Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26636 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2011, (ud. 18/11/2011, dep. 12/12/2011), n.26636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.L., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Scorsone Guardi Caterina e

Francesco Scorsone, elettivamente domiciliata nel loro studio in

Roma, via Alberico II, n. 10;

– ricorrente –

contro

C.S., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Pizzuti Massimo, per

legge domiciliato presso la cancelleria civile della Corte di

cassazione, piazza Cavour, Roma;

– controricorrente –

e nei confronti di:

CI.Lo., MI.Gi., P.G.G., erede

di MA.Gi., S.A., M.F.,

M.A., m.f.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

3072 in data 22 luglio 2009.

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Francesco Scorsone;

sentito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 19 luglio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Accogliendo la domanda di C. S. e Ci.Lo., proprietari di un fondo servente posto nel Comune di Olevano Romano, il Tribunale di Roma ha dichiarato estinta per prescrizione la servitù coattiva di passaggio in favore del vicino fondo di M.L. ed altri.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3072 depositata il 22 luglio 2009, ha confermato la pronuncia di primo grado.

La Corte d’appello ha così motivato: “che il c.t.u. abbia rinvenuto sui luoghi le tracce dell’antico percorso del tratturo non è di per sè sufficiente a ritenere provato l’esercizio della servitù anche perchè è lo stesso c.t.u. a riferire che tale percorso era stato di fatto invaso da arbusti e cespugli di massima germinazione, descrivendo quindi una situazione dello stato dei luoghi incompatibile con la costanza dell’esercizio della servitù. Tale stato dei luoghi è da far risalire poi ad un’epoca di poco antecedente al 1975, in quanto il rilievo aerofotogrammetrico acquisito in primo grado dimostra che già a quella data si erano perse le tracce visibili del tratturo e la situazione non è cambiata ed anzi si è consolidata successivamente come dimostra un successivo rilievo dello stesso tipo del 1990. E’ in relazione a queste obiettive risultanze che il primo giudice ha correttamente tratto gli elementi del suo convincimento circa il non uso ultraventennale della servitù di passaggio di cui si discute ed è in relazione a questi obiettivi e documentati elementi che ha correttamente valutato la scarsa attendibilità di taluni testi che avevano dimostrato una non buona conoscenza dei luoghi o riferito di generiche presenze dei M. ed altrettanto generici attraversamenti da parte dei costoro dei terreni dei coniugi C., raggiungendo la logica conclusione che dalla prova orale non potevano trarsi elementi dimostrativi dell’esercizio della servitù con animo uti domini in quanto, alla luce delle risultanze del sopralluogo del c.t.u. e dei rilievi aero-fotogrammetrici suddetti, il passaggio non sarebbe comunque stato esercitato sul tratturo e, a tutto voler concedere, sarebbe quindi rientrato in quei fatti occasionali che possono ben essere ricondotti alla normale tolleranza nei rapporti tra proprietari di fondi viciniori. La Corte ritiene quindi che le risultanze obiettive e quelle documentali sostengano logicamente e giuridicamente la motivazione dell’impugnata decisione e che le argomentazioni del primo decidente relative alla non condivisione di alcuni discrezionali apprezzamenti del c.t.u. ed alla scarsa attendibilità dei testi siano logicamente sostenute dal loro oggettivo contrasto con gli altri elementi probatori che, invece, non si prestano ad interpretazione diversa dalla mera presa d’atto”.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello M. L. ha proposto ricorso, sulla base di sette motivi, con atto notificato il 5 marzo 2010 e – a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 1067 del 18 gennaio 2011, con cui veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Ma.Gi. – il 23 marzo 2011.

C.S. ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in ordine alla ricorrenza dei presupposti per la dichiarazione di estinzione di una servitù di passaggio pedonale.

Il motivo – scrutinatale nel merito perchè, a differenza di quanto sostenuto dal controricorrente, non introduce questioni nuove – appare fondato.

Occorre premettere che, in ragione della natura della servitù di passaggio, che è una servitù discontinua, ogni episodio di transito interrompe la decorrenza del termine prescrizionale.

La Corte d’appello ha per un verso errato nel qualificare gli episodi di passaggio come fatti occasionali rientranti nella normale tolleranza nei rapporti tra proprietari di fondi viciniori: essendo la M. titolare del diritto di servitù, la sporadicità del relativo esercizio non denota che questo si sia verificato per mera tolleranza, ma dimostra che esso è espressione di un potere di fatto sulla cosa per le esigenze del fondo dominante.

D’altra parte, la Corte territoriale ha fatto esclusivamente leva, ai fini della dichiarazione di estinzione della servitù, sulla non visibilità del tratturo, senza considerare che l’apparenza è un fenomeno che riguarda l’usucapione, mentre qui siamo nel campo del non uso, un fatto del titolare del diritto, in relazione al quale non può avere rilievo il criterio della visibilità delle opere nei confronti del fondo servente, sicchè la servitù di passaggio – una volta costituita – può essere esercitata, ai fini della sua conservazione, anche in modo discontinuo e non apparente, se la situazione dei luoghi lo permette.

L’accoglimento del primo mezzo assorbe l’esame degli altri.

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., per esservi accolto”.

Lette le memorie della ricorrente e del controricorrente.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;

che le osservazioni critiche contenute nella memoria del controricorrente non colgono nel segno;

che infatti, la Corte d’appello – nel confermare la sentenza di primo grado, che ha dichiarato l’estinzione della servitù di passaggio pedonale per non uso ventennale – ha dato rilievo alla mancanza dell’apparenza della servitù, desunta dalla perdita delle tracce visibili del tratturo su cui il passaggio veniva esercitato, e in ragione di ciò ha valutato le prove testimoniali assunte, ritenendole generiche o comunque scarsamente attendibili;

che tale risultanza obiettiva il giudice di merito ha tratto dalla relazione del c.t.u. e dai rilievi aerofotogrammetrici, questi ultimi di epoca di poco antecedente al 1975;

che viceversa va confermato che il requisito dell’apparenza è necessario per la costituzione della servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, mentre, allorchè la servitù sia stata costituita in virtù di titolo idoneo, essa può essere esercitata anche in modo discontinuo e non apparente, se la situazione dei luoghi lo permette;

che è alla luce di tale principio che il giudice del merito avrebbe dovuto valutare le testimonianze assunte in primo grado;

che pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alla censura accolta e la causa rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il resto;

cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta civile – 2, della Corte suprema di Cassazione, il 18 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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