Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 266 del 07/01/2011

Cassazione civile sez. III, 07/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 07/01/2011), n.266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A. (OMISSIS) in persona dell’Avv. V.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14,

presso lo studio dell’avvocato BADO’ FABRIZIO, che la rappresenta e

difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LAMPOFIN CREDITO FINANZIARIO DI TRAVERSO G. & C. S.A.S. (OMISSIS)

in persona del liquidatore T.A. elettivamente domiciliata

in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato TIMOSSI GUALTIERO con studio in

16121 GENOVA, VIA DOMENICO FIASELLA 1/22 giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 978/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 3/11/2004, depositata il 04/12/2004,

R.G.N. 1274/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato FABRIZIO BADO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 30.6.2003 n. 195 il tribunale di Savona, in accoglimento dell’opposizione di Lampofin Credito Finanziario s.a.s.

di Traverso F. e C. in liquidazione, revocò il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 142.864.248, oltre accessori, emesso nei suoi confronti in data 8.2.2001 su ricorso di Telecom Italia s.p.a., quale corrispettivo non corrisposto di servizi di telecomunicazione resi alla Lampofin. Accolse, inoltre, la domanda riconvenzionale dell’opponente volta al risarcimento del danni da inadempimento di Telecom in ordine all’installazione di “due flussi da 30 linee entranti”, e condannò Telecom al pagamento di L. 530.243.756, oltre accessori.

2. Con sentenza n. 978 del 2004 la corte d’appello di Genova ha dichiarato la nullità dell’appello proposto il 19.9.2003 da Telecom Italia s.p.a. contraddistinta dal numero di codice fiscale (OMISSIS), e l’inammissibilità dell’appello proposto con comparsa notificata il 7.5.1994 dal diverso soggetto Telecom Italia s.p.a. contraddistinta dal C.F. (OMISSIS). Ciò sul rilievo che risultava documentalmente provato che la prima società (d’ora innanzi “vecchia Telecom”), parte del giudizio di primo grado, era stata incorporata dal Olivetti s.p.a. con effetto dal 4.8.2003 e che, nella stessa data, l’incorporante aveva modificato la propria denominazione sociale in Telecom Italia s.p.a. (d’ora innanzi “nuova Telecom”), sicchè l’appello in data 19.9.2003 era nullo perchè proposto da soggetto inesistente ed il secondo, quand’anche come tale effettivamente qualificabile, tardivo, in quanto proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza alla nuova Telecom, effettuata da Lampofin il 24.12.2003.

3. Ricorre per cassazione (la nuova) Telecom Italia s.p.a., con C.F. n. (OMISSIS), affidandosi a sei motivi di ricorso, cui resiste con controricorso Lampofin Credito Finanziario s.a.s. in persona del liquidatore.

4.- Con ordinanza n. 21 del 7.1.2009 emessa a seguito dell’udienza del 30.10.2008, il collegio, considerato che ai fini della decisione del ricorso sembrava suscettibile di assumere rilievo decisivo la questione (già rimessa alle sezioni unite) relativa all’efficacia retroattiva dell’art. 2504 bis c.c. come modificato nel 2003, ha rimesso gli atti al primo presidente in vista dell’eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite.

Le sezioni unite, alle quali il ricorso non è stato assegnato, hanno affrontato la questione decidendo su un diverso ricorso con sentenza n. 19509 del 14.9.2010.

5.- Nell’imminenza dell’udienza del 3.12.2010 la controricorrente Lampofin ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso sono denunciate violazione e falsa applicazione degli artt. 2504 e 2504 bis cod. civ., nonchè degli artt. 156, 164, 77, 182, 82, 83 e 325 cod. proc. civ..

La ricorrente nuova Telecom sostiene preliminarmente che il codice fiscale della vecchia Telecom riportato nell’atto d’appello del 19.9.2003 abbia integrato un mero errore materiale dattilografico; e che, del pari, a mero errore fosse da imputare l’erronea indicazione dei dati della procura alla rappresentante sostanziale S. B., del resto già investita, alla data del 19.9.2003, dei poteri rappresentativi conferitile dalla nuova Telecom il 30.7.2003.

Sostiene dunque che l’atto d’appello aveva raggiunto il suo scopo in esito alla costituzione di Lampofin, costituitasi senza nulla eccepire; e che, inoltre, in relazione alle indicazioni contenute in atto d’appello, non sussisteva alcuna incertezza in ordine ai requisiti di cui all’art. 163, cod. proc. civ., n. 2.

Afferma ancora che, in ogni caso, il difetto di rappresentanza della procuratrice sostanziale si sarebbe dovuto considerare sanato dalla successiva comparsa di costituzione della nuova Telecom (notificata a Lampofin il 7 maggio 2004), avente effetto di convalida e ratifica degli atti del rappresentante senza potere e della nomina di difensori da parte di questi. Erroneamente, dunque, la corte territoriale aveva qualificato l’atto di ratifica e convalida quale nuovo atto d’appello, giacchè lo stesso mirava solo a “sanare eventuali difetti di rappresentanza e di ius postulandi, facendo proprio ogni motivo, domanda, eccezione e difesa rassegnato nell’atto d’appello notificato” il 19.9.2003 dalla vecchia Telecom.

2.1. Con la citata sentenza n. 19509/10 (primo capoverso del paragrafo 3 di pagina 6) le sezioni unite hanno inequivocamente escluso l’efficacia retroattiva del nuovo (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ex art. 6 applicabile dall’1.1.2004) art. 2504 bis c.c. che non contiene più il riferimento all’estinzione della società incorporata in caso di fusione per incorporazione, sancendone il carattere innovativo e dunque non retroattivo. Hanno bensì escluso la nullità dell’atto di appello notificato alla società estinta per incorporazione “se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della persona giuridica, mediante notificazione di esso”, ma tanto a tutela dell’altra parte e non dello stesso soggetto interessato dalla volontaria modificazione della propria capacità.

Alla luce di tali principi, il motivo è infondato sotto ognuno dei profili che lo connotano.

Sulla scorta della corretta ed incontestata premessa che la vecchia Telecom si era estinta per incorporazione (da parte di Olivetti s.p.a.) il 4.8.2003 e che, dunque, dopo quella data, la legittimazione ad impugnare competeva all’incorporante quale successore a titolo universale, la corte d’appello ha ritenuto che l’atto di appello proposto il 19.9.2003 in nome della non più esistente società incorporata non potesse essere riferito alla società incorporante – in ragione di un preteso errore materiale – proprio a causa della coerenza tra le inequivoche indicazioni che valevano ad identificare la vecchia Telecom e la espressa spendita da parte della legale rappresentante S.B. del potere rappresentativo conferitole dalla vecchia Telecom “con atto del notaio Ignazio De Franchis di Roma, 2 dicembre 2002, rep n. 69060” (e non anche di quello conferito alla stessa S. dalla nuova Telecom “con atto del notaio Bellezza di Milano 30 luglio 2003 rep. n. 52530”).

Ha soggiunto la corte d’appello che nessun rilievo poteva dunque assumere la affermata anteriorità (peraltro non verificabile in difetto di produzione, contrariamente a quanto asserito in comparsa, dell’atto del notaio Bellezza in data 30.7.2003) dell’assunzione, da parte della stessa persona fisica, della qualità di procuratore anche della nuova Telecom, essendo stato l’atto d’appello inequivocamente proposto in rappresentanza della estinta società di uguale nome.

2.2. Al di là della meramente assertiva affermazione che, invece, di errore materiale si era trattato (affermazione che vale ad esprimere solo una difforme opinione su un apprezzamento di fatto e che non è idonea ad integrare, in sè, un motivo di censura), a tali rilievi la ricorrente oppone l’intervenuta sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo dell’atto a seguito della costituzione della convenuta (ex art. 156 c.p.c., comma 2) e l’insussistenza della nullità della citazione in appello (ex art. 164 c.p.c., comma 1), difettando ogni incertezza sui dati identificativi della società attrice.

Entrambe le disposizioni sopra citate sono impropriamente richiamate.

– la prima (art. 156 c.p.c., comma 3) poichè la convenuta Lampofin s’è ovviamente costituita contro chi l’aveva evocata in giudizio (la vecchia Telecom), sicchè quella costituzione non può valere a sanare un vizio rappresentato dalla inesistenza del soggetto nel cui nome l’atto di citazione in appello era stato redatto;

la seconda poichè non si verte in ipotesi di nullità dell’atto di citazione in appello indotta dall’incertezza sull’identità dell’attore per mancanza nell’atto dei requisiti di cui all’art. 163 c.p.c., n. 2, essendo stato invece ritenuto che la società attrice fosse inequivocamente la vecchia Telecom sulla base degli elementi identificativi puntualmente offerti, e che tale società tuttavia non fosse più esistente, perchè già estintasi per incorporazione al momento della notificazione dell’atto d’appello.

2.3. Quanto all’ultimo rilievo della ricorrente, relativo all’intervenuta sanatoria del difetto di rappresentanza della S. mediante la successiva costituzione della nuova Telecom, la corte d’appello ha sul punto adottato due rationes decidendi (cfr.

la sentenza impugnata, alle pagine 13 e 14): ha infatti ritenuto, per un verso, che la possibilità della sanatoria dell’operato del rappresentante senza poteri, riconosciuta dalla giurisprudenza nell’ambito di applicazione dell’art. 77 c.p.c., esulasse dalla fattispecie in esame, nella quale veniva in considerazione la diversità dei soggetti giuridici rappresentati e non degli organi rappresentativi; e, per altro verso, che la ratifica sarebbe stata in ogni caso sterile, essendo intervenuta quando la sentenza di primo grado era ormai passata in giudicato nei confronti di nuova Telecom, che aveva depositato la “comparsa di costituzione” (in data 11.6.2004) quando era già decorso nei suoi confronti il termine (di trenta giorni, ex art. 325 c.p.c.) per impugnare la sentenza di primo grado, alla stessa notificata il 24.12.2003.

Tale ratio decidendi, in sè idonea a sorreggere la decisione in quanto configurante la ratifica come inefficace quand’anche in ipotesi possibile nel caso di specie, non risulta impugnata, sicchè la censura è inammissibile in parte qua per difetto di interesse.

3. Al rigetto del primo motivo consegue l’assorbimento degli altri motivi, che sono logicamente condizionati all’accoglimento del primo e che si sarebbero rivelati comunque inammissibili perchè contenenti censure alla sentenza di primo grado.

4. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in considerazione del fatto che il ricorso è anteriore alla statuizione delle sezioni unite che ne ha determinato l’esito.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2011

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