Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26647 del 18/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 18/10/2019), n.26647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16098-2018 proposto da:

F.G., F.C., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA SAN NICOLA DEI CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO MACARIO, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati VINCENZO OPERAMOLLA, ONOFRIO TROIANO;

– ricorrenti –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

ALLIANZ SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo

studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

dagli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1973/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSETTI

MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il riassunto dei fatti di causa sarà limitato alle sulle circostanze ancora rilevanti in questa sede.

2. Il 25.6.2000, sulla strada provinciale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), si verificò un sinistro stradale che coinvolse tre veicoli:

-) il veicolo Ford Escort (OMISSIS) condotto da D.M.P.;

-) un veicolo Fiat Punto di colore bianco, non altrimenti identificato;

-) il veicolo Ford Escort 1300 condotto da S.G., assicurato contro i rischi della responsabilità civile dalla società Unipol s.p.a..

In conseguenza del sinistro D.M.P. perse la vita.

3. Nel 2001 i congiunti della vittima (e cioè il marito F.G.; la figlia F.C.; i genitori D.F. e Di.Ra.; le sorelle D.L. e D.P.) convennero dinanzi al Tribunale di Trani, sezione di Ruvo di Puglia, S.G., la Unipol s.p.a., e la società RAS s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Allianz s.p.a., e come tale d’ora innanzi sarà sempre indicata), quest’ultima nella veste di impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, chiedendone la condanna in solido, o per quanto di ragione, al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza del sinistro sopra ricordato.

Nel giudizio intervenne volontariamente l’Inail, allegando di aver costituito, in adempimento dei propri obblighi di legge, una rendita in favore dei marito e della figlia della vittima, ed esercitando l’azione di surrogazione nei confronti delle due imprese assicuratrici convenute (per quanto detto, la Unipol e la Allianz) per il recupero dei suddetti importi.

4. Il Tribunale di Trani con sentenza 29 giugno 2012 rigettò la domanda attorea, ritenendo che il sinistro fosse ascrivibile a colpa esclusiva della vittima, D.M.P..

5. La Corte d’appello di Bari, adita dai soccombenti, così provvide:

-) attribuì a D.M.P. una corresponsabilità del 70%, ed il

restante 30%, al veicolo rimasto ignoto;

-) monetizzò il danno non patrimoniale patito dai congiunti di D.M.P. in conformità alle suddette percentuali;

-) rigettò la domanda proposta dal marito e dalla figlia della vittima, sul presupposto che il pregiudizio non patrimoniale da essi sofferto fosse stato compensato dalla rendita ricevuta dall’Inail, di importo eccedente l’ammontare del danno;

-) condannò l’impresa designata (Allianz) a rifondere all’Inail il 30% (non della rendita pagata dall’Istituto, ma) del danno non patrimoniale patito dagli attori, così come liquidato nella medesima sentenza d’appello.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata in via principale da F.G. e F.C., con ricorso fondato su un unico motivo ed illustrato da memoria; ed in via incidentale dall’Inail, con ricorso fondato su un unico motivo articolato in più censure.

Hanno resistito la Allianz e la Unipol con controricorso; la prima ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico del ricorso principale.

1.1. Con l’unico motivo del ricorso principale i ricorrenti lamentano che illegittimamente la Corte d’appello abbia operato la compensatio lucri cum damno tra la rendita ad essi corrisposta dall’Inail in conseguenza della morte della rispettiva moglie e madre, ed il risarcimento del danno non patrimoniale ad essi spettante.

1.2. Il ricorso è fondato.

Nel caso di uccisione di un lavoratore, l’Inail corrisponde ai congiunti che posseggano i requisiti di legge una rendita (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 66, n. 4, e art. 85).

Tale rendita è parametrata al reddito del de cuius, non può superare il 100% della retribuzione del defunto, quale che sia il numero degli aventi diritto; cessa se il coniuge superstite contrae nuove nozze; cessa quando il figlio che ne fosse beneficiario raggiunga il ventunesimo anno di età, ovvero il ventiseiesimo se studente universitario (D.P.R. cit., art. 85).

Tali caratteristiche palesano che la rendita di cui si discorre ha lo scopo solidaristico di sollevare i congiunti del defunto dallo stato di bisogno in cui la legge presume “juris et de jure) che essi verrebbero a trovarsi in conseguenza della perdita del contributo economico che il lavoratore deceduto apportava alla propria famiglia.

La rendita, quindi, ha lo scopo di indennizzare un pregiudizio patrimoniale, e non certo un danno non patrimoniale.

Ne consegue che le somme erogate dall’Inail per il suddetto titolo non possono essere defalcate dal credito risarcitorio spettante ai congiunti del lavoratore deceduto a titolo di ristoro del danno non patrimoniale patito – sotto qualsiasi forma – in conseguenza dell’infortunio.

La c.d. compensatio lucri cum damno (la quale non costituisce un istituto a sè, ma una regola empirica di corretta aestimatio del danno), infatti, non opera quando il vantaggio conseguito dalla vittima dopo il fatto illecito sia destinato a ristorare pregiudizi ulteriori e diversi da quello di cui ha chiesto il risarcimento, così come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U -, Sentenza n. 12566 del 22/05/2018, Rv. 648649 – 01).

1.3. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata su questo punto, con rinvio alla corte d’appello di Bari, in diversa composizione, la quale tornerà ad esaminare l’appello proposto da F.G. e F.C. applicando il seguente principio di diritto:

nel caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore, il valore capitale della rendita costituita dall’INAIL ln favore dei congiunti, ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 85, non può essere defalcata dal risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai medesimi soggetti.

2. Il ricorso incidentale.

2.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Inail lamenta che la propria domanda sia stata accolta solo nel limite di Euro 91.200 (pari al cumulo del danno morale liquidato al marito ed alla figlia della vittima), nonostante avesse costituito in favore dei superstiti rendite del valore capitale complessivo di circa 500.000 Euro.

Deduce che la decisione in tal senso adottata dalla Corte d’appello è totalmente immotivata; che la rendita da esso Istituto pagata ai congiunti della vittima indennizzava un pregiudizio patrimoniale, e che di conseguenza l’Inail aveva diritto di surrogarsi nel credito risarcitorio vantato dal danneggiato a titolo di ristoro del danno patrimoniale; che nel caso di specie nel primo grado di giudizio era stato accertato, tramite consulenza d’ufficio, che F.G. e F.C. avevano patito, in conseguenza della morte di D.M.P., un complessivo danno patrimoniale da lucro cessante di Euro 508.395,65, e che pertanto su tale somma l’Inail aveva diritto di surrogarsi, al netto del concorso di colpa della vittima.

2.2. Il motivo e fondato.

Nel giudizio di merito l’Inail ha formulato una domanda di surrogazione.

La surrogazione per pagamento è una successione a titolo particolare del solvens (il surrogante) nel credito vantato dall’accipiens (il surrogato) nei confronti del terzo debitore (ex multis, Sez. U, Sentenza n. 8620 del 29/04/2015, Rv.635402 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5594 del 20/03/2015, Rv. 634691 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1336 del 20/01/2009, Rv. 606338 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 17/05/2007, Rv. 596712 – 01).

Essa realizza una vicenda circolatoria del credito, in virtù della quale quest’ultimo si trasferisce dal surrogato al surrogante, restando però immutato con tutte le sue caratteristiche: il suo contenuto, i suoi accessori, le eccezioni opponibili.

Il trasferimento del credito, ovviamente, non può che avvenire nei limiti del solutum: presupposto della surrogazione è infatti il pagamento, non la promessa di pagamento, e ciò fa sì che il surrogante si surroga nel credito che ha indennizzato, e non in altri crediti eventualmente e contestualmente vantati dal danneggiato nei confronti del terzo responsabile; e nella misura in cui ha pagato, e solo entro questa misura egli acquista il credito di cui fu già titolare il danneggiato.

Se il danneggiato ha sofferto un danno patrimoniale ed uno non patrimoniale, e l’assicuratore sociale indennizza il primo, il credito che per effetto della surrogazione muterà soggetto attivo sarà solo quello avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale, e non l’altro. Analogamente, se il danneggiato ha sofferto un danno pari a “100”, e riceva dall’assicuratore sociale “80”, solo entro questa minor somma il credito risarcitorio potrà trasferirsi in capo all’assicuratore sociale (ex Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1834 del 25/01/2018, Rv. 647613 – 01). Da ciò consegue che il contenuto della pretesa surrogatoria dell’assicuratore sociale (sia quando venga invocata ai sensi dell’art. 1916 c.c.; sia quando venga invocata ai sensi del cod. ass., art. 142; sia quando venga invocata ai sensi dell’art. 1203 c.c.) incontra sempre due limiti oggettivi:

a) l’assicuratore sociale non può pretendere dal terzo responsabile più di quanto egli abbia pagato al beneficiario, giacchè per l’eccedenza rispetto a tale limite, alcun credito è stato a lui trasferito (Sez. 3, Sentenza n. 4347 del 23/02/2009, Rv. 607061 – 01);

b) l’assicuratore sociale non può pretendere dal terzo responsabile un importo maggiore del danno che quest’ultimo ha effettivamente causato alla vittima, stimato secondo le regole del diritto civile. Perchè una surrogazione possa avvenire, è infatti necessario che il surrogato sia creditore del terzo; ma se il terzo alcun danno ha causato al surrogato, ovvero gliene ha causato uno di entità inferiore all’importo versato dall’assicuratore sociale, per questa parte il credito risarcitorio non esiste e, non esistendo, non può nemmeno essere acquisito dall’assicuratore sociale a titolo di surrogazione (Sez. 3, Sentenza n. 25182 del 03/12/2007, Rv. 600806 – 01).

2.3. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali pacifici principi.

La Corte d’appello, infatti, dopo avere accertato che F.G. e F.C. avevano patito un danno non patrimoniale stimato in Euro 45.600 per ciascuno di essi (al netto della quota di concorso attribuita alla vittima, pari al 70%), ha accolto la domanda di surrogazione dell’Inail che aveva indennizzato un pregiudizio patrimoniale, per quanto detto, nel limite di Euro 91.200 complessivi.

Questa statuizione contiene tre errori di diritto.

Il primo errore è consistito nel privare i danneggiati del credito avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale: credito che, come già detto, non si era trasferito all’Inail, perchè l’Inail costituendo la rendita D.P.R. n. 1124 del 1965 ex artt. 66-85 in favore degli odierni ricorrenti indennizzò un pregiudizio patrimoniale, e non un pregiudizio non patrimoniale; con l’ulteriore conseguenza che il credito risarcitorio avente ad oggetto il ristoro del danno non patrimoniale non si è mai trasferito in capo all’Inail.

Il secondo errore è consistito nell’accogliere la domanda di surrogazione senza previamente stabilire se F.G. e F.C., in conseguenza della morte della rispettiva moglie e madre, avessero patito un danno patrimoniale da lucro cessante.

Il terzo errore è consistito nel circoscrivere la surrogazione non già entro il limite del danno patrimoniale civilistico patito dai congiunti della vittima primaria (che la Corte d’appello, come detto, non ha nemmeno accertato), ma entro il limite dell’ammontare del danno non patrimoniale, che nulla aveva a che vedere con lo scopo ed il contenuto della rendita erogata dall’Inail.

Il giudice del rinvio, pertanto, applicando i principi sin qui esposti, provvederà:

(a) a stabilire se l’illecito ha provocato un danno patrimoniale da lucro cessante a F.G. e F.C.;

(b) a stabilire quale ne fosse l’ammontare, tenuto conto del concorso di colpa della vittima.

Determinato l’importo sub (b), entro tale limite provvederà ad accogliere la domanda di surrogazione

2.4. I rilievi che precedono non sono superati dalle considerazioni svolte dalla società Allianz nella propria memoria.

2.5. La Allianz deduce, in primo luogo, che il criterio seguito dalla Corte d’appello di Bari avrebbe “anticipato” la regola dettata dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1126, il quale modificando il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11, comma 1, ha stabilito che “l’istituto assicuratore deve pagare le indennità anche nei casi previsti dal precedente articolo, salvo il diritto di regresso per le somme a qualsiasi titolo pagate a titolo d’indennità e per le spese accessorie nei limiti del complessivo danno risarcibile contro le persone civilmente responsabili. La persona civilmente responsabile deve, altresì, versare all’istituto assicuratore una somma corrispondente al valore capitale dell’ulteriore rendita a qualsiasi titolo dovuta, calcolato in base alle tabelle di cui all’art. 39 nonchè ad ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo”.

Tale norma, osserva la società controricorrente, consentirebbe all’Inali di aggredire con l’azione di surrogazione non solo le somme dovute al danneggiato a titolo di ristoro di danni che abbiano formato oggetto di copertura assicurativa da parte dell’Inail, ma anche qualsiasi ulteriore credito vantato dal danneggiato nei confronti del terzo responsabile.

2.5.1. Tale eccezione non è fondata, per tre indipendenti ragioni.

La prima ragione è che la L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1126, è stato abrogato, con efficacia retroattiva, dal D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 3 sexies.

Vero è che tale norma è stata inserita solo dalla legge di conversione (L. 28 giugno 2019, n. 58), entrata in vigore dopo la camera di consiglio in cui è stato deciso il presente ricorso; nondimeno, essendo tale norma sopravvenuta prima del deposito del presente provvedimento, di essa comunque questa Corte deve tenere conto, in virtù del principio jura novit curia, e considerato che la deliberazione in camera di consiglio è atto privo di rilevanza giuridica esterna, mentre è solo la pubblicazione che attribuisce giuridica esistenza alla sentenza civile, salvo ovviamente il caso in cui vi è obbligo di lettura del dispositivo in udienza (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 14357 del 21/12/1999, Rv. 532409 – 01).

2.5.2. La seconda ragione è che in ogni caso la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, non s’applica agli infortuni, ed alle azioni di surrogazione scaturite dagli infortuni avvenuti prima della sua entrata in vigore, come già stabilito da questa Corte, con giurisprudenza della quale la stessa controricorrente Allianz del resto si mostra consapevole (Sez. L -, Sentenza n. 8580 del 27/03/2019, Rv. 653211 – 01).

2.5.3. La terza e decisiva ragione è che anche se la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, non fosse stato abrogato, e persino se fosse retroattivo, tale norma non gioverebbe affatto alla posizione dell’Allianz, la cui eccezione pertanto non è sorretta da giuridico interesse, ex art. 100 c.p.c..

Che la surrogazione dell’assicuratore sociale possa avvenire solo sui crediti della vittima aventi ad oggetto il risarcimento di danni coperti dall’ente gestore dell’assicurazione sociale (come stabilito dalla Corte costituzionale e da questa Corte); oppure che, all’opposto, la suddetta surrogazione abbia per effetto di consentire all’assicuratore sociale di surrogarsi anche nei crediti risarcitori per pregiudizi estranei all’assicurazione sociale (come stabilito dalla legge finanziaria del 2018, successivamente abrogata), è questione che ha per effetto di nuocere o giovare al danneggiato, non al responsabile.

Solo il danneggiato, infatti, per effetto della surrogazione “integrale” dell’assicuratore sociale su tutti i suoi crediti risarcitori perde la possibilità di cumulare l’indennizzo ed il risarcimento (nella parte in cui ristora pregiudizi non indennizzati).

Rispetto all’obbligo risarcitorio gravante sul terzo danneggiante, invece, resterebbe sempre fermo il limite del danno effettivamente causato alla vittima, secondo quanto già detto in precedenza: con la conseguenza che, quali che siano i limiti in cui il legislatore consenta la surrogazione dell’Inail, il debito del terzo resta invariato. L’unica differenza consisterebbe in ciò solo: che nel caso di surrogazione integrale, unico debitore del responsabile diviene l’assicuratore sociale; nel caso contrario, il medesimo debito andrà pagato dal responsabile in parte all’Inail e in parte al danneggiato, secondo la misura della surrogazione.

2.6. Nella propria memoria la Allianz, al fine di contrastare il ricorso incidentale dell’Inail, assume altresì che vanamente quest’ultimo ha invocato la violazione del cod. ass., artt. 142 e 283, norme non ancora vigenti all’epoca in cui avvenne il sinistro oggetto di causa (2000).

Anche questa allegazione non ha pregio.

E’ noto che, in virtù del principio jura novit curia, nonchè di quello sovranazionale del giusto processo, il ricorso per cassazione col quale si prospetti una violazione di legge va interpretato e qualificato in base al suo effettivo contenuto, quando questo sia limpido ed inequivoco, e non in base alla sua intitolazione, e tanto meno in base ad eventuali errori, in cui il ricorrente possa essere incorso, nella corretta individuazione delle norme che si assumono violate (così Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013, Rv. 627268 – 01, con riferimento all’erronea indicazione del tipo di vizio censurato in sede di legittimità; così pure Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21184 del 13/09/2017, Rv. 645485 01, con riferimento all’erronea indicazione della norma sulla competenza che si assume violata; ed infine Sez. 3, Sentenza n. 19132 del 29/09/2005, Rv. 586707 – 01, con riferimento all’ipotesi di erronea indicazione delle norme sostanziali da parte del ricorrente).

Nel caso di specie, al di là dei richiami formali al cod. ass., artt. 142 e 283, la censura mossa dall’Inail alla sentenza impugnata è di tenore cristallino: avendo pagato ai superstiti una rendita prevista dalla legge a ristoro del danno patrimoniale, la surrogazione dell’assicuratore sociale sarebbe dovuta avvenire nel limite del danno patrimoniale civilistico causato dal terzo responsabile (così il ricorso incidentale, p. 6, primo capoverso, ove è correttamente richiamato il precedente di questa Corte rappresentato da Sez. 3, Sentenza n. 25733 del 05/12/2014, Rv. 633738 – 01).

Una doglianza, quindi, per quanto detto fondata, in virtù di principi da tempo consolidati, e ben anteriori all’introduzione del cod. ass., artt. 142 e 283, i quali non hanno fatto altro che dare veste normativa ad una regula iuris già esistente nell’ordinamento, ed introdotta da un ben noto gruppo di sentenze della Corte costituzionale (Corte Cost., 06-06-1989, n. 319; Corte Cost., 18-07-1991, n. 356; Corte Cost., 27-12-1991, n. 485; Corte Cost., 17-02-1994, n. 37), secondo cui l’assicuratore sociale può surrogarsi, nei confronti delle persone civilmente responsabili dell’infortunio occorso al lavoratore, solo sui crediti vantati dal lavoratore a titolo di risarcimento dei danni oggetto di copertura assicurativa da parte dell’assicuratore sociale.

3. Le spese.

Nei rapporti tra i ricorrenti principali, l’Inail e la Allianz s.p.a., le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

Nei rapporti tra la UnipolSai e le altre parti le spese del presente giudizio di legittimità possono essere interamente compensate.

La UnipolSai, infatti, assicuratrice del veicolo condotto da S.G., non aveva e non ha più interesse a partecipare al presente giudizio, dal momento che la responsabilità di S.G. è stata esclusa del tutto dalla Corte d’appello, con statuizione non impugnata da alcuno.

P.Q.M.

(-) accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità, ad eccezione di quelle sostenute dalla UnipolSai Assicurazioni s.p.a., le quali vengono interamente compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019

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