Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26643 del 28/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26643 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sui ricorsi iscritti ai nn. r.g.31991/07 e 1783/08 proposti da:

Concetta CASTANO( c.f: CST CCT 33L60 F242Z);
Rosaria CASTANO ( c.f.: CST RSR 30L41 D793E)
rappresentate e difese dall’avv. Francesco Maria Formica ed elettivamente domiciliate
in Roma, via Fasana n.16, presso lo studio dell’avv. Rosario Rao, giusta procura in calce
al ricorso
– Ricorrenti –

Contro
– Comune di MIRTO. ( c.f. 00461950834)
In persona del Sindaco pro tempore dr.ssa Rosalia Lanza; rappresentato e difeso dall’avv.
Benedetto Caiola ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesco
Borgia, in Roma, via Alberico II n.4 giusta procura in calce al controricorso
– Controricorrente e ricorrente incidentale—

contro la sentenza n. 324/2007 della Corte di Appello di Messina; pubblicata il 18
giugno 2007 e notificata il 15 ottobre 2007.

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Data pubblicazione: 28/11/2013

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 30 ottobre 2013 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Fabio De Stefano, con delega dell’avv. Benedetto Caiola, per la parte
controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso e raccoglimento del ricorso

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso, che ha concluso: riuniti i ricorsi; accoglimento del IV motivo del ricorso
4re,à-e.12e; assorbiti i restanti; assorbito altresì il ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1

Le sorelle Concetta e Rosaria Castano , con citazione notificata il 25 marzo 1999,

convennero innanzi al Tribunale di Patti, Sezione distaccata di Sant’Agata Militello, il
Comune di Mirto, per sentir accertare e dichiarare l’avvenuto acquisto per usucapione di
una striscia di terreno di mq 80,50, a confine con la loro proprietà, che aveva formato
oggetto, assieme a maggior consistenza di terreno, di un provvedimento di esproprio
per la costruzione di una scuola con annesso cortile: evidenziarono che tale striscia era
posta al di fuori dell’inferriata delimitante il cortile scolastico e che non era mai stata
adibita a scopi pubblici e, per altro verso, che era da oltre trent’anni utilizzata da esse
esponenti per la coltivazione di un orto domestico, senza alcuna opposizione da parte
dell’ente territoriale; quest’ultimo si costituì chiedendo il rigetto della domanda.
L’adito Tribunale respinse le richieste delle Castano ritenendo che l’appartenenza della
porzione di immobile al patrimonio del Comune lo rendesse inusucapibile.
2 — Tale sentenza fu impugnata dalle Castano che ribadirono che il terreno conteso
aveva perduto le caratteristiche per dirsi far parte del patrimonio indisponibile del
Comune; l’appellato Ente sostenne invece che detta porzione sarebbe stata utilizzata,
anche nell’attualità, per attività di svago e di istruzione degli alunni e propose gravame
incidentale per una diversa regolazione delle spese di lite, compensate dal Tribunale.
3— La Corte di Appello di Messina , pronunziando sentenza n. 324/2007, respinse

incidentale;

entrambe le impugnazioni, compensando nuovamente le spese del grado, osservando,
da un lato, che non univoche sarebbero state le rappresentazioni fotografiche prodotte
dalle attrici — non essendo chiaro se quanto in esse riportato fosse realmente il terreno
conteso- ; dall’altro che le Castano avrebbero chiesto, nel corso del giudizio, di

riconoscendo il diritto pozioye del Comune ed interrompendo il periodo utile per la
usucapione; quel Giudice ritenne invece decisiva la constatazione — già contenuta nella
sentenza di primo grado-, a mente della quale la natura pubblicistica che il lotto aveva
acquistato per effetto del procedimento di espropriazione non poteva essere perduta
per il semplice disinteresse dimostrato dall’ente territoriale bensì a seguito di
provvedimenti espliciti di dismissione o di condotte univocamente interpretabili come
dirette ad una dismissione tacita perché determinanti una irreversibile immutazione del
bene tale da renderlo inidoneo alla sua destinazione all’uso collettivo; ciò posto il
posizionamento della recinzione del cortile della scuola non avrebbe assunto alcun
rilievo decisivo nei termini voluti dalle Castano.

4 — Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso le Castano, sulla base di
cinque motivi, cui ha risposto il Comune, facendo valere unico motivo di ricorso
incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi vanno riuniti a’ sensi dell’art. 335 cpc in quanto aventi ad oggetto la medesima
sentenza.
I — Con il primo motivo si censura la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 167
cpc e viene dedotta l’esistenza di un vizio di motivazione, ritenuta omessa e
contraddittoria, laddove era stata ritenuta dubbia l’utilizzazione del terreno conteso da
parte degli alunni della scuola ed allorchè era stata messa in dubbio l’identità della
striscia di terreno con quella rappresentata nelle foto depositate : ciò in quanto le
suddette circostanze — e comunque la segregazione del terreno all’uso scolastico per

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acquistare la porzione di terreno , come già nel 1994 il marito di una di esse, così

effetto dell’apposizione della recinzione di ferro- erano state poste a base della citazione
nonché della memoria di precisazione della domanda e non avevano sofferto di
specifica contestazione.

I.a — Il motivo è inammissibile perché non vengono riportate le difese del Comune , al

circostanze, non senza omettere di considerare che il giudice dell’appello si fece carico
anche della eventuale sussistenza dei fatti rappresentati negli atti difensivi delle allora
attrici ma ne elise la pregnanza dimostrativa delle tesi dalle medesime sostenute , dando
prevalenza al regime formale cui era ancora sottoposto il terreno ed all’assenza di atti o
condotte che ne avrebbero fatto venir meno i vincoli.

Ia.1 — Il quesito di diritto poi, incentrato solo sull’onere di contestazione gravante sul
convenuto, è generico eppertanto inidoneo a sollecitare la funzione nomofilattica della
Corte, laddove non introduce nella interrogatio juris quello che era l’elemento
caratterizzante della fattispecie, vale a dire la ritenuta non rilevanza di un accertamento
in positivo di quanto dedotto; manca infine il c.d. momento di sintesi — omologo al
quesito di diritto – per quanto concerne il vizio di motivazione.
— Con il secondo motivo, analogo al precedente, si denunzia la violazione degli artt.
2697 cod. civ. e 115 cpc laddove la Corte del merito non ammise una CTU per
accertare la condizione dei luoghi, nonché per acquisire copia del progetto e degli atti
amministrativi relativi, omettendo altresì ogni altra opportuna attività di indagine: il
mezzo è infondato sia per quanto appena sopra indicato sia perché la consulenza
tecnica non costituisce, in generale, un mezzo di prova e quindi non può, la parte che
ne chiede la effettuazione, esonerarsi dall’obbligo di provare le proprie asserzioni ; la
denunziata carenza di motivazione sul punto è irrilevante perché espressamente il
giudice dell’impugnazione diede prevalenza logica alla mancanza di prova della
dismissione tacita del piccolo lotto dal patrimonio indisponibile del Comune — su cui
vedi infra – ; va pertanto applicato il consolidato principio interpretativo di legittimità (su

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fine di valutare se le stesse fossero incompatibili con l’accettazione delle surriferite

cui vedi, ex multis : Cass. Sez. III n. 7622/2010; Cass. Sez. L. n. 9461/2010; Cass. Sez.
III n. 26499/2009; Cass. Sez. III n. 27247/2008; Cass. Sez. I n. 15219/2007) che
dichiara insindacabile — in quanto attinente al merito- la decisione del giudice di
ammettere o meno una consulenza di ufficio , con l’unico limite della necessità di una

III — Con il terzo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140
e 1158 cod. civ.; viene denunziato il vizio di omessa motivazione laddove la Corte del
merito ritenne “controbilanciato” il valore indiziario — favorevole alla tesi del possesso
da parte delle Castano- da attribuire alla posizione dei luoghi, alle testimonianze ed alla
segregazione della striscia di terreno dal cortile della scuola, con l’implicito
riconoscimento del poziore diritto del Comune — tale da assumere valenza interrutfiva
del possesso utile all’usucapione- desumibile del tenore di due missive spedite all’ente
territoriale dal marito di una delle attrici ( nel 1994) e da entrambe le Castano ( nel
2004); in contrario le parti ricorrenti richiamano un indirizzo interpretativo di legittimità
secondo il quale , per dirsi realizzati i presupposti per l’usucapione, non sarebbe
necessaria la convinzione di essere proprietario e quindi di non ledere un diritto di
proprietà appartenente ad altri , essendo sufficiente il convincimento di comportarsi
come proprietario, così che anche il riconoscimento del diritto dominicale di altri
potrebbe essere compatibile con la prosecuzione del possesso utile all’usucapione.

III.a — La censura non è ammissibile perché, se pure deve darsi atto che la consolidata
giurisprudenza citata dalla Corte territoriale ha trovato talvolta una relativizzazione
interpretativa in fattispecie in cui al riconoscimento del diritto di proprietà si
accompagnava una specificazione degli effetti per i quali esso veniva operato ( a fini
transattivi o per stabilizzare formalmente la situazione giuridica data comunque per
acquisita: v. Cass. Sez. Il n. 10230/2002; Cass. Sez. II n. 2857/2006) tuttavia
l’allegazione che, nella fattispecie, si sarebbe potuto operata tale distinzione — tale
dunque da rafforzare , anziché elidere, il valore significativo delle altre acquisizioni

congrua motivazione.

probatorie- avrebbe dovuto essere accompagnata dall’esposizione del contenuto delle
richiamate missive al fine di far valutare alla Corte la congruità o meno del percorso
argomentativo seguito dal giudice dell’appello nel ricondurre la fattispecie concreta a
quella astratta portata dalla norma sulla interruzione del periodo utile per l’usucapione

esame che dunque viola il canone di specificità — posto a base del c.d. principio di
autosufficienza del ricorso — che deve presidiare la censura in sede di legittimità.

III.a.1 — A ciò si aggiunga la considerazione della duplicità di rationes decidendi poste a
base del rigetto dell’appello sul punto , con specifico riferimento alla tematica della non
vinta presunzione di persistente appartenenza del bene al patrimonio indisponibile del
Comune, trattata dal motivo di cui appresso.

IV — Con il quarto motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 826,
828 cod. civ. nonché l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia,
allorchè la Corte del merito non attribuì valore determinante alla posizione del terreno
al di fuori della recinzione al fine di escluderlo dalla disponibilità, anche giuridica,
dell’Ente territoriale, con l’effetto di ritenerlo usucapibile da parte dei privati.

IV.a — Il motivo non è fondato perché la Corte messinese ha dato seguito alla costante
giurisprudenza di legittimità che, nel riconoscere la possibilità di una dismissione tacita
di un bene appartenente al patrimonio indisponibile degli enti pubblici —in questo caso:
per effetto di precedente procedimento espropriativo che ne aveva determinato
l’acquisizione alla mano pubblica- riserva alla valutazione del merito l’identificazione
degli elementi sintomatici di tale implicita volontà dismissiva (rinvenuta, ad esempio,
nella decisione di mettere in vendita i beni non utilizzati per la realizzazione dell’opera
pubblica: Cass. Sez. Un. n. 14826/2008; o nel lasciar trascorrere un lasso di tempo
rilevante dall’accertata non utilizzazione a scopi pubblici dell’area espropriata: Cass. Sez.
II n. 26402/2009) : nel concreto il giudice dell’impugnazione , con motivazione
coerente e non suscettibile di ulteriore scrutinio in questa sede, ha delibato
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per effetto del riconoscimento dell’altrui diritto: ciò però non è avvenuto nel motivo in

negativamente gli elementi significativi dell’invocata dismissione ( vedi altresì quanto
argomentato infra nell’analisi del quinto motivo).

IV.b — Appare poi questione nuova — e quindi inammissibilmente posta a corredo del
mezzo in esame- quella illustrata nella seconda parte del motivo, tesa a dimostrare che

indisponibile dell’ente pubblico la parte non sfruttata a servizio dell’edificio scolastico ;
tesi peraltro non corretta perché il rituale provvedimento ablativo della proprietà privata
era idoneo ad imprimere al bene un regime giuridico diverso da quello di partenza,
rendendo quindi necessaria una “sclassificazione” formale o per facta concludenfia.
IV .c — A non differenti conclusioni, e per le medesime ragioni, si deve pervenire nella
delibazione dell’analogo profilo di censura, secondo il quale la striscia di terreno, pur se
formalmente espropriata, non sarebbe mai stata oggetto di occupazione.
V — Con il quinto motivo — formulato in via subordinata rispetto al precedente — si
denunzia la violazione degli artt. 826, 828 e 829 cod. civ nonché un’omessa
motivazione, laddove la Corte del merito non ritenne esservi stata una sottrazione al
patrimonio pubblico del bene per effetto della apposizione della ringhiera e della
inaccessibilità all’esterno del lotto che ne veniva escluso.

V.a – Il motivo è inammissibile perché, da un lato non vi è stata alcuna omissione nella
motivazione della Corte del merito, dall’altro perché il mezzo tenderebbe a far
formulare in sede di legittimità un non consentito giudizio valutativo su circostanze di
fatto, al fuie di rinvenire in esse un valore sintomatico di una dismissione tacita della
striscia di terreno.
VI — Con unico motivo di ricorso incidentale il Comune denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 cpc allorchè la Corte del merito, da un lato, ha respinto
l’appello incidentale diretto a sindacare l’assenza di motivazione della compensazione
delle spese operata dal Tribunale, ponendo a base una motivazione sostitutiva non
congrua e, dall’altro, ha operato analoga compensazione per le spese di secondo grado,

l’utilizzo parziale del lotto espropriato non avrebbe mai fatto entrare nel patrimonio

deducendo la sussistenza di una reciproca soccombenza, che, invece, era da escludere,
per la diversa incidenza che i due gravami contrapposti potevano avere nella definizione
della controversia, essendo quello dedotto con l’appello incidentale relativo solo alla
compensazione delle spese in prime cure.

relativo giudizio commessole per effetto del principio parzialmente devolutivo
dell’appello- la compensazione operata in primo grado, facendo riferimento alla
particolarità della posizione del Comune che, con la sua inerzia, aveva fatto nascere una
situazione di apparente abbandono — e quindi di assoggettabilità al libero possesso degli
appellanti- di un terreno appartenente al patrimonio indisponibile – ; quanto poi alla
regolazione delle spese del secondo grado, legittimamente ha posto le stesse
considerazioni — nonché la conseguente soccombenza rispetto all’appello incidentale a
base di analoga compensazione.
VII — Al rigetto di entrambi i ricorsi consegue la compensazione delle spese anche del
presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte
Riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese.
Così deciso in Roma il 30 ottobre 2013 , nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

VI.a — Il motivo è infondato perché la Corte distrettuale ha giustificato — essendo il

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