalmente connessa proprio al possesso ed alla conoscenza delle cartelle cliniche da cui il medico curante aveva tratto e attestato un giudizio di inequivoca riconducibilità della patologia della paziente alla vaccinazione antipolio.

7. La decisione della Corte, sotto tale profilo, in quanto espressione di un apprezzamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità in quanto esente da vizi logici ed errori di diritto.

Nella specie la Corte ha svolto una valutazione di merito, congruamente motivata non illogica nè contraddittoria, non censurabile in cassazione neppure sotto il profilo della violazione delle norme sulla presunzione il cui richiamo, nella fattispecie, finisce per tradursi in un’inammissibile censura di merito in ordine alla valutazione di mero fatto spettante esclusivamente al giudice di merito.

8. Il dispositivo della sentenza,pertanto, pur a fronte della necessaria correzione di cui sopra, mantiene la sua validità avendo la Corte ritenuto raggiunta la prova della consapevolezza del danno da parte della I. da epoca ben antecedente al 2009, indicato dalla ricorrente, ed addirittura da epoca anteriore al 1999 e, dunque, la domanda di indennizzo del 2009 è ampiamente tardiva.

9. Risulta, altresì, infondato il secondo motivo.

Va, infatti, rilevato che la determinazione del contenuto e delle modalità di realizzazione dell’intervento di natura solidaristica costituito dall’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992 è rimessa alla discrezionalità del legislatore il quale, nel ragionevole bilanciamento dei diversi interessi costituzionalmente rilevanti coinvolti, può subordinare l’attribuzione delle provvidenze alla presentazione della relativa domanda entro un dato termine fissato nella specie in tre anni,decorrente dal momento dell’acquisita conoscenza del danno e della sua eziologia, termine che non appare talmente breve da frustrare la possibilità di esercizio del diritto alla prestazione e vanificare la previsione dell’indennizzo. Alla luce delle esposte considerazioni, si deve ritenere che la disposizione impugnata non ecceda l’ambito delle scelte spettanti al legislatore in materia di diritti sociali.

10. Il ricorso va dunque rigettato con compensazione delle spese di causa considerata l’intervenuta correzione della sentenza.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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