Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26628 del 18/10/2019

Cassazione civile sez. II, 18/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 18/10/2019), n.26628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17874-2015 proposto da:

A.D., rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO MARZO;

– ricorrente –

contro

Z.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI

PARIOLI, 54, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA FRANCIOSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ZURLO NICOLANGELO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 316/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dr. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Lecce, pubblicata il 30 aprile 2015 e notificata il 23 maggio 2015, che ha accolto parzialmente l’appello proposto da A.D., A.L. ed T.A. avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni n. 5 del 2011, e nei confronti dell’avv. Zurlo Nicolangelo.

1.1. Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione proposta dai consorti A.- T. avverso il decreto ingiuntivo che intimava loro il pagamento dell’importo di Euro 13.955,22 oltre accessori e spese, a titolo di compenso professionale.

2. La Corte d’appello ha ridotto il credito all’importo onnicomprensivo di Euro 7.167,96, come da nota redatta dall’avv. Zurlo, in assenza di prova del maggior credito, ed ha rigettato la domanda risarcitoria proposta in via riconvenzionale dagli opponenti poi appellanti.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.D., sulla base di sette motivi. Ha resistito con controricorso Z.N..

Sono rimasti intimati A.L. ed T.A..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, nonchè omesso esame di un fatto decisivo consistito nella mancanza di colpa degli opponenti A.- T. per non aver potuto designare, nel giudizio di primo grado, un nuovo difensore dopo che quello nominato aveva rinunciato al mandato.

2. Il motivo è inammissibile. La rimessione in termini, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis c.p.c., quanto in quella più ampia di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile (ex plurimis, Cass. 11/11/2011, n. 23561), mentre nel caso in esame è pacifico che fino alla fine del giudizio di primo grado gli opponenti non nominarono nuovo difensore in luogo dei quello rinunciatario e perciò stesso nessuna istanza di rimessione in termini poteva essere formulata. In ogni caso, il carattere di impedimento assoluto che connota la causa non imputabile non è ravvisabile nella circostanza che il difensore abbia rinunciato al mandato, tanto più quando sia stato concesso rinvio d’udienza per consentire la nomina di altro difensore, come nella specie (ciò è avvenuto per due volte).

3. Con il secondo motivo è denunciata omessa pronuncia su richieste istruttorie formulate nella memoria ex art. 184 c.p.c., e violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè la decadenza dalla prova doveva intendersi limitata alla sola prova da espletare nell’udienza in cui il giudice di primo grado aveva dichiarato la decadenza stessa.

3.1. Il motivo è infondato.

La decadenza dalla prova per mancata comparizione della parte su istanza della quale debba iniziarsi o proseguirsi la prova è dichiarata d’ufficio, ai sensi dell’art. 208 c.p.c. come modificato dalla L. n. 353 del 1990, salvo che l’altra parte ne chieda l’assunzione, e non può che riguardare la prova come ammessa, a prescindere dalle modalità di assunzione in una o più udienze.

Rimane assorbita la questione dell’omessa pronuncia sulle altre istanze istruttorie.

4. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. nonchè omesso esame del fatto decisivo consistito nella mancanza di prova dell’attività svolta dall’avv. Zurlo.

4.1. Il motivo è inammissibile perchè attinge, oltretutto genericamente, al merito della valutazione delle risultanze di causa, laddove la Corte d’appello ha chiarito che rispetto alla nota spese redatta dall’avv. Zurlo pari ad Euro 7.167,96, comprensiva dell’IVA, gli opponenti non avevano articolato specifiche contestazioni.

5. Con il quarto motivo (che il ricorrente indica come quinto) è denunciato omesso esame di fatto decisivo, e si contesta la mancata ammissione della trascrizione del contenuto di una cassetta audio.

5.1. Il motivo è inammissibile. La pretesa di una somma inferiore a quella azionata non è una confessione e del resto, nella medesima conversazione, secondo quanto riferisce il ricorrente nell’illustrazione del motivo (pag. 23 del ricorso), l’avv. Zurlo avrebbe fatto riferimento alla notula di importo maggiore, pari ad oltre 7.000 Euro. Ne deriva che la conversazione richiamata non risulta dotata di decisività, nel senso della idoneità a condurre con certezza ad una decisione diversa da quella impugnata (ex plurimis, Cass. Sez U 07/04/2014, n. 8053).

6. Con il quinto motivo (che il ricorrente indica come sesto) è denunciata omessa pronuncia “sui punti dell’atto di opposizione”, riportati nell’atto di appello, violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e nullità della sentenza. Si lamenta che la Corte d’appello avrebbe considerato “non contestata” la nota spese dell’avv. Zurlo.

6.1. Il motivo è inammissibile per carenza di specificità.

Premesso che il vizio processuale di omessa pronuncia è configurabile soltanto con riferimento a domande od eccezioni di merito ovvero ai motivi di appello (ex plurimis, Cass. 16/03/2017, n. 6835), il ricorrente non ha precisato il contenuto dei “punti dell’atto di opposizione” asseritamente riproposti con l’appello, sui quali la Corte di merito non avrebbe pronunciato, e ciò impedisce di verificare se sia astrattamente configurabile l’omessa pronuncia.

Come affermato da questa Corte regolatrice, la denuncia di error in procedendo non esime la parte dall’onere di specificare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (ex plurimis, Cass. 13/05/2016, n. 9888; 07/03/2018, n. 5478), per consentire, dalla sola lettura del ricorso, la verifica dell’ammissibilità della censura, laddove l’accesso diretto agli atti – consentito in ragione della natura del vizio denunciato costituisce un momento di verifica successivo, finalizzato al giudizio di fondatezza della censura, e che dunque presuppone la delibazione positiva sull’ammissibilità della stessa.

7. Con il sesto motivo (che il ricorrente indica come settimo) è denunciata omessa “o almeno generica” pronuncia sulla domanda risarcitoria formulata dagli appellanti, sulla quale la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi quanto meno liquidando il danno in via equitativa.

7.1. Il motivo è manifestamente infondato. In disparte la formulazione ambivalente della censura tra il vizio processuale di omessa pronuncia ed il vizio di motivazione, peraltro dedotto al di fuori dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risulta assorbente il rilievo che la Corte d’appello ha pronunciato sulla domanda riconvenzionale e l’ha rigettata per carenza di prova. Ne segue che neppure può porsi in questa sede la questione della mancata liquidazione equitativa del danno, che presuppone il riscontro positivo dell’an debeatur (per tutte, Cass. 18/04/2007, n. 9244).

8. Con il settimo motivo (che il ricorrente indica come ottavo) è denunciata omessa pronuncia sull’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dall’avv. Zurlo, con conseguenti effetti sul regime delle spese di lite, nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 91 c.p.c..

8.1. Il motivo è inammissibile. In linea generale non è ravvisabile interesse a ricorso per cassazione in capo alla parte che, come nel caso in esame, intenda lamentare l’omessa pronuncia su un’istanza proposta dall’avversario (principio affermato dalla giurisprudenza risalente, cfr. Cass. 13/02/1970, n. 355), non esistendo l’automatismo erroneamente ipotizzato dall’odierno ricorrente tra il rigetto ovvero la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale e la decisione di compensare le spese del giudizio, che è rimessa totalmente alla valutazione discrezionale del giudice.

9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019

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