Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2663 del 03/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 03/02/2011), n.2663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI ANTONIETTA, VINCENZO STUMPO, EMANUELE DE ROSE,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. LOJODICE OSCAR, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4650/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del

13.11.08, depositata il 06/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

G.A., premesso che il Pretore di Bari aveva condannato l’Inps al pagamento in suo favore di quanto derivante dal ricalcolo secondo determinati criteri dell’indennita’ di disoccupazione agricola per l’anno 1983, adiva il Tribunale di Bari al fine di conseguire la liquidazione del relativo importo, oltre svalutazione e interessi e ulteriori interessi anatocistici dalla domanda giudiziale.

L’Inps deduceva che era intervenuto il pagamento delle somme di cui al ricorso e chiedeva che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere. La ricorrente aderiva alla richiesta chiedendo pero’ la condanna dell’Inps alle spese del giudizio.

Il giudice dichiarava la cessazione della materia del contendere e condannava l’Inps a rimborsare meta’ delle spese, per il resto compensate, e le liquidava per l’intero in Euro 217,43.

L’assicurata proponeva appello lamentando l’omesso riconoscimento degli interessi anatocistici. Lamentava anche la violazione dei minimi tariffari nella liquidazione delle spese del giudizio.

La Corte d’appello di Bari accoglieva “per quanto di ragione” l’impugnazione, condannando l’Inps al pagamento degli interessi anatocistici sugli interessi gia’ corrisposti, e rideterminando le spese del primo grado, quanto all’intero, in complessivi Euro 611,00.

Infine compensava le spese del giudizio di appello atteso l’accoglimento solo parziale dell’impugnazione.

L’Inps propone ricorso per cassazione con due motivi, a cui la G. resiste con controricorso.

Il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., premesso che costituiva dato pacifico, peraltro attestato dalla sentenza di primo grado e dallo stesso atto di appello, che la ricorrente aveva aderito alla richiesta dell’Inps di dichiarazione della materia del contendere, lamenta che il giudice di appello non abbia dichiarato l’inammissibilita’ del motivo di appello con cui era stata lamentata l’omessa condanna dell’Inps al pagamento degli interessi anatocistici. In effetti cosi’ procedendo il giudice di appello aveva deciso su una domanda che era stata abbandonata e in contrasto con la concorde attestazione delle parti circa la insussistenza di un interesse alla prosecuzione del giudizio.

Il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 434 c.p.c., ribadisce la medesima doglianza sotto il profilo che il giudice di appello non avrebbe potuto esaminare nel merito la domanda relativa agli interessi anatocistici in difetto di un motivo di impugnazione diretto a contestare la ritualita’ della dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

Il ricorso e’ qualificabile come manifestamente fondato in quanto, da un fondato, e da un punto di vista sostanziale, l’attuale resistente, aderendo in primo grado alla richiesta dell’Inps di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, aveva evidentemente abbandonato le domande nella parte in cui eventualmente non fossero state gia’ soddisfatte, e, dall’altro, a seguito della pronuncia del giudice di primo grado di cessazione della materia del contendere, ogni pronuncia sul merito da parte del giudice di appello avrebbe presupposto la formulazione di un preliminare motivo di impugnazione diretto a censurare l’irritualita’ della dichiarazione della cessazione della materia del contendere, oltre che il rilievo della fondatezza del medesimo.

Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio nella parte in cui ha condannato l’Inps al pagamento degli interessi anatocistici.

Devono regolarsi le spese del giudizio di appello e di cassazione, visto che quelle di primo grado hanno formato oggetto di apposita decisione sul quantum in appello, che non ha formato oggetto di ricorso per cassazione.

Si ritiene giustificata la compensazione delle spese del giudizio di appello, tenuto presente l’esito definitivo della controversia relativamente alla parte ivi dibattuta. Le spese del giudizio di cassazione, invece sono regolate in base al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata nella parte relativa alla condanna dell’Inps al pagamento degli interessi anatocistici; compensa le spese del giudizio di appello e condanna la controricorrente a rimborsare all’Inps le spese del giudizio di cassazione, in Euro trenta/00 oltre Euro novecento/00 per onorari.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011

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