Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26655 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26655 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 24847-2011 proposto da:
VIGILANZA MONDIALPOL TORINO S.P.A. P.I. 00943430017,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA CHIARAMONTE

GULFI 13, presso lo studio dell’avvocato GE CARLO,
rappresentata e difesa dall’avvocato DATTILO CARLO,
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

2779

contro

q

DI FEBBRARI ANTONIO;
– intimato –

Data pubblicazione: 28/11/2013

avverso la sentenza n. 407/2011 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 13/04/2011 R.G.N. 1539/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

R. Gen. N. 24847/2011
Udienza 2/10/2013
Vigilanza Mondialpol Torino S.p.A.
c/ De Febbrari Antonio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello, giudice del lavoro, di Torino, confermava la decisione del
Tribunale di Torino che aveva accolto la domanda proposta da Antonio De Febbrari

licenziamento intimato al ricorrente in data 15/4/2009 con condanna della società alla
reintegra del lavoratore nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno. Condivideva
la Corte territoriale l’impostazione del Tribunale secondo cui il De Febbrari aveva
ritualmente introdotto nel giudizio di primo grado la questione del disinteresse della
società a risolvere il rapporto manifestata attraverso il decorso di un lungo periodo di
tempo tra la contestazione disciplinare ed il licenziamento ed in ogni caso riteneva
che si trattasse di questione rilevabile d’ufficio. Quanto al merito valutava che la
certezza dello svolgimento dei fatti e della loro riferibilità al De Febbrari
(rappresentante sindacale della FISACAT-CISL cui era stato contestato
l’intenzionale impedimento, per più di un’ora, del passaggio dei furgoni, attraverso
una forma di protesta solitaria consistita nello sdraiarsi per terra nella sede di
scorrimento del cancello carraio, il tutto con modalità “a sorpresa” idonee a creare
una situazione di pericolo o di danno) fosse stata acquisita dalla Vigilanza
Mondialpol S.p.A. sin nell’immediatezza; sottolineava, però, che la società non
avesse manifestato tempestivamente la volontà di irrogare la massima sanzione
espulsiva considerato che, nell’arco di tempo strettamente necessario per il
compimento e completamento delle indagini (con l’acquisizione da parte della
FISACAT-CISL di informazioni in ordine alla insussistenza di deleghe in favore del
De Febbrari a dichiarare scioperi ovvero ad assumere qualsivoglia iniziativa
conflittuale per conto di tale organizzazione sindacale) e per la valutazione del loro

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nei confronti della Vigilanza Mondialpol Torino S.p.A. e dichiarato l’illegittimità del

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Udienza 2/10/2013
Vigilanza Mondialpol Torino S.p.A.
c/ De Febbrari Antonio

risultato, non era stata adottata alcuna determinazione da cui desumere che vi fosse
stata una tale lesività degli obblighi nascenti dal contratto di lavoro da non consentire
la prosecuzione del rapporto.

ricorso affidato a quattro articolati motivi.
E’ rimasto solo intimato Antonio De Febbrari.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia. “Violazione o falsa applicazione
delle norme di cui alla legge n. 300/1970 ed all’art. 2119 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod.
proc. civ.)”. Si duole della non corretta interpretazione da parte della Corte
territoriale dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori laddove la stessa ha ritenuto tardiva
la sanzione espulsiva. Lamenta il fatto che i giudici di appello, pur richiamando un
precedente di questa Corte (e cioè la sentenza n. 7410 del 26 marzo 2010) che aveva
riconosciuto l’illegittimità di un licenziamento irrogato a distanza di anni, ha in modo
irragionevole applicato lo stesso principio all’ipotesi in questione in cui dal
completamento dell’istruttoria (e cioè dall’acquisizione in data 27 marzo 2009 delle
informazioni dell’organizzazione sindacale che avevano risolto ogni dubbio dal
punto di vista soggettivo, chiarendo che nessuna delega sindacale era stata conferita
al De Febbrari) all’irrogazione della sanzione erano trascorsi solo 18 giorni (non 19
come ritenuto in sentenza). Conseguentemente si duole del fatto che, ritenuta
assorbente la questione della tempestività dell’irrogato provvedimento, non sia stata
valutata dalla Corte di merito la proporzionalità della sanzione rispetto ai fatti
contestati.

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Per la cassazione di tale sentenza la Vigilanza Mondialpol Torino S.p.A. propone

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Vigilanza Mondialpol Torino S.p.A.
c/ De Fetsbrari Antonio

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa il fatto relativo alla tardività dell’irrogazione del
licenziamento (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.)”. Pone le stesse questioni di cui al capo

ritenuta eccessività dello spatium deliberandi, come se fosse un postulato
matematico non suscettibile di adattamento al caso concreto.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: “Violazione o falsa applicazione
delle norme di cui all’art. 414 cod. proc. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)”. Si duole
del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente il difetto di immediatezza
nell’applicazione della sanzione sebbene tale intempestività non fosse mai stata
eccepita dal De Ferrari.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa il fatto relativo alla tardività dell’irrogazione del
licenziamento (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.)”. Si duole del fatto che la Corte
territoriale non abbia tenuto conto di quanto emerso in sede di libero interrogatorio
del De Febbrari in ordine allo svolgimento di altra attività lavorativa.
5. Ragioni di ordine logico impongono l’esame prioritario del terzo motivo di
ricorso.
Tale motivo non è fondato.
Si osserva innanzitutto che questa Corte ha già affermato che: “Il requisito della
immediatezza della reazione è elemento costitutivo del recesso per giusta causa di
cui all’art. 2119 cod. civ. e come tale deve essere verificato d’ufficio dal giudice;
costituisce invece un’eccezione in senso stretto, soggetta alle preclusioni di cui agli
artt. 414, 416, 437 cod. proc. civ., rispetto all’esercizio del potere datoriale di

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che precede sotto il profilo del vizio motivazionale. Si duole, in particolare, della

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c/ De Febbrari Antonio

recedere per giusta causa, la deduzione da parte del lavoratore del difetto di
immediatezza della contestazione dell’addebito disciplinare quale vizio
procedimentale lesivo del diritto di difesa garantito dall’art. 7 legge n. 300 del 1970.

manifesti con chiarezza la volontà di denunciare il suddetto vizio procedimentale” così Cass. 12 novembre 2003, n. 17058; id. 6 settembre 2006, n. 19159; 27 gennaio
2009, n. 1890 -. Dunque, con riguardo al requisito della immediatezza della reazione
del datore al comportamento del dipendente, si è tenuta distinta l’ipotesi che la stessa
venga configurata quale elemento costitutivo del recesso per giusta causa insito nel
concetto stesso enunciato dall’art. 2119 cod. civ. (la cui sussistenza deve essere
verificata d’ufficio dal giudice) dall’ipotesi che il difetto di immediatezza sia
configurato quale vizio procedimentale lesivo del diritto di difesa garantito dalla
legge n. 300 del 1970, art. 7 (costituente eccezione in senso stretto con le preclusioni
di cui agli artt. 414, 416, 437 cod. proc. civ.).
Orbene, nel caso in questione, la Corte territoriale ha condiviso le considerazioni
del giudice di primo grado secondo il quale, come si evince dalla stessa sentenza
impugnata, la carenza del requisito dell’immediatezza della reazione era stata
ricondotta alla prima delle due situazioni sopra considerate (elemento costitutivo
della fattispecie del licenziamento prevista dall’art. 2119 cod. civ.) con la
conseguenza che la relativa mancanza ben poteva essere rilevata d’ufficio.
La ricorrente, pur richiamando nella premessa di cui al motivo sub 1 la
violazione dell’art. 7 della legge n. 300/70 (in uno con quella di cui all’art. 2119 cod.
civ.), non censura la suddetta impostazione limitandosi a contrapporre ad essa una
pretesa rilevabilità solo su eccezione di parte e cioè un effetto ricollegabile ad una

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Occorre quindi che la parte, pur senza necessità di ricorrere a formule rituali,

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situazione diversa (configurabilità quale vizio procedimentale) che, nella specie, è
stata esclusa.
6. Il primo e secondo motivo, da trattarsi congiuntamente in ragione della

Si osserva che il problema dello spatium deliberandi è stato esattamente
ricondotto dalla sentenza impugnata al tempo decorso dalla contestazione alla
comunicazione del licenziamento. Con riguardo al suddetto periodo, la Corte
territoriale ha considerato solo in parte giustificata l’attesa datoriale prima
dell’irrogazione della massima sanzione espulsiva. Ha, infatti, ritenuto che la
certezza dello svolgimento dei fatti e la riferibilità degli stessi al De Febbrari fosse
stata acquisita dalla società sin nell’immediato, cosi come emerso dalla stessa lettera
di contestazione. Ha, peraltro, valutato come corretta la verifica finalizzata a chiarire
se il comportamento del lavoratore rientrasse o meno nell’ambito del mandato
sindacale. Ha, quindi, ritenuto che, ottenuta in data 27 marzo 2009 l’informazione
richiesta alla FISACAT-CISL, il quadro fattuale, come già ab initio chiaramente
delineato, potesse considerarsi definitivamente fissato in tutti gli aspetti (anche,
dunque, con riguardo, alla connotazione dell’addebito sotto il profilo soggettivo). La
Corte torinese ha così ritenuto che, non essendo stato adottato dal datore di lavoro,
nelle more del completamento dell’istruttoria, alcun provvedimento cautelare, il
procrastinare senza alcuna ragione fino al 15 aprile 2009 l’adozione del
licenziamento integrasse un tempo eccessivo, tale da ingenerare nel lavoratore il
ragionevole affidamento sulla rinuncia datoriale, per fatti concludenti, alla facoltà di
recesso.

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intrinseca connessione, sono infondati.

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La suddetta argomentazione non merita le censure del ricorrente sol che si
consideri che la tempestività del licenziamento non può risolversi in un dato
cronologico fisso e predeterminato, ma costituisce valutazione di congruità che il

circostanze significative (Cass. 8 marzo 2011, n. 7037; id. 25 novembre 2010, n.
23920).
Così, nella valutazione della Corte territoriale, ha assunto valenza significativa
non tanto il fatto, in sé considerato, che tra la ricezione della risposta della FISICATCISL e l’adozione della sanzione espulsiva fossero trascorsi 19 (o 18) giorni ma che
si fosse trattato di un tempo che non era non giustificato da alcuna necessità di
ulteriori indagini e che andava a determinare in capo al lavoratore, mai sospeso
cautelativamente per i fatti – asseritamente gravi – verificatisi il 25 febbraio 2009, il
ragionevole affidamento sul permanere della fiducia datoriale e sulla rinuncia alla

potestas puniendi.
Ed allora non coglie nel segno il rilievo della ricorrente incentrato sulla ritenuta
brevità del tempo nello specifico decorso rispetto alle ipotesi prese in esame da
questa stessa Corte – in cui è stata ravvisata la tardività dell’irrogazione della
sanzione quando il tempo trascorso tra la contestazione e la sanzione era stato
superiore a diversi mesi (così Cass. 26 marzo 2010, n. 7409; Cass. 17 dicembre 2008,
n. 29480; Cass. 9 maggio 2007, n. 10547) – laddove i giudici di appello, in modo del
tutto congruo e rispettoso dei principi sopra richiamati, hanno rapportato il dato
cronologico all’intero contesto delle circostanze ritenute significative.
7. Anche il quarto motivo non merita accoglimento.

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giudice di merito deve fare caso per caso, con riferimento all’intero contesto delle

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c/ De Febbrari Antonio

Il rilievo della ricorrente non intercetta la motivazione atteso che la Corte
territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, ha preso in esame le
dichiarazioni rese dal De Febbrari in sede di libero interrogatorio, ma le ha ritenute

Del resto, le dichiarazioni rese in sede d’interrogatorio libero o non formale, che
è istituto finalizzato solo a chiarire i termini della controversia in relazione alle
circostanze di fatto ritualmente introdotte nel giudizio dalle parti, non possono avere
valore di confessione giudiziale ai sensi dell’art. 229 cod. proc. civ. né comunque
costituire mezzo di prova, ma possono solo fornire al giudice elementi sussidiari di
convincimento utilizzabili ai fini del riscontro e della valutazione delle prove già
acquisite; ne consegue che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la
scelta relativa alla concreta utilizzazione di tale strumento processuale, non
suscettibile di sindacato in sede di legittimità, e che la mancata considerazione delle
sue risultanze, da parte del giudice, non integra il vizio di omesso esame di un punto
decisivo della controversia (cfr. in tal senso Cass. n. 17239 del 22 luglio 2010; id. n.
1895 del 27 gennaio 2009; n. 12500 del 26 agosto 2003).
8. Il ricorso va, pertanto, respinto.
9. Infine nulla va disposto in ordine alle spese processuali essendo il De Ferrari
rimasto solo intimato.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2013
esidentA

insufficienti ai fini della prova dell’aliunde perceptum.

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