Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26654 del 24/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere ha pronunciato la seguente: –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8537/2015 proposto da:

Q.R.M., nata a (OMISSIS) (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)),

residente in (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, alla

Piazza Buenos Aires n. 14, presso lo studio dell’Avv. Graziani

Alessandro (CF.: (OMISSIS)), dal quale è rappresentata e difesa

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4868/38/2014 emessa dalla CTR Lazio in data

23/07/2014 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea

Penta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Q.R.M. impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione n. (OMISSIS), notificatole in data 1/10/2011, emesso dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Viterbo per imposta di registro, ipotecaria e catastale, a seguito dell’atto di compravendita registrato a Viterbo il 25.11.2009 avente ad oggetto un terreno in Viterbo di mq. 1127, ricadente parte in zona (OMISSIS) e parte nella viabilità, al prezzo complessivo di Euro 117.500,00 e valutato dall’Agenzia in Euro 346.000,00 (pari a Euro 180 al mq) considerando una volumetria edificabile di mc. 1882, sulla base di una stima svolta dall’Agenzia del Territorio allegata all’avviso impugnato e con il metodo sintetico comparativo per la ricerca dei prezzi di mercato di beni immobili aventi caratteristiche similari a quello oggetto di stima in particolare tre valutazioni comparative, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51.

Con sentenza n. 9.2.13 pubblicata il 14 gennaio 2013, la Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo la valutazione da Euro 180 al mq ad Euro 140 al mq (determinando il valore dell’area in Euro 270.705,00), attesa la evidente diseguaglianza delle aree prese in comparazione, e confermando, invece, la cubatura realizzabile sul terreno in mc. 1882.

Avverso tale sentenza la contribuente proponeva appello con atto notificato in data 11 giugno 2013, ribadendo che non vi era possibilità di edificazione oltre i mc. 1152, come evidenziato dalla relazione di parte prodotta in sede di ricorso. Sosteneva la non realizzabilità della possibilità di cedere a terzi la superficie, in quanto non prevista dalla normativa vigente. Chiedeva la modifica del valore dell’area edificabile in Euro 161.280,00.

La Direzione Provinciale di Viterbo appellata contestava, con le proprie controdeduzioni, le argomentazioni dell’appellante, ritenendo che i mc. realizzabili sul terreno fossero 1882, come da permesso edilizio (OMISSIS) e da successiva variante (OMISSIS), ed evidenziando che il vincolo di non edificabilità oltre il secondo piano del fabbricato antistante non si rinveniva nell’atto di acquisto nè nel certificato di destinazione urbanistica redatto il 2.10.09 dal Comune di Viterbo.

Proponeva appello incidentale, ritenendo congruo il valore di Euro 180/mc in considerazione della comparazione effettuata con terreni aventi comunque caratteristiche simili al terreno di cui trattavasi.

Con sentenza del 23.7.2014 la CTR Lazio rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) premesso che nel processo tributario hanno ampio spazio le prove atipiche, come le perizie di parte che il giudice può elevare a fondamento della decisione, a condizione però che spieghi le ragioni per cui le ritenga corrette e convincenti, nella fattispecie gli elementi forniti dalla contribuente erano sufficienti a dare la prova della sussistenza in concreto dei presupposti per inficiare i parametri utilizzati dall’Ufficio nella determinazione del valore dell’immobile in Euro 180/mq;

2) appariva, quindi, corretta la decisione dei primi giudici che avevano aderito alla proposta della ricorrente di Euro 140/mq;

3) la sentenza impugnata meritava di essere confermata anche relativamente alla volumetria complessiva prevista per la realizzazione di un fabbricato in mc. 1882, in quanto in data 27.3.2010 era stato rilasciato il permesso per costruire un fabbricato ad uso residenziale di volumetria complessiva di mc. 1882, come risultava dall’autorizzazione n. (OMISSIS) e successiva variante (OMISSIS);

4) infine, nessun vincolo o servitù risultava riportata nell’atto di vendita tale da limitare la cubatura realizzabile.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Q.R.M., sulla base di quattro motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 2699 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e la nullità del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR ritenuto che la volumetria complessiva, sulla cui base andavano calcolate le imposte di registro, ipotecaria e catastale, fosse pari a mc. 1882 alla luce di un permesso a costruire e di una successiva variante di cui non vi era riscontro negli atti di causa.

1.1. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, con il motivo in esame, la ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate – allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo. Infatti, è appena il caso di rilevare come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, rubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o delle circostanze ritenute rilevanti. Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato. Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

1.2. In secondo luogo, non essendovi cenno della specifica questione nella sentenza impugnata (dalla quale si evince che la doglianza formulata in appello era fondata sulla possibilità di edificazione nei limiti di mc. 1152 alla luce di un vincolo di inedificabilità oltre il secondo piano del fabbricato antistante), la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale l’avesse tempestivamente sollevata.

1.3. Da ultimo, ferma restando l’inconferenza del richiamo operato all’art. 2699 c.c. (atteso che in nessuna parte della sentenza si afferma che alla relazione di stima dell’Agenzia del Territorio debba riconoscersi valenza fidefacente), non è dato comprendere quale sia l’error che determinerebbe la nullità del procedimento, non potendosi lo stesso senz’altro identificare nell’eventuale omessa produzione di un documento.

In proposito, premesso che, in violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente ha altresì omesso di trascrivere l’avviso di rettifica impugnato, è dalla stessa ricostruzione dei fatti dalla medesima operata che si evince che del permesso di costruire e della relativa variante è fatta menzione nella relazione di stima dell’Agenzia del Territorio, il cui contenuto, a sua volta, è recepito nell’avviso di rettifica (cfr. pagg. 6-7 del ricorso), senza operarsi alcun riferimento all’avvenuta loro produzione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR fondato la decisione su un ragionamento presuntivo, a suo dire, errato, in quanto il permesso a costruire viene rilasciato con salvezza dei diritti dei terzi, nel caso di specie rappresentati dalla servitù volontaria altius non tollendi concordata con il proprietario del fondo confinante.

2.1. Il motivo è inammissibile.

In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorchè ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020).

Del resto, a ben vedere, la CTR non ha posto alla base della propria decisione un ragionamento presuntivo, desumendo cioè da un fatto noto un altro ignoto, ma ha semplicemente evidenziato che in data 27.3.2010, e quindi poco dopo la registrazione dell’atto di compravendita oggetto dell’avviso di rettifica (avvenuta il 25.11.2009), era stato rilasciato il permesso per costruire un fabbricato ad uso residenziale di volumetria complessiva di mc. 1882.

2.1.1. In ogni caso, la ricorrente avrebbe dovuto, nel rispetto del principio di specificità, trascrivere almeno l’atto di compravendita del 25.11.2009, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare la fondatezza della propria asserzione, viepiù se si considera che la CTR ha rilevato l’assenza nel detto atto della menzione di un vincolo o di una servitù delimitante la cubatura realizzabile.

Senza tralasciare che, anche a voler prestare fede all’assunto difensivo (cfr. pag. 11 del ricorso) secondo cui la servitù altius non tollendi sarebbe stata volontariamente pattuita con atto del 7.11.1977, va ricordato che, ai fini della opponibilità di una servitù ai terzi, successivi acquirenti del fondo servente, deve essere considerata soltanto la conoscibilità legale, desumibile dal contenuto della nota di trascrizione del contratto che della servitù integra il titolo, dovendo dalla stessa risultare l’indicazione del fondo dominante e di quello servente, la volontà delle parti di costituire una servitù, nonchè l’oggetto e la portata del diritto; nè tale conoscibilità può essere sostituita od integrata da una conoscenza effettiva o soggettiva, desumibile aliunde (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 17026 del 25/06/2019).

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la CTR omesso di considerare che vigevano previsioni di piano regolatore generali ostative rispetto alla “cessione di cubatura”.

Il motivo è inammissibile.

Invero, non essendovene menzione nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse sollevato tempestivamente la questione.

La contribuente ha altresì omesso di trascrivere, in osservanza del principio di specificità, l’atto di appello, onde consentire di scrutinare se la relativa doglianza fosse stata formulata avverso la sentenza di primo grado.

4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1073 c.c., comma 2, e art. 2644 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR affermato che nessun vincolo o servitù erano riportati nell’atto di vendita tali da limitare la cubatura realizzabile, nonostante la servitù risultasse dall’atto Ba. del 7.11.1977 regolarmente trascritto e, come tale, fosse opponibile anche ai subacquirenti dell’originario costituente senza necessità di enunciazione negli atti traslativi posteriori derivati.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Nel ribadire che, ai fini della opponibilità di una servitù ai terzi, successivi acquirenti del fondo servente, deve essere considerata soltanto la conoscibilità legale, desumibile dal contenuto della nota di trascrizione del contratto che della servitù integra il titolo, dovendo dalla stessa risultare l’indicazione del fondo dominante e di quello servente, la volontà delle parti di costituire una servitù, nonchè l’oggetto e la portata del diritto, la ricorrente avrebbe dovuto trascrivere la detta nota, tenendo altresì presente che, in sede di redazione della relativa nota, è necessario menzionare non soltanto il trasferimento del diritto di proprietà, ma anche la costituzione di quello di servitù, poichè, in assenza di tale ultima indicazione, il titolo costitutivo del diritto reale limitato, non potendo legittimamente dirsi trascritto, non sarà opponibile ai successivi acquirenti del fondo servente (Sez. 2, Sentenza n. 8448 del 25/08/1998). Ciò non esclude, ovviamente, che, affinchè il negozio costitutivo di servitù, stipulato contestualmente ad un contratto di compravendita, possa considerarsi validamente trascritto, non occorre che la trascrizione di esso venga effettuata mediante presentazione di una specifica e separata nota, distinta da quella relativa alla vendita, essendo sufficiente che nell’unica nota di trascrizione sia stata fatta menzione della costituzione della servitù e che le indicazioni ivi riportate consentano di individuare, senza possibilità di equivoci o di incertezze, gli estremi essenziali della convenzione con riferimento ai beni ai quali la servitù si riferisce (Sez. 2, Sentenza n. 16853 del 24/06/2019).

4.2. Inconferente, invece, risulta il richiamo operato alla presunta violazione dell’art. 1073 c.c., atteso che nessuna rilevanza ha, nell’ambito della presente controversia, l’estinzione per prescrizione della servitù per non uso ventennale.

5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non avendo l’Agenzia delle Entrate volto difese, nessuna pronuncia deve essere adottata in ordine alle spese del presente grado di giudizio. Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020

 

 

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