Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26625 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/11/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 23/11/2020), n.26625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7386-2018 proposto da:

N.P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTe DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALESSANDRO PRATICO’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1599/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. SCOTTI

UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

la Corte di appello di Torino con sentenza del 18/7/2017 ha accolto l’appello principale proposto dal Ministero dell’Interno e ha revocato la protezione umanitaria concessa con ordinanza del 26/10/2016 dal Tribunale di Torino a N.P.F., cittadino del Gabon, rigettando l’appello incidentale proposto dal richiedente asilo, a cui carico ha posto le spese di lite;

avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione N.P.F., con atto notificato il 16/2/2018, svolgendo due motivi entrambi dedicati alla protezione umanitaria;

l’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita nel giudizio di legittimità;

è stata proposta la trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

con ordinanza interlocutoria dell’1 1/7/2019 è stata differita la decisione in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite in tema di protezione umanitaria in seguito alle ordinanze di rimessione n. 11750 e 11751 del 2019; la proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata ulteriormente confermata dopo la sostituzione del Consigliere relatore;

ritenuto che:

con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo perchè la Corte di appello aveva ritenuto non rilevante ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari la raggiunta integrazione dello straniero in Italia;

con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 nonchè dell’art. 32 Cost. perchè la Corte di appello aveva illegittimamente ritenuto che la permanenza dello straniero in Italia potesse essere giustificata solo da gravi patologie o dalla necessità di interventi sanitari essenziali, indifferibili e urgenti volti a eliminare gravi patologie;

ritenuto che:

entrambe le censure, suscettibili di esame congiunto, siano inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e le argomentazioni del ricorrente non offrono elementi per mutare l’orientamento della stessa, espresso da un orientamento consolidato avallato dalle stesse Sezioni Unite;

secondo le sentenze delle Sezioni Unite del 13/11/2019 n. 29459 e 29460, adesive al filone giurisprudenziale promosso dalla sentenza della Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, al fine di valutare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili;

il livello di integrazione dello straniero in Italia e il contesto di generale compromissione dei diritti umani nel Paese di provenienza del medesimo non integrano, se assunti isolatamente, i seri motivi umanitari alla ricorrenza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere fondato su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza;

la Corte subalpina ha revocato la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ritenendo per un verso ininfluente la maggior o minore integrazione dello straniero in Italia e le attività da lui svolte nel periodo di accoglienza e ritenendo, d’altra parte, che la vulnerabilità per ragioni di salute ravvisata dal Tribunale non sussistesse per il carattere assolutamente comune delle patologie che affliggevano il ricorrente (ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia) che non giustificavano la permanenza in Italia e potevano essere curate efficacemente anche nel Paese di provenienza del richiedente asilo;

il ricorso – a fronte della decisione impugnata che ha negato la rilevanza ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria del livello di integrazione socio-lavorativa in Italia – omette completamente di argomentare circa la sussistenza dell’indispensabile componente della necessaria valutazione comparativa, circa cioè la situazione di intollerabile lesione dei diritti umani nel Paese di origine;

è quindi ininfluente il fatto che la Corte torinese neghi tout coltri la rilevanza del livello di integrazione socio lavorativa del richiedente asilo in Italia, in contrasto con il citato orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite che lo ritengono sì rilevante, ma di per sè insufficiente se non concorre con una specifica condizione di vulnerabilità soggettiva individualizzata;

in ordine alle problematiche sanitarie e alle patologie del sig. N.P. il ricorso censura inammissibilmente nel merito la valutazione effettuata dalla Corte di appello circa la loro gravità e possibilità di cura efficace in patria, insindacabile in sede di legittimità;

ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile;

non vi è da provvedere sulle spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione intimata.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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