Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26647 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 12/12/2011), n.26647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8227-2010 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO

IMPERATORE 3, presso lo studio dell’Avvocato TOGNON GIOVANNI,

rappresentato e difeso dall’Avvocato FIORILLO ERNESTO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. Cron 3067 della CORTE D’APPELLO di CATANIA

dell’11/11/2009, depositato il 03/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PASQUALE FIMIANI che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.1.- Con il decreto impugnato la Corte di merito ha provveduto sulla domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta da parte resistente.

Il giudizio presupposto di cui è dedotta l’irragionevole durata è stato instaurato dinanzi al TAR Sicilia in data 8.2.1995 e definito in data 11.10.2008.

La Corte di appello, respinte le eccezioni dell’Amministrazione D.L. n. 112 del 2008, ex art. 54 e di prescrizione, fissata la ragionevole durata del giudizio presupposto in anni 3 per un grado, ha liquidato per il ritardo di 10 anni e 8 mesi, la somma di Euro 10.666,66.

Contro il decreto il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Parte intimata resiste con controricorso.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia a) violazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2 in relazione all’art. 11 preleggi ed alla L. n. 133 del 2008, art. 54) lamentando che con il decreto impugnato la corte di merito non abbia ritenuto applicabile retroattivamente l’art. 54 citato al procedimento presupposto promosso innanzi al TAR;

b) violazione di legge in relazione alla ritenuta non operatività della prescrizione decennale del diritto all’indennizzo; c) violazione e falsa applicazione di norme di diritto lamentando l’entità dell’indennizzo liquidato senza tenere conto della natura collettiva del giudizio presupposto e dell’omesso deposito di istanza di prelievo.

3.- Il ricorso è infondato perchè:

a1) secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 25421 del 2008; Sez. 1, n. 3500 del 2009), la disciplina introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, in virtù del quale “la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2”, è inapplicabile ratione temporis ai giudizi di equa riparazione relativi a processi presupposti introdotti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 112 del 2008.

a2) secondo la giurisprudenza di questa Corte “la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo” (Sez. 1, Sentenza n. 27719 del 30/12/2009).

a3) la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul “gruppo”, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Cass. n. 27610 del 2008) e non consente, in carenza di ulteriori argomenti, un irragionevole discostamento dal parametro della Corte EDU. Inoltre, il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato alla luce del principio per il quale i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo che, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 e sul ricorso n. 64897/01), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno il parametro per la quantificazione dell’indennizzo, che deve essere osservato dal giudice nazionale, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali:

l’entità della “posta in gioco”, il “numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento” ed il comportamento della parte istante; per tutte, Cass. n. 4572 e n. 3515 del 2009; n. 1630 del 2006), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, a quelle da ultimo richiamate, aggiungi Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008). D’altra parte il giudice del merito può attribuire una somma maggiore, qualora riconosca la causa di particolare rilevanza per la parte, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione, da ritenersi compreso nella liquidazione del danno (argomenta da Cass. n. 7073, n. 6039 e n. 3515 del 2009; n. 18012 e n. 6898 del 2008).

Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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