Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26636 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 21/12/2016, (ud. 10/11/2016, dep.21/12/2016),  n. 26636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13590/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

T.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6885/39/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 9/10/2014,

depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR del Lazio meglio indicata in epigrafe che ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso sulla base del c.d. redditometro notificato a T.M. per l’anno 2004.

Nessuna difesa scritta ha depositato la parte intimata. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Il primo motivo di ricorso, tendente ad ottenere, nell’ambito della prospettata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una verifica sul fatto che la CTR ha deciso “la questione senza considerare la conclamata assenza di documentazione…con grave omissione valutativa, all’evidenza censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5)” sembra manifestamente inammissibile, nemmeno prospettando l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio e dunque ponendosi al di fuori del perimetro fissato dal novellato n. 5 dell’art. 360, ult. cit..

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, dell’art. 2700 c.c. e dell’art. 2697 c.c., è fondato nei termini di seguito esposti.

Questa Corte ha ritenuto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio accerti induttivamente il reddito con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, il contribuente, ove deduca che l’incremento patrimoniale sia frutto di liberalità (nella specie, ad opera della madre), è tenuto a fornirne la prova con documentazione idonea a dimostrare l’entità e la permanenza nel tempo del possesso del relativo reddito – cfr. Cass. n. 916/2016.

Peraltro, si è parimenti precisato che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta – cfr. Cass. n. 25104/2014.

A tali principi non si è attenuto il giudice di merito che al fine di giustificare l’acquisto dell’autovettura utilizzata dall’ufficio come uno degli elementi dai quali determinare in via sintetica il reddito accertato ha considerato in modo generico e indeterminato l’esistenza di liberalità provenienti vuoi dallo zio – sulla base di assegni bancari genericamente indicati senza all’una indicazione dell’epoca degli stessi – vuoi dal padre in quanto “benestante”.

E’ invece immune dal contestato vizio di violazione di legge l’accertamento operato dal giudice di merito in ordine alla natura liberale dell’acquisto immobiliare parimenti utilizzato dall’ufficio ai fini dell’accertamento, lo stesso sottraendosi al vaglio di questa Corte proprio in relazione alla verifica effettuata dalla CTR in ordine al mancato esborso in denaro da parte del contribuente.

Accertamento insindacabile da questa Corte.

Tanto è sufficiente per superare i rilievi difensivi espressi dall’Agenzia in memoria.

Sulla base delle superiori considerazioni, in accoglimento del secondo motivo di ricorso per quanto di ragione, inammissibile il primo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugna a e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di gittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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