Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26649 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26649 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

DASCOLA Maddalena (DSC MDL 87D44 H224Z) e DASCOLA Vincenza
(DSC VCN 91H67 H224Y), nella qualità di eredi di Dascola
Bruno, rappresentate e difese, per procura speciale a
margine del ricorso, dagli Avvocati Domenico Polimeni e
Attilio Cotroneo, presso lo studio dei quali in Roma, via
n

Ludovisi n. 36, è elettivamente domiciliata;
– ricorrente


contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

in persona del Ministro pro tempore,

pro

rappresentato

e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui

220\’ 3

Data pubblicazione: 28/11/2013

uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Domenico Polimeni;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Luigi Salvato, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso per quanto di ragione.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 21

dicembre 2011 presso la Corte d’appello di Catanzaro,
Dascola Maddalena e Dascola Vincenza, nella qualità di
eredi di Dascola Bruno, chiedevano la condanna del
Ministero della giustizia al pagamento del danno non
patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un
giudizio iniziato dal loro dante causa dinnanzi al
Tribunale di Reggio Calabria il 28 febbraio 2001 e
conclusosi in appello con sentenza depositata il 26 giugno
2010;
che l’adita Corte d’appello, con decreto depositato il
8 giugno 2012, accertava una durata irragionevole di circa
tre anni e tre mesi e liquidava in favore delle ricorrenti

depositato in data 8 giugno 2012.(

un indennizzo complessivo, da dividersi secondo le quote
ereditarie, di euro 2.500,00, in base al criterio di 750,00
euro per i primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per
ciascuno degli anni successivi;

al pagamento di metà delle spese processuali, liquidate per
l’intero in euro 50,00 per spese, euro 220,00 per diritti
ed euro 350,00 per onorario, oltre accessori di legge e
spese generali, dichiarando compensata la restante metà in
considerazione del ridimensionamento della pretesa e del
comportamento del Ministero;
che per la cassazione di questo decreto Dascola
Maddalena e Dascola Vincenza,
Dascola

Bruno,

hanno

nella qualità di

proposto

ricorso

eredi

affidato

a

di
tre

motivi, illustrati da memoria;
che

l’intimato

controricorso,

ma ha

Ministero
depositato

non

ha

atto

di

resistito
costituzione

con
ai

fini della partecipazione alla discussione.
Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce
violazione dei minimi tariffari, sostenendo che per una
causa di valore di euro 1.500,00, gli onorari non avrebbero

che la Corte d’appello condannava altresì il Ministero

potuto essere inferiori a euro 500,00 e i diritti a euro
654,00;
che con il secondo motivo di ricorso si deduce la
violazione degli articoli 91, comma 1 e 92, comma secondo,

compensazione per metà delle spese processuali, violando il
principio della soccombenza e l’art. 92, nella versione

ratione

temporis

applicabile alla controversia, che

consentiva la compensazione delle spese solo in presenza di
giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione
degli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001 e dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, rilevando che la compensazione delle spese
renderebbe meno effettiva la tutela apprestata alla parte
che agisce in equa riparazione;
che il primo motivo è fondato, atteso che, per quanto
attiene alla determinazione delle spese legali, questa
Corte, allorquando decide nel merito ai sensi dell’art. 384
cod. pro. civ. le controversie di cui alla legge n. 89 del
2001, è solita liquidare, con riferimento a controversie il
cui valore sia compreso, in relazione al decisum,

tra euro

1.600,00 ed euro 2.600,00 – come nella specie – un importo
di euro 806,00, di cui euro 50,00 per esborsi, euro 445,00
per diritti ed euro 311,00 per onorari;

4

cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello disposto la

che, dunque, la Corte d’appello di Catanzaro,
liquidando la somma di euro 220,00 per diritti e di euro
350,00 per onorari, ha complessivamente violato i minimi
tariffari sulla base dei quali è stato elaborato il

che il secondo e il terzo motivo, che per ragioni di
connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono
infondati;
che invero la Corte d’appello ha disposto la
compensazione delle spese facendo riferimento sia al
comportamento del Ministero, sia alla notevole riduzione
della somma riconosciuta rispetto a quella dovuta;
che se è vero che nei giudizi di equa riparazione il
riferimento alla condotta del Ministero appare irrilevante
ai fini della compensazione, non altrettanto può dirsi con
riguardo al ridimensionamento della pretesa, che ben può
integrare i gravi motivi idonei a giustificare la
compensazione solo parziale delle spese di lite;
che in ordine a tale motivazione della disposta
compensazione parziale il ricorso è privo di specifiche
censure;
che, dunque, accolto il primo motivo di ricorso e
rigettati gli altri, il decreto impugnato deve essere
cassato in relazione alle censure accolte;

conteggio delle somme dovute;

che tuttavia,

non essendo necessari ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, determinandosi le spese del giudizio di merito
nella indicata misura;

condannato al pagamento, in favore della ricorrente, delle
spese del giudizio di merito, liquidate in euro 806,00, di
cui euro 50,00 per esborsi, euro 445,00 per diritti ed euro
311,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge, ferma la disposta distrazione in favore
dei difensori dei ricorrenti;
che quanto alle spese del giudizio di legittimità, le
stesse, come liquidate in dispositivo, possono essere
compensate per metà, atteso il limitato accoglimento del
ricorso, e poste per la restante metà a carico del
Ministero della giustizia;
che anche delle spese del giudizio di legittimità deve
essere disposta la distrazione in favore dei difensori
antistatari.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta
il secondo e il terzo; cassa il decreto impugnato in
relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della giustizia al pagamento, in
favore della ricorrente, delle spese del giudizio di

che quindi il Ministero della giustizia deve essere

merito, liquidate in di euro 806,00, di cui euro 50,00 per
esborsi, euro 445,00 per diritti ed euro 311,00 per
onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di
legge; nonché di metà delle spese del giudizio di

506,25 per compensi, oltre ad euro 100,00 per esborsi e
agli accessori di legge, dichiarando compensata la restante
metà. Dispone la distrazione delle spese in favore dei
difensori della ricorrente, Avvocati Domenico Polimeni e
Attilio Cotroneo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione Civile della Corte suprema di cassazione,
il 5 novembre 2013.

legittimità, che liquida, per l’intero, in complessivi euro

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