Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26604 del 21/12/2016

Cassazione civile, sez. II, 21/12/2016, (ud. 13/09/2016, dep.21/12/2016),  n. 26604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24889-2012 proposto

D.S., (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

C.A., S.D., D.P.F., D.P.A.,

D.P.M., D.P.M., D.P.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 120/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 02/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato PIZZUTI Pasquale, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.A., con atto di citazione del 4 aprile 1989, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Salerno i germani I., P., C., G., A., G. e la madre C.C., chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria relativa ad un podere ubicato in (OMISSIS), già assegnato dall’Ersac al proprio ante causa C.V.. Costituitosi il contraddittorio, G., P., C.C. deducevano che, essendo stato disposto dall’Ersac il sub ingresso collettivo degli eredi nell’assegnazione del fondo non si verteva in ipotesi di successione di C.V., ma di scioglimento della comunione tra essi eredi, essi, per altro avevano già disposto con scrittura privata del (OMISSIS), attribuendo a ciascuno una quota di terreno ed, essendo stato il podere definitivamente riscattato poteva precedersi alla formalizzazione di detto accordo. Spiegavano domanda riconvenzionale nei confronti di tutti gli altri eredi perchè si provvedesse ad effettuare la divisione secondo le quote stabilite nella scrittura di cui si è detto.

C.G. e C. aderivano alla domanda attrice.

Il Tribunale di Salerno con ordinanza disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di C.C. e che fosse accertato se il fondo fosse stato riscattato e da chi.

In corso di causa, C.A. conveniva davanti allo stesso Tribunale di Salerno, C.G., lamentando che lo stesso aveva eseguiti opere abusive nella parte di fabbricato rurale a lui assegnato con la scrittura del (OMISSIS), in danno della proprietà spettante ad esso attore, e chiedeva, pertanto, il ripristino dello stato dei luoghi.

Le cause venivano riunite e, successivamente, riassunte a seguito della morte di C.A., C.C. e C.C..

Esaurita l’istruzione il Tribunale di Salerno, con sentenza del 14 gennaio 2005, premesso che i fondi assegnati dagli Enti di riforma, ancorchè riscattati, rimanevano gravati dal vincolo di indivisibilità previsto dalla L. n. 379 del 1967, art. 4 vincolo che permaneva, anche per le successioni aperte anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 191 del 1991 e la disciplina applicabile, essendo l’originario assegnatario morto il (OMISSIS), era quella di cui alla L. n. 1078 del 1940 e successive modificazioni. Irrilevanti erano gli atti di divisione o di assunzione di obbligo di divisione invocati dai principali convenuti, in quanto affetti da nullità per contrarietà alla norma imperativa ritenuta applicabile. Pertanto, rigettava la domanda di divisione ereditaria proposta dalle parti e compensava le spese del giudizio e provvedeva con separata ordinanza per l’attribuzione del fondo, la liquidazione delle quote spettanti ai coeredi esclusi ed ogni altra questione, connessa ai sensi della L. n. 1078 del 1940, art. 7.

In sede camerale le parti con varie, modalità contestavano il contenuto della sentenza deducendo che il sub ingresso nel podere era già stato regolato con delibera dell’Ersac del 7 luglio 1966 con assegnazione collettiva ai coeredi e ed era seguito il 30 settembre 1985 il riscatto. Taluni chiedevano la revoca dell’ordinanza e altri la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e tutti instavano per l’ordinaria divisione.

Il Tribunale con decreto del 22 giugno 2005 rigettava tutte le domande proposte e compensava le spese.

La Corte di Appello di Salerno, pronunciando su appello proposto, avverso i provvedimenti di cui sopra, da G., P., C. nonchè dagli eredi di C.A. ( A., R., I. e D.S.), nei confronti di A., G. ed I. e degli eredi di C.C. ( F., A., M., Ma., D.P.L., con sentenza 272 del 2012 rigettava gli appelli (principali ed incidentali) confermava le decisioni impugnate, compensava le spese. Secondo la Corte di Salerno posto che le leggi successive alla L. n. 1078 del 1940 ed anteriori alla L. n. 191 del 1992 non avevano previsto alcuna deroga al divieto di frazionamento delle unità poderali sancito dalla L. del 1940 anche per il periodo successivo alla scadenza del trentennio dalla data dell’assegnazione con la conseguenza che tutti i fondi sia quelli assegnati in proprietà ex lege n. 1078 del 1940 sia quelli riscattali ex lege n. 279 del 1967 sia quelli affrancati ex lege n. 386 del 1976 restavano soggetti al vincolo perpetuo di infrazionabilità.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.G., P., C., D.A., R., I., S., con ricorso affidato a due motivi. C.A., S.D., gli eredi di C.C., C.I., intimati in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso C.G., P., C., D.A., R., I., S., lamentano l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe omesso di considerare che nella specie non poteva disporsi nessun sub ingresso perchè a tanto aveva già provveduto l’ente Ersac con al delibera n. 5836 del 1966 e che pertanto legittima era la domanda di scioglimento della comunione da parte dei nuovi assegnatari una volta decorsi i trentanni dalla prima assegnazione risalente all’atto per notar Z. dell’11 giugno 1955.

1.1.= Il motivo è infondato perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata. Come ha avuto modo di specificare la Corte distrettuale, considerato che la successione del fondo de quo andava regolata secondo le norme contenute nella L. n. 1078 del 1940 (…), in questo quadro normativo appare irrilevante l’avvenuto sub ingresso collettivo della quasi totalità degli eredi nel podere o l’avvenuto riscatto (del quale per altro continua a non risultare prova in atti) non incidendo tali eventi sull’oggettivo vincolo di indivisibilità così come irrilevanti risultano gli atti di divisione o assunzione di obbligo di divisione, in quanto nulli per contrarietà a norma imperativa applicabile”. Appare, dunque di tutta evidenza che la Corte ha ricostruito la normativa applicabile al caso di specie e ha verificato che la fattispecie in esame risultava regolata dalla L. n. 1078 del 1940 la quale prescrive l’indivisibilità perpetua del podere di cui si dice.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione della L. 230 del 1950, art. 19, della L. n. 1078 del 1940, artt. 1, 5, 6 e 7, della L. n. 379 del 1967, art. 7, della L. n. 386 del 1976, art. 10 e della L. n. 191 del 1992, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe obliterato del tutto il sub ingresso dei sigg. C., omettendo di considerare che le parti non agivano quali eredi di C.V. bensì quali autonomi assegnatari del podere, in virtù della delibera dell’Ente Ersac ed in tale veste avevano chiesto la divisione del podere, una volta cessati i divieti di frazionabilità. Pacifico, che la divisione era stata chiesta nella veste di assegnatari già subentrati a quello precedente, ne consegue come l’applicazione della nuova L. n. 191 del 1992 non trovava nessun ostacolo, essendo gli effetti dell’assegnazione non più fermi al decesso del primo assegnatario.

2.1.= Anche questo motivo non ha ragion d’essere.

Come è stato già detto dalla Corte distrettuale, che qui si ribadisce e si condivide, il vincolo di indivisibilità o infrazionabilità del podere (sicuramente il più notevole e significativo fra quelli di carattere oggettivo gravanti sul fondo assegnato dall’ente di riforma) è stato ribadito dalla L. 29 maggio 1967, n. 379, art. 4, comma 1, ai sensi della L. 3 giugno 1940, n. 1078, anche per il fondo riscattato. Come è noto la cit. L. n. 1078 del 1940, art. 1 stabilisce che “le unità poderali… assegnate in proprietà… non possono essere frazionate per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti fra vivi”, configurando l’indivisibilità come vincolo a carattere perpetuo. La suddetta Legge di riforma n. 379 del 1967, mentre ha previsto la alienabilità del fondo (con conseguente cessazione del relativo vincolo) dopo il trentesimo anno dalla data della prima assegnazione, ha confermato il vincolo della indivisibilità o infrazionabilità. La posteriore L. 30 aprile 1967, n. 386 nulla ha disposto in merito a tale vincolo, limitandosi soltanto a stabilire all’art. 10, comma 2, che “I terreni, affrancati dal riservato dominio dell’ente, sono soggetti per quindici anni, ai vincoli, alle limitazioni e ai divieti di cui alla L. 29 maggio 1967, n. 379, artt. 4 e 5”. Questa Corte ha affermato (Cass. 16.12.1994 n. 10819) che la cit. L. n. 386 del 1976, art. 10 non ha affatto costituito un vincolo temporaneo di indivisibilità in deroga a quello permanente fissato per i terreni acquistati in proprietà in base alla L. n. 379 del 1967, ma si è limitata ad estendere ai terreni affrancati per il periodo posteriore al quindicesimo anno dall’affrancazione e fino al compimento del trentennio, le stesse regole riduttive del potere dispositivo prescritte dalla L. n. 379 del 1967, art. 4 per i terreni riscattati.

In senso contrario, parte della dottrina ed alcuni giudici di merito hanno ritenuto che il vincolo di indivisibilità fosse venuto meno per i poderi cd. “affrancati” dopo quindici anni. Per la verità, ci si era reso conto che i terreni di riforma fondiaria non potevano essere classificati in due categorie di beni: poderi assoggettaliad indivisibilità perpetua, cd. “riscattati”; e poderi soggetti ad indivisibilità temporanea quindicennale, cd. “affrancati”. Per cui, si era giunti all’ulteriore affermazione che, tutti i terreni di riforma fondiaria dovessero ritenersi caratterizzati da indivisibilità non oltre il trentennio. Ma, la Corte Costituzionale (con sentenza 30 maggio 1991 n. 233), chiamata a risolvere la questione di legittimità costituzionale della cit. L. n. 386 del 1976, art. 10, comma 2 proposta in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo che il vincolo di indivisibilità sarebbe stato ridotto a trenta anni per i terreni affrancati e non per quelli riscattati, ha dichiarato l’indivisibilità perpetua dei poderi originati dalla riforma fondiaria, osservando che, pur dopo la scadenza del trentennio dalla data di assegnazione, i terreni assegnati a norma delle leggi sulla riforma agraria del 1950, sia quelli poi riscattati ai sensi della L. n. 379 del 1967, sia quelli affrancati ai sensi della L. n. 386 del 1976, restano soggetti al vincolo di indivisibilità previsto dalla L. n. 1078 del 1940.

Nè può accogliersi la tesi del ricorrente che nel caso specifico, il sub ingresso a C.V. chiesto ed ottenuto dai sigg. C. doveva essere considerato come una nuova assegnazione senza soluzione di continuità con la precedente posizione facente capo a C.V., perchè il fatto stesso che il subingresso era stato deliberato dall’ente Ersac in conseguenza della morte di C.V., sta a significare che non si è trattato di una nuova assegnazione senza alcun collegamento con l’assegnazione precedente.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre predisporre regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, dato che gli intimati in questa fase non hanno svolto alcuna attività giudiziale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2016

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