Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26634 del 30/09/2021

Cassazione civile sez. I, 30/09/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 30/09/2021), n.26634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19236/2020 proposto da:

S.Y.O., rappresentato e difeso dall’Avv. Davide Verlato,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliato in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente – –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 821/20,

depositata il 4 marzo 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/5/2021 dal Consigliere GORI PIERPAOLO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con sentenza numero 821 del 2020 pubblicata il 4 marzo 2020 nella causa RG n. 68 del 2019 la Corte d’appello di Venezia dichiarava inammissibile l’impugnazione di S.Y.O. avverso l’ordinanza del tribunale di Venezia del 31 agosto 2017 reiettiva della sua opposizione al decreto che gli aveva negato in via principale lo status di rifugiato e, in via subordinata, anche la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 lett. f) e la protezione umanitaria il D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19, oltre che il D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11.

2. Il richiedente la protezione internazionale rendeva noto di essere originario dal nord del Ghana e riferiva di essere scappato dopo avere ricevuto minacce dal contadino vicino il quale voleva vendicarsi del fatto che il ricorrente gli aveva per errore incendiato il campo, distruggendone il raccolto. A seguito di rigetto in primo grado delle domande di protezione internazionale e di tutela umanitaria, l’appello del richiedente veniva dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Venezia in quanto tardivo.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il richiedente per un unico motivo cui resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. Con unico motivo di ricorso – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, viene prospettata la violazione o falsa applicazione delle norme processuali generali in tema di impugnazione, in particolare degli artt. 325,326 e 327 c.p.c., le quali non sarebbero derogate dall’art. 702 quater c.p.c. in tema di rito sommario di cognizione, laddove si afferma che il termine breve di 30 giorni per proporre appello decorre dalla notifica della sentenza e non già dalla sua comunicazione della cancelleria e che, in assenza di notifica su impulso di parte, ovvero indipendentemente dalla notifica, il termine per proporre appello con relativa decadenza è di sei mesi che decorrono dalla pubblicazione della sentenza ovvero dal suo deposito in cancelleria senza che rilevi all’effetto l’avvenuta comunicazione da parte della cancelleria.

5. In via preliminare il Ministero controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per apoditticità e per difetto del requisito dell’autosufficienza perché il ricorrente nel censurare la decisione della Corte d’appello non riporterebbe, almeno in parte, il contenuto della sentenza impugnata il violando i principi di specificità della censura.

6. L’eccezione va disattesa in quanto l’unico motivo di ricorso si appunta su questione di diritto processuale e non di fatto, i cui estremi essenziali sono sintetizzati e individuati, in particolare nella data di comunicazione al difensore a mezzo pec dell’atto impugnato davanti alla Corte d’appello e nel contenuto della decisione in questa sede censurato e, pertanto, il motivo è adeguatamente specifico e autosufficiente.

7. Il ricorso è nondimeno infondato. In consonanza con la ratio legis connessa alla natura accelerata del procedimento sommario di cognizione, la disposizione dell’art. 702-quater c.p.c., a tal fine, fa decorrere il termine per l’appello dalla “comunicazione”.

In tema di procedimento sommario di cognizione non trova dunque applicazione, limitatamente all’appello, l’art. 327 c.p.c., comma 1, proprio perché la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell’ordinanza è logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell’art. 702 quater c.p.c., della decorrenza dello stesso termine, per finalità acceleratorie, dalla data della “comunicazione” dell’ordinanza medesima. Data che la corte di merito ha accertato senza ricevere censure sul punto. La sentenza impugnata, che si è pienamente conformata all’insegnamento della S.C., è alla luce di quanto precede immune dalla censura sollevata.

9. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite, regolate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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