Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26607 del 21/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 21/12/2016, (ud. 26/09/2016, dep.21/12/2016),  n. 26607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16897/2012 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato LUCA SAVINI ZANGRANDI,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO

MANCINI, FRANCO VINCI;

– ricorrente –

contro

CANTINA ALDENO SOC. COOP AGRICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA,

V.LE ANGELICO 103, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LETIZIA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO

PAOLETTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/2012 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 15/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato SAVINI ZANGRANDI Luca, difensore del ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

B.R. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Trento la Cantina Aldeno soc. coop. agricola al fine di ottenere il pagamento della somma di Euro 178.851,01 a titolo di integrazione di IVA.

In sostanza l’attore chiedeva che doveva essere parte convenuta a farsi carico della differenza IVA (dal 12,50% al 20%) da lui dovuta pagare a seguito di accertamento per forniture, negli anni 2004/6, di vini in favore della convenuta ed in ordine alle quali era stata applicata la prima e maggiormente favorevole delle due dette aliquote.

La domanda, ritenuta del tutto infondata, era resistita dalla parte convenuta.

Il Tribunale di prima istanza rigettava, in base a varie argomentazioni, la domanda attorea con sentenza n. 315/2010.

Avverso tale decisione il B. interponeva appello resistito dalla parte appellata.

L’adita Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 56/2012, rigettava l’appello con condanna dell’appellante alla refusione delle spese del grado.

Per la cassazione delle succitata decisione della Corte territoriale ricorre il B. con atto affidato a due ordini di motivi.

Resiste con controricorso la società cooperativa intimata. Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c., entrambe le parti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto e specificamente di quelle ex art. 18 (rivalsa) e art. 19 (detrazione) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Parte ricorrente lamenta, in sostanza, la valutazione come “domanda nuova” della questione relativa all’anzidetta applicazione delle succitate norme in materia di I.V.A..

Il motivo non può essere accolto.

Quella qui riprospettata costituiva, già in secondo grado di giudizio, un domanda nuova.

Solo in appello, infatti (ed a quanto ricostruibile in questa sede), si inizia a parlare di rivalsa, nel mentre – nel corso dell’intero giudizio di primo grado – il thema decidendum era costituito da una domanda di restituzione “a titolo di integrazione IVA”.

In ogni caso manca del tutto apposita allegazione (con specifica indicazione e trascrizione di atti) per una diversa ricostruzione della vicenda processuale comprovante l’apposita formulazione di domanda di rivalsa fin dal primo grado del giudizio.

In più, poi, non può sottacersi la particolarità (non eludibile) della fattispecie conseguente alla maggiore IVA, perchè la stessa imposta era graduata con riguardo al conferimento – come socio e non come mero venditore – del ricorrente, il quale comunque cessava dal beneficio per agevolazione agricola, oltrepassato il limite di 40milioni di imponibile.

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, “per non aver esaminato la responsabilità cantine Aldeno di non aver adempiuto obbligo previsto di assicurare la regolarità del comportamento dell’emittente fattura”.

Il motivo risulta attinente a questione svolta per la prima vota innanzi a questa Corte e comunque è infondato.

Nessuna “colpa” pare ascrivibile alle dette cantine quanto all’applicazione del corretto regime IVA (come socio o meno della cooperativa), regime che – discendendo dalla legge – coinvolgeva direttamente il singolo soggetto (socio o meno che sia) e la di lui personale responsabilità.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto, il ricorso va rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano come in dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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