Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26601 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 23/11/2020), n.26601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2573-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,

SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI;

– ricorrente –

contro

E.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TRIVELLINI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 747/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/09/2014 R.G.N. 1216/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LIDIA CARCAVALLO;

udito l’avvocato SANTO EMANUELE MUNGARI per delega verbale Avvocato

RAFFAELE TRIVELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 25.9.2014, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di E.S. volta a sentir dichiarare l’irripetibilità dell’indebito previdenziale contestatole dall’INPS in relazione all’integrazione al minimo corrispostale nel periodo 1.1.2003-30.4.2005 sulla pensione di vecchiaia di cui ella è titolare.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che la comunicazione dell’indebito effettuata dall’INPS, essendo intervenuta solo in data 20.10.2005 a fronte di una dichiarazione reddituale presentata dalla pensionata il 28.5.2004, dovesse reputarsi tardiva ai sensi della L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, il quale abiliterebbe l’INPS al recupero di quanto pagato in eccedenza entro l’anno successivo alla trasmissione da parte del pensionato dei dati reddituale rilevanti ai fini della verifica.

Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura. E.S. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria, contenente plurime eccezioni di inammissibilità e la riproposizione della questione concernente la sussumibilità della presente fattispecie nella disposizione di cui alla L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1, rimasta assorbita nei gradi di merito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione della L. n. 412 del 1991, art. 13, L. n. 88 del 1989, art. 52 e L. n. 448 del 2001, art. 38 per avere la Corte di merito ritenuto la tardività della comunicazione di indebito effettuata all’odierna controricorrente in data 20.10.2005, nonostante fosse intervenuta entro l’anno solare successivo rispetto alla data del 28.5.2004, in cui ella aveva comunicato i redditi percepiti nell’anno 2003, ed altresì (ed in subordine) per aver esteso l’irripetibilità alle somme erogate nel 2004 e nel 2005, rispetto alle quali nessuna tardività poteva addebitarsi alla comunicazione d’indebito, essendo intervenuta certamente entro l’anno dall’invio della comunicazione dei redditi relativi all’anno 2004 e prima ancora che scadessero i termini di quella relativa al 2005.

Va preliminarmente disatteso il rilievo d’inammissibilità sollevato da parte controricorrente nei confronti della censura svolta in via principale nel ricorso per cassazione: basti sul punto ricordare che, ai fini della rituale deduzione del vizio di violazione di legge, è necessario e sufficiente che il motivo rechi l’indicazione delle norme che si assumono violate e che, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, dimostri in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione che ne abbia eventualmente dato la giurisprudenza di legittimità (così, tra le più recenti, Cass. n. 24298 del 2016), ciò che nella specie è dato puntualmente riscontrare a pagg. 3 ss. del ricorso per cassazione.

Nel merito, il motivo è fondato.

Sebbene astrattamente possa convenirsi con la sentenza impugnata nel rilievo secondo cui la L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, nel prevedere che l’INPS debba procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvedere “entro l’anno successivo” al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza, potrebbe essere interpretato come riferentesi all’anno solare”, ovverossia ad un periodo di 365 giorni suscettibile di decorrere da qualsiasi giorno del calendario in cui l’Istituto abbia acquisito la dichiarazione reddituale, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, tenendo conto che la norma “non ha riguardo (solo) al momento della conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una data prestazione, ma ad un’attività di “verifica”, ovverosia di controllo organizzato sul rapporto tra prestazioni ed entrate, con riferimento alla moltitudine di persone”, la locuzione “anno successivo” dev’essere interpretata con riguardo all’anno civile”, inteso come periodo di tempo compreso tra il 1 gennaio e il 31 dicembre, e dunque “nel senso che, nell’anno civile in cui si è avuta conoscibilità dei redditi, deve procedersi alla “verifica” ed entro l’anno civile successivo a quello destinato alla verifica deve procedersi, a pena di decadenza, al recupero” delle somme eventualmente pagate in eccedenza (così, espressamente, Cass. n. 3802 del 2019, cui hanno dato continuità Cass. nn. 31832 e 31949 del 2019, 17266 e 17269 del 2020).

Pertanto, non essendosi la Corte di merito attenuta all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata, assorbita ogni altra questione, va cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altro giudice, che si designa nella Corte d’appello di Roma e che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

 

 

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