Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26625 del 22/10/2018

Cassazione civile sez. II, 22/10/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 22/10/2018), n.26625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20728/2014 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

149, presso lo studio dell’avvocato CAROLA CICCONETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI TACCOGNA, ANNA

MARIA ALLEGRETTI;

– ricorrente e cont/re incidentale –

T.G., nato a il (OMISSIS), T.I., T.E.,

T.G. nato a il (OMISSIS), T.C., P.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI GERBI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 594/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/07/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – R.A., proprietario di un appartamento sito in (OMISSIS) per averlo acquistato dai costruttori T.G. (n. (OMISSIS)), Ta.Em., T.I. e T.G. (n. (OMISSIS)), convenne in giudizio questi ultimi, chiedendo accertarsi il proprio diritto di uso a parcheggio sulla porzione di terreno dei convenuti che circondava l’edificio condominiale, previo accertamento della nullità della clausola del contratto di compravendita con la quale i venditori si erano riservati la proprietà di dette aree.

Nella resistenza dei convenuti, l’adito Tribunale di Chiavari accolse la domanda attorea.

2. – Sul gravame proposto dai T., la Corte di Appello di Genova, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettò la domanda attorea. La Corte territoriale rilevò che la licenza edilizia non prevedeva che le aree circostanti il fabbricato fossero destinate a parcheggio e ritenne, perciò, che non ricorressero i presupposti necessari per l’accoglimento della domanda.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso R.A. sulla base di quattro motivi.

Hanno resistito con controricorso T.G. (n. (OMISSIS)), T.I. e T.G. (n. (OMISSIS)), nonchè – quali eredi di Ta.Em. – T.E., T.C. e P.F., i quali hanno altresì proposto ricorso incidentale sulla base di un motivo ed hanno depositato memoria.

R.A. ha replicato al ricorso incidentale con controricorso.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alberto Celeste, ha concluso con requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Va innanzitutto esaminato il ricorso principale proposto dal R., che – come detto – si articola in tre motivi.

1.1. – Col primo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e art. 2909 c.c., per avere la Corte di Appello preso in esame e accolto l’eccezione con la quale i convenuti avevano dedotto che la licenza edilizia non prevedeva spazi a parcheggio, nonostante si trattasse di una “eccezione nuova”, proposta per la prima volta nel giudizio di appello e – come tale inammissibile.

Il motivo non ha fondamento.

Erroneamente il ricorrente qualifica come “eccezione in senso proprio”, come tale soggetta al divieto di “nova” in appello ex art. 345 c.p.c., la deduzione dei convenuti appellanti circa la mancata previsione di spazi a parcheggio nella licenza edilizia.

In realtà, come si dirà nel prosieguo, il fatto che la licenza prevedesse come spazio a parcheggio destinato al condominio le aree circostanti l’edificio condominiale era uno dei fatti costitutivi del preteso diritto dell’attore, la cui sussistenza il giudice di merito aveva il dovere di accertare per poter pervenire all’accoglimento della domanda del R.. Correlativamente, la deduzione degli appellanti, contenuta nell’atto di appello, costituiva mera difesa, sottratta al divieto di “nova” in appello.

Va invero ricordato che la contestazione da parte del convenuto di tutti o di alcuni degli elementi della fattispecie costitutiva del diritto azionato rientra fra le mere difese non soggette al divieto del “jus novorum” in grado d’appello, il quale riguarda le domande e le eccezioni in senso stretto e non anche le difese e le eccezioni in senso lato (Cass., Sez. Un., n. 89 del 08/01/1997).

1.2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione della L. n. 765 del 1967, art. 18, per avere la Corte di Appello escluso la sussistenza del diritto di uso a parcheggio preteso dall’attore, nonostante che i lavori di costruzione dell’edificio condominiale fossero iniziati dopo l’entrata in vigore della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies e che l’area da destinare a parcheggio vi fosse materialmente.

Col terzo motivo, che va esaminato unitamente al secondo in ragione della stretta connessione, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e della L. n. 765 del 1967, art. 18, per non avere la Corte di Appello tenuto conto dell’esistenza di un’area scoperta tutto intorno all’edificio e del fatto che tale area era stata sempre adibita a parcheggio dai condomini dell’edificio.

Entrambi i motivi in esame sono inammissibili, in quanto non attingono la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte di Appello ha spiegato che la domanda attorea di riconoscimento del diritto reale di parcheggio non poteva essere accolta perchè la concessione edilizia (rilasciata in coincidenza con l’entrata in vigore della L. n. 765 del 1967, ma sulla base di progetto redatto e di pareri rilasciati in data precedente) non prevedeva la destinazione di apposite aree a destinate a parcheggio.

Le censure mosse dal ricorrente non attaccano tale ratio decidendi, rispetto alla quale risulta irrilevante sia la data di inizio dei lavori sia la effettiva sussistenza di aree potenzialmente idonee ad essere destinate a parcheggio sia il loro utilizzo de facto per il parcheggio delle autovetture.

Non avendo il ricorrente sottoposto a critica la richiamata ratio decidendi, il motivo risulta inammissibile.

La decisione della Corte di Genova, peraltro, è conforme a diritto.

Invero, della Legge Urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, che sancisce la riserva nelle nuove costruzioni di appositi spazi per parcheggi, opera come norma di relazione nei rapporti privatistici e come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la quale non può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di dette aree, costituendo l’osservanza della norma condizione di legittimità della licenza (o concessione) di costruzione, e alla quale esclusivamente spetta l’accertamento della conformità degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneità ad assicurare concretamente la prevista destinazione; ne consegue che il trasferimento del regime giuridico degli spazi, secondo la destinazione impressa dalla concessione su altre aree idonee a tale utilizzazione, può avvenire soltanto mediante il rilascio di una nuova concessione in variante e che il giudice ordinario non ha il potere di attribuire agli acquirenti di singole unità immobiliari di edifici realizzati nel vigore dell’art. 41 sexies della legge urbanistica il diritto di impiegare come parcheggio uno spazio, pur se di proprietà del costruttore-venditore, in tutto o in parte diverso da quello destinato a tale uso, secondo la prescrizione della concessione edilizia (in tal senso, Cass., Sez. 2, n. 6894 del 03/07/1999, che, in applicazione di tali principi, ha cassato con rinvio la sentenza di appello che, nell’ordinare al costruttore-venditore di destinare a parcheggio un’ulteriore superficie, aveva individuato gli appositi spazi da assoggettarsi a vincolo in difformità da quelli previsti nel progetto approvato in occasione del rilascio della concessione edilizia).

Questa Suprema Corte ha ancora statuito che, in tema di spazi destinati a parcheggio nei fabbricati di nuova costruzione e di cui alla L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, l’effettiva esistenza di tali spazi è condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al loro uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato, ai quali altrimenti compete soltanto la possibilità di chiedere il risarcimento del danno conseguente all’indisponibilità degli spazi stessi; peraltro, quel riconoscimento può avere come oggetto soltanto le aree che siano state destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all’edificazione, senza possibilità di ubicazioni alternative (Cass., Sez. 2, n. 3393 del 11/02/2009); e che, in tema di spazi riservati a parcheggio nei fabbricati di nuova costruzione ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies (introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18), il riconoscimento giudiziale del diritto reale d’uso degli spazi destinati a parcheggi può avere ad oggetto soltanto le aree che siano destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all’edificazione (Cass., Sez. 2, n. 13210 del 25/05/2017; nello stesso senso, Cass., Sez. 6-2, n. 5831 del 08/03/2017).

Esattamente, quindi, la Corte territoriale ha escluso il diritto reale d’uso dell’attore sulle aree circostanti il fabbricato, trattandosi di aree che non risultavano destinate a tale scopo nel provvedimento abilitativo all’edificazione.

1.3. – Col quarto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per non avere la Corte di Appello compensato tra le parti le spese del giudizio.

Anche tale motivo è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite (Cass., Sez. 5, n. 15317 del 19/06/2013); la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., Sez. Un., n. 14989 del 15/07/2005).

2. – In definitiva, il ricorso principale deve essere rigettato.

Il ricorso incidentale (col quale si lamenta la mancata ammissione di documento in appello) rimane assorbito nel rigetto del ricorso principale.

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente in via principale, risultato soccombente, e vanno liquidate come in dispositivo.

4. – Il ricorrente in via principale è tenuto a versare – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – un ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per la proposizione dell’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 (cinquemilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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