Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26647 del 24/11/2020
Cassazione civile sez. trib., 24/11/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26647
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI M. Marcello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14096-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
e contro
S.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 370/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 27/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSITA D’ANGIOLELLA.
Fatto
RILEVATO
che:
Con avviso di accertamento per l’anno 2004, l’Agenzia delle entrate accertava, in capo a S.C., maggiori imposte ai fini Ires, Irap ed Iva, relative a maggiori redditi d’impresa rispetto a quelli dichiarati; l’accertamento traeva origine da una verifica fiscale che aveva rilevato operazioni finanziarie non giustificate per gli anni compresi tra il 2004 ed il 2009.
S.C. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, deducendo l’illegittimità formale dell’avviso perchè emanato prima dello scadere del termine di 60 giorni dalla notifica del p.v.c..
La Commissione provinciale, con sentenza n. 661 del 03/11/2011, accoglieva il ricorso.
L’Amministrazione finanziaria impugnava la predetta sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania che, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello confermando integralmente la prima decisione.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza affidandosi ad un unico motivo di ricorso.
S.C. è rimasto intimato.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo ed unico motivo di ricorso, la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, commi 4 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, là dove la Commissione tributaria regionale ha ritenuto l’invalidità dell’avviso di accertamento emesso ante tempus senza esplicitare le ragioni dell’urgenza.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, – termine che, secondo interpretazione unanime, decorre dal rilascio al contribuente, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza del requisito dell’urgenza (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (cfr., Sez. U, Sentenza, n. 18184 del 29/07/2013, Rv. 627474; Sez. 5, Sentenza, n. 11944 del 13/07/2012, Rv. 62338101 che in fattispecie nella quale l’esigenza di provvedere senza ritardo emergeva dall’adozione dell’atto in prossimità del decorso del termine di decadenza di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, ha affermato che l’esonero dall’osservanza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, previsto dalla citata L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opera in presenza del requisito dell’urgenza dell’emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il fatto determinativo dell’urgenza, poichè, a norma della citata L. n. 212 del 2000, art. 7, l’obbligo di motivazione si riferisce esclusivamente alle ragioni della pretesa tributaria, ma non anche ai tempi di emanazione dei provvedimenti impositivi o alle regole procedimentali).
Nè la sentenza di questa Corte richiamata dalla ricorrente (Sez. 5, Sentenza, n. 11944 del 13/07/2012, Rv. 623381 – 01), si discosta da questi principi, affermando anch’essa che l’atto emesso ante tempus è invalido, salvo i casi di particolare e motivata urgenza, che deve riguardare elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicchè non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa.
Alla luce di tali consolidati principi, le censure che svolge la ricorrente non colgono nel segno, considerato che la Commissione tributaria regionale, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, ha rettamente interpretato la norma in parola ritenendo, pur nel contrasto giurisprudenziale sussistente all’epoca della decisione, che la mancanza di ragioni d’urgenza non consentiva l’esonero dall’osservanza del termine di sessanta giorni, previsto dalla citata L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.
In conclusione, il ricorso va integralmente rigettato.
Nulla si provvede per le spese di lite in quanto la parte vittoriosa non ha svolto attività difensiva.
Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, trattandosi di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020