Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26647 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 22/12/2016, (ud. 27/09/2016, dep.22/12/2016),  n. 26647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5661/2014 proposto da:

F.M., D.L.M., B.M., FU.EM.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7,

presso lo STUDIO LEGALE ASSOCIATO TONUCCI & PARTNERS,

rappresentati e difesi dall’avvocato ALBERTO FANTINI, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

S.D., FI.VI., FA.AN., D.A.C.,

M.V., COMUNE DI FONTECHIARI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 21/2013 della CORTE DEI CONTI – TERZA SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 11/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Alberto FANTINI;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO

Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1) A seguito di formale denuncia presentata nel 2006 dai segretario comunale del comune di Fontechiari, la procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti ha azionato pretesa per il risarcimento del danno erariale cagionato al Comune dagli amministratori odierni ricorrenti e da altro assessore.

La sezione giurisdizionale per il Lazio con sentenza 1 febbraio 2010 ha ritenuto sussistenti le violazioni contestate.

La sezione Terza d’appello della Corte dei Conti con la sentenza n. 21 dell’11 gennaio 2013 ha respinto gli appelli.

Gli amministratori sono stati condannati al pagamento di somme variabili tra dieci e tredicimila Euro.

Quattro degli amministratori hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 25 febbraio 2014 e illustrato da memoria.

La Procura Generale presso la Corte dei Conti ha resistito con controricorso in cui ha chiesto il rigetto del ricorso e la applicazione della normativa in tema di raddoppio del contributo unificato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) I ricorrenti denunciano violazione dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei Conti.

Secondo i ricorrenti il danno loro rimproverato consisterebbe in un disavanzo formatosi negli anni 2003 e 2004 e ripianato negli anni successivi, al punto da essere insussistente già al momento della denuncia.

Sostengono che la destinazione di risorse all’una o all’altra attività non è sindacabile da parte della Corte dei Conti e che non è contestabile una scelta presa da amministratori, che nulla sapevano della situazione di disavanzo.

Il ricorso svolge, tra le altre, considerazioni in ordine alla mancanza di un’indagine sul nesso di causalità tra la condotta degli amministratori e l’evento “danno”; alla illegittimità di una condanna per violazione di un generale obbligo di vigilanza e coordinamento sugli uffici tecnici; alla mancanza di prova dell’elemento psicologico, sicchè sarebbe mancata la colpa grave, trattandosi di caso in cui l’errore è stato determinato dalla complessità della materia e da indicazioni fuorvianti e contrastanti.

2.1) Il ricorso, ancorchè abilmente argomentato, è privo di fondamento.

Il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulle decisioni della Corte dei Conti in sede giurisdizionale è circoscritto al controllo dei limiti esterni di detto giudice, ed in concreto all’accertamento di vizi che attengano all’essenza della funzione giurisdizionale e non al modo del suo esercizio, talchè rientrano nei limiti interni della giurisdizione, estranei al sindacato consentito, eventuali errori in iudicando o in procedendo del tipo di quelli evidenziati.

E’ vero, come ha rilevato Corte Cost. 371/98 che per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità amministrativa deve essere ragione di stimolo, e non di disincentivo.

Questo principio governa però le scelte del legislatore sulla configurabilità della responsabilità contabile e amministrativa addebitabile al pubblico dipendente e al pubblico amministratore.

Il giudice della materia deve porsi rispettosamente nell’alveo fissato dal legislatore, ma, una volta che le sue decisioni abbiano posto chiaramente il problema e abbiano ravvisato la sussistenza degli estremi normativamente richiesti, l’apprezzamento di merito reso in sentenza non può essere sindacato, se non in casi limite, dal giudice della giurisdizione.

2.2) Nella specie, come ha rilevato il controricorso, ai ricorrenti sono stati rimproverati comportamenti illegittimi, quali il mancato tempestivo ripiano dei disavanzi di amministrazione, “scorrette registrazioni di impegni, emissione di mandati di pagamento privi di essenziali riferimenti ai competenti capitoli di spesa, errata emissione di ordinativi di incasso”. Il controricorso indica gli atti dai quali le violazioni sono state desunte.

Su questo punto la memoria non ha significativamente controdedotto.

Per contro se ne trova riscontro nella sentenza di appello, che ha ricordato come già il giudice di primo grado abbia negato che sia stato imputato solo un disavanzo e abbia avuto ben presente la differenza tra disavanzo e danno.

La Corte ha rilevato in premessa che ai convenuti sono stati rimproverati “errori non meramente formali” nella gestione contabile del bilancio e la creazione di dannosi disservizi e disutilità e ha riassunto già a pag. 5 i primi aspetti delle contestazioni.

Dopo un’analisi specifica delle censure e dei principi generali in tema di danno, la Corte dei Conti d’appello ha valutato che la Sezione si è “ben posta nei canoni della struttura della responsabilità amministrativa che esige un danno patrimoniale”.

E’ stata quindi confermata l’analisi specifica condotta dalla Sezione, che, si legge nella sentenza di primo grado, confermata e quindi recepita in appello, consistono in una disorganizzata e illegittima tenuta “delle carte contabili (dimostrata per tabulas dai documenti depositati in atti) che hanno consentito spese correnti in dispregio di ogni divieto”.

Ed ancora secondo i giudici della Corte vi è stata per l’anno 2003 e il primo semestre 2004 una “confusa e irresponsabile gestione del denaro pubblico”, con sua “finalizzazione impropria” e illegittimità addebitabile a “mancata copertura di cassa e ignota imputazione delle competenze”.

Hanno considerato quindi che costituisca danno da disservizio l’insieme dei costi e dispendio di risorse effusi per ricostruire la funzionalità del sistema e quindi che sussista una condotta dannosa non riconducibile a un mero disavanzo, nè cancellata dal ripianamento effettuato dalla Amministrazione subentrante.

E’ stata respinta la tesi secondo cui l’avvenuto ripianamento dei debiti avvenuto successivamente escluderebbe il danno.

Il giudice di appello (pag. 11) ha ritenuto che la sezione ha ben considerato che vi è responsabilità solo se vi è danno patrimoniale.

Le osservazioni svolte in ordine ai caratteri di questo tipo di danno, al meccanismo dei limiti di spesa come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, alla circostanza che l’eventuale utilitas derivante da spese incontrollate può venire in considerazione solo per evidenziare un danno minore – come nel caso di specie è stato valutato applicando condanne basse – sono osservazioni che non snaturano il senso della condanna (tesi del ricorso), ma la rafforzano.

Esse muovono dal presupposto fattuale accertato dai giudice di primo grado, inequivocabile nel rimproverare, tra l’altro, che la stessa mancanza di “corretta annotazione” sui documenti di spesa e sulle carte di bilancio ha costituto costoso e dannoso intralcio, rendendo impossibile non solo la programmazione, ma persino il controllo ex post della gestione del danaro pubblico.

In forza di queste constatazioni va escluso che sia configurabile una violazione dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei Conti. Le doglianze sollevate restano confinate nelle censure sulla congruità e sufficienza della motivazione. Esse non sono sindacabili da parte della Corte di cassazione per espresso limite costituzionale.

Al rigetto del ricorso non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, giacchè l’intimata Procura della Corte dei conti ha natura di parte solo in senso formale.

Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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