Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26654 del 22/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 22/10/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 22/10/2018), n.26654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9644/2013 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO

MARITATO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.N., (OMISSIS), EQUITALIA CENTRO S.P.A. (già EQUITALIA

SARDEGNA S.P.A.);

– intimati –

nonchè da:

M.N., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FILIPPO TURATI 86, presso lo studio dell’avvocato MARCO NESOTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIERFRANCESCO CUBEDDU, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A. (già EQUITALIA SARDEGNA S.P.A.);

– intimata –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO

MARITATO, giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso

incidentale;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 15/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI depositata il 21/01/2013 r.g.n.

191/2012.

Fatto

RILEVATO

che

il Tribunale di Sassari accolse l’opposizione a quattro cartelle esattoriali proposta da M.N., in qualità di socia unica ed amministratrice di società di capitale esercente attività commerciale, relative alla richiesta di pagamento di contributi da parte dell’Inps per la gestione commercianti dal 2001 al 2009;

impugnata tale decisione dall’Inps, la Corte d’appello di Cagliari (sentenza del 21.1.2013) rigettò il gravame dopo aver rilevato che l’Inps, sul quale incombeva il relativo onere, non aveva dimostrato l’apporto personale della M. nell’attività commerciale riferibile alla società Argo s.r.l., esercente la rivendita di generi di monopolio e tabacchi, che avrebbe potuto giustificare la sua iscrizione nella gestione commercianti ai fini contributivi;

per la cassazione della sentenza ricorre in via principale l’Inps con un solo motivo, cui resiste con controricorso la M., la quale propone, a sua volta, sia ricorso incidentale affidato a due motivi, relativamente all’entità delle spese di lite liquidatele ed alla lamentata omessa pronunzia sulla richiesta di condanna della controparte ex art. 96 c.p.c., sia ricorso incidentale condizionato all’eventuale accoglimento di quello principale; rimane, invece, intimata la società Equitalia Centro s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. l’oggetto dell’unico motivo del ricorso principale dell’Inps è rappresentato dalla denunzia della violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1,L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2462,2468,2475,2476 e 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);

1.a. il ricorrente principale contesta le affermazioni della Corte territoriale secondo la quale la M., pur essendo socio unico, non svolgeva attività di gestione dell’impresa, mentre l’Inps, su cui gravava il relativo onere, non aveva provato la partecipazione della medesima opponente all’attività aziendale; in particolare, l’Inps rileva che l’attività di gestione della società non poteva essere compiuta da altri soci, che di fatto non vi erano, e che neanche era stato dimostrato che altri soggetti, quali ad esempio un institore o un dipendente, avessero svolto l’attività in luogo della medesima M.;

1.b. il motivo è infondato in quanto non supera la ratio decidendi dell’impugnata sentenza che è basata sulla constatazione della mancata dimostrazione da parte dell’Inps, che vi era onerato, dei presupposti di fatto della pretesa contributiva in relazione al periodo oggetto di causa; invero, come rilevato in punto di fatto dalla Corte d’appello, con motivazione adeguata che sfugge ai rilievi di legittimità, l’Inps non aveva minimamente assolto l’onere di provare l’apporto personale della M. nell’attività commerciale della società da lei amministrata, apporto, questo, che avrebbe potuto giustificare l’iscrizione della medesima alla gestione commercianti, ai fini della relativa imposizione contributiva; inoltre, nell’impugnata sentenza è posto ben in evidenza che si era rivelato insufficiente il tentativo dell’Inps di far discendere la prova dell’espletamento dell’attività commerciale della M. dalla produzione del reddito, consistente negli aggi dei prodotti di monopolio, non essendo stato dimostrato se un tale reddito fosse stato o meno percepito attraverso l’espletamento dell’attività personale della medesima in considerazione del fatto specifico che la documentazione prodotta da quest’ultima era relativa alla cessione da tempo dell’indicata attività;

1.c. nè può essere condiviso il tentativo dell’Inps di far discendere la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione della M. alla gestione commercianti da un elemento meramente presuntivo, quale il fatto che quest’ultima era socio unico di società di capitali a responsabilità limitata, in mancanza di elementi positivi di riscontro circa lo svolgimento personale effettivo da parte sua di attività commerciale, o dalla mancata dimostrazione da parte dell’opponente dello svolgimento di attività diversa non riconducibile a quella commerciale, atteso che in tal modo l’Inps finisce sostanzialmente per invertire l’onere della prova posto a suo carico, che è proprio quello di dimostrare la sussistenza dei presupposti legittimanti la sua pretesa contributiva oggetto di causa;

1.d. in ogni caso, è utile ricordare che la L. 27 novembre 1960, n. 1397, prevede l’obbligo dell’iscrizione per gli esercenti di piccole imprese commerciali per i quali ricorrano le seguenti condizioni: “a) siano titolari o conduttori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado e semprechè l’imponibile annuo di ricchezza mobile relativo alla attività della impresa commerciale non superi i tre milioni di lire; b) abbiano la piena responsabilità della azienda ed assumano tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione; c) partecipino personalmente e materialmente al lavoro aziendale con carattere di continuità; d) siano muniti, limitatamente per gli esercenti di piccole imprese commerciali, della licenza prevista per l’esercizio della loro attività dalle seguenti disposizioni di legge…” Con la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1,comma 203, il legislatore è nuovamente intervenuto a disciplinare la materia e, sostanzialmente, ha esteso l’obbligo dell’iscrizione anche ai soci delle società a responsabilità limitata, per i quali è stata esclusa la necessità del requisito di cui alla lettera b), ossia la diretta assunzione degli oneri ed i rischi relativi alla gestione della attività; non si può, perciò, sostenere che il requisito di cui alla lettera c) debba necessariamente discendere dalla qualità di amministratore unico, poichè, rispetto alle previsioni della L. n. 1397 del 1960, così come successivamente integrata e modificata, vanno tenuti distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione, e della gestione della attività commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla compagine sociale o ad altri soci che non siano anche amministratori della società;

1.e. in altri termini, quanto ai requisiti che devono ricorrere per l’iscrizione alla gestione commercianti, è ancora attuale quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3240 del 12.2.2010 nella quale è stato evidenziato che “detta assicurazione è posta a protezione, fin dalla sua iniziale introduzione, non già dell’elemento imprenditoriale del lavoratore autonomo, sia esso commerciante, coltivatore diretto o artigiano, ma per il fatto che tutti costoro sono accomunati ai lavoratori dipendenti dall’espletamento di attività lavorativa abituale, nel suo momento esecutivo, connotandosi detto impegno personale come elemento prevalente (rispetto agli altri fattori produttivi) all’interno dell’impresa”;

2. così rigettato il ricorso principale dell’Inps, rimane conseguentemente assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato di M.N., mentre vanno affrontate le questioni poste col ricorso incidentale;

3. col primo motivo di ricorso incidentale M. lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, art. 4, commi 2 e 3, art. 5, comma 1 e art. 11, comma 1, nonchè della Tabella “A” – Avvocati, allegata al medesimo e, conseguentemente, dell’art. 91 c.p.c., comma 1, nonchè dell’art. 4 del D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, rubricato come “attività giudiziale civile, amministrativa e tributaria”; in pratica, la ricorrente si duole del fatto che la liquidazione in suo favore delle spese di lite è stata eseguita dalla Corte d’appello in violazione delle predette norme, con conseguente determinazione delle stesse in Euro 1300,00, cioè in misura sicuramente inferiore a quanto le sarebbe spettato in base all’applicazione dei criteri di cui alle citate disposizioni;

3.a. il motivo è fondato: invero, la ricorrente ha ragione nell’evidenziare che, contrariamente a quanto affermato dalla controparte in merito all’asserita indeterminatezza del valore della causa, quest’ultimo era facilmente determinabile, dal momento che bastava effettuare la somma degli importi richiesti nelle cartelle esattoriali di pagamento, nonchè dei correlati interessi al tasso nelle stesse previsto, pervenendosi, in tal modo, all’individuazione dello scaglione di riferimento, cioè quello relativo ad un valore della causa compreso tra gli importi di Euro 25.000 ed Euro 50.000, la cui applicazione avrebbe comportato una liquidazione delle spese di lite in misura decisamente maggiore di quella di Euro 1300,00 fissata dalla Corte d’appello; d’altra parte, nemmeno dalla sentenza impugnata emergono elementi tali da poter far ritenere che i giudici d’appello si siano attenuti a criteri di liquidazione delle spese rispettosi dei suddetti parametri normativi;

4. il secondo motivo del ricorso incidentale, incentrato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sulla doglianza di omesso esame e di omessa pronunzia sulla domanda di condanna dell’istituto appellante al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., è invece infondato, non ravvisandosi, nella fattispecie, i presupposti del denunziato vizio: invero, non solo la ricorrente incidentale non spiega – in spregio al principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità – in quali precisi termini ebbe a proporre siffatta censura, ma quest’ultima è da ritenere, alla luce della complessiva motivazione dell’impugnata sentenza, come implicitamente rigettata. Infatti, non emerge dalla disamina dei motivi d’appello dell’Inps, vagliati dalla Corte di merito, che gli stessi furono prospettati in mala fede o con colpa grave in guisa tale da ravvisare un’ipotesi di responsabilità aggravata di cui all’art. 96 c.p.c.;

4.a. si è, infatti, affermato (Cass. Sez. 3, n. 19131 del 23/9/2004) che “non è configurabile il vizio di omessa pronuncia (art. 112, c.p.c.) quando una domanda non espressamente esaminata debba ritenersi rigettata – sia pure con pronuncia implicita – in quanto indissolubilmente avvinta ad altra domanda che ne costituisce il presupposto e il necessario antecedente logico – giuridico, che sia stata decisa e rigettata dal giudice”; nello stesso senso si è precisato (Cass. Sez. 2, n. 10001 del 24/6/2003) che “qualora ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie non è configurabile il vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., che si riscontra soltanto allorchè manchi una decisione in ordine a una domanda o a un assunto che renda necessaria una statuizione di accoglimento o di rigetto”;

5. in definitiva, va accolto solo il primo motivo del ricorso incidentale, mentre vanno rigettati il ricorso principale dell’Inps ed il secondo motivo del ricorso incidentale della M.; resta, invece, assorbito il ricorso incidentale condizionato; conseguentemente la sentenza impugnata va cassata solo in relazione al motivo accolto e la causa va rimessa alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione che, nel liquidare anche le spese del presente giudizio di legittimità, provvederà a rideterminare le spese del giudizio d’appello sulla scorta dello scaglione tariffario di riferimento compreso tra gli importi di Euro 25.000,00 e 50.000,00;

ricorrono, infine, i presupposti per la condanna del ricorrente principale al pagamento del contributo unificato, come da dispositivo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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