Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2664 del 03/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 03/02/2011), n.2664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26044/2009 proposto da:

C.A., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA ALBANI 8,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI TRETOLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato GENTILE Francesco, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RICCIO Alessandro, SERGIO PREDEN, VALENTE NICOLA, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6598/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

10.11.08, depositata il 31/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Napoli, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta contro l’Inps e l’Inail da C. A. ed altri ventuno lavoratori, i quali, premesso di avere prestato servizio alle dipendenze dell’Istituto Vigilanza Partenopea presso la darsena petroli e a bordo e sotto bordo nel porto commerciale di Napoli per il servizio antincendi, sostenevano di essere stati esposti all’amianto per periodi superiori ai dieci anni e chiedevano i conseguenti benefici relativamente alla loro posizione contributiva, a norma della L. n. 257 del 1992, art. 13.

La Corte di merito rilevava che le specifiche attestazioni dell’Inail, in un primo tempo rilasciate agli appellanti sulla base di atti di indirizzo ministeriali, erano state poi revocate dall’istituto a seguito di relazione del CONTARP che aveva accertato l’impossibilità di riconoscere l’esposizione all’amianto dei medesimi, in quanto non svolgenti le funzioni e le mansioni per cui gli atti di indirizzo avevano riconosciuto il requisito della esposizione qualificata. Aggiungeva il giudice di appello che, in mancanza di altre prove sul punto, doveva condividersi la decisione di primo grado, che aveva dato rilievo alle richiamate risultanze documentali. Richiamava peraltro anche l’indirizzo interpretativo giurisprudenziale sulla necessità, ai fini del diritto al beneficio in questione, che l’esposizione all’amianto superi i valori limite indicati dalla legislazione prevenzionale.

C.A. e altri undici lavoratori propongono, nei confronti dell’Inps, ricorso per cassazione affidato ad un motivo, con cui deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, come successivamente modificato.

L’Inps resiste con controricorso.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato, in quanto il medesimo, senza censurare la sentenza riguardo all’interpretazione dell’art. 13, comma 8, cit. (salvo forse un’allusione non chiaramente esplicitata, e infondata in linea di fatto, nel senso che la Corte di merito non avrebbe ritenuto ammissibile la contestazione dei risultati della certificazione Inail), e riguardo alla ritenuta inesistenza nella specie di efficaci attestazioni dell’Inail circa la necessaria esposizione all’amianto, non formula nessuna idonea censura riguardo alla sintetica, ma puntuale e decisiva, affermazione del giudice di appello che mancavano altre prove riguardo all’accertamento della esposizione all’amianto. Infatti non sono formulate censure di vizio di motivazione – necessarie al fine di impugnare in cassazione accertamenti in linea di fatto – e solo apoditticamente nel conclusivo quesito di diritto si sostiene che non era stata formulata alcuna contestazione circa le allegazioni dei ricorrenti sulle loro mansioni e che la documentazione prodotta consentiva di acquisire la prova dell’esposizione.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011

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