Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26599 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 23/11/2020), n.26599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6457-2015 proposto da:

E.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LATTANZIO 66,

presso lo studio dell’avvocato RUBENS ESPOSITO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati GAETANO NICOTERA, MARIO ESPOSITO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, quale

successore ex lege dell’I.N.P.D.A.P., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO MARINUZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1086/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 12/09/2014 r.g.n. 1119/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARCO BELLANTE per delega Avvocato MARIO ESPOSITO;

udito l’Avvocato DARIO MARINUZZI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di E.M. volta ad ottenere il ricalcolo dell’indennità premio di servizio (IPS).

La Corte ha esposto che la ricorrente, ex dipendente dell’ASL (OMISSIS) Lamezia Terme, aveva svolto l’incarico di direttore amministrativo dell’ASL fino alla cessazione del rapporto e lamentava che l’Inpdap le aveva liquidato l’IPS senza tenere conto del trattamento economico ricevuto per l’incarico di direttore amministrativo. Secondo la Corte era fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Inps in quanto la ricorrente, cessata dal servizio il 15/11/2003, aveva proposto ricorso amministrativo in data 11/9/2004; doveva, poi, tenersi conto del periodo di 300 giorni di sospensione della prescrizione per la decisione del ricorso amministrativo, con la conseguenza che l’atto interruttivo avrebbe dovuto essere notificato l’11/9/2009; la ricorrente aveva invece proposto il ricorso giudiziario 21/10/2009 allorchè era già decorso il termine di prescrizione di 5 anni decorrente dalla cessazione del rapporto di lavoro in data 15/11/2003.

2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione l’ E. con due motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 443 c.p.c. in rapporto al D.Lgs. n. 479 del 1994, art. 4, comma 3, al D.P.R. n. 368 del 1987, art. 8, comma 7; D.P.R. n. 119 del 1971, art. 6, al R.D,. n. 1827 del 1935, art. 97; alla L. n. 88 del 1989; nonchè degli art. 2943 c.c., 1219, 2935, 2941 e 2942 c.c.; del R.D. n. 1827 del 1935, art. 97 in rapporto agli art. 24,38,111 Cost. (art. 360, nn. 3 e 5).

Richiama la normativa disciplinante il ricorso amministrativo davanti all’Inpdap, diversa da quella dell’Inps, ed in applicazione di essi il ricorso amministrativo al comitato di vigilanza determinava la sospensione dei termini per 90 giorni decorrenti dalla presentazione del ricorso amministrativo in data 15/10/2004 ed, integratasi la fattispecie del silenzio rigetto in data 13/1/2005, la ricorrente aveva a disposizione 5 anni per proporre la domanda.

Censura la sentenza che generossissima nel computare i tempi di improcedibilità dell’azione…ed altrettanto generosa nell’accogliere la tesi delle SSUU” per aver ritenuto applicabile il termine di sospensione di 300 giorni, aveva del tutto dimenticato che il termine prescrizionale era stato interrotto dal ricorso amministrativo e che la sospensione doveva essere applicata al nuovo termine decorrente dall’atto interruttivo.

Censura dunque la decorrenza del termine dalla cessazione del rapporto cui, in coda, era stata applicata la sospensione. Afferma che il ricorso amministrativo costituiva atto interruttivo della prescrizione da cui doveva decorrere un nuovo termine prescrizionale,senza possibilità di tenere conto di periodi temporali precedenti.

4. Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. poichè la Corte non aveva valutato la circolare dell’Inps che imponeva il riconoscimento al direttore amministrativo ed a quello sanitario della liquidazione dell’IPS sulla base del trattamento economico superiore percepito e che tale circolare doveva essere interpretata quale rinuncia a far valere l’eccezione di prescrizione.

5. Il primo motivo è fondato ed il secondo resta assorbito.

6. Costituisce principio consolidato che”in tema di prestazioni di previdenza e assistenza, la prescrizione è sospesa, oltre che durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto sulla richiesta all’istituto assicuratore L. n. 533 del 1973, ex art. 7 anche durante il tempo di formazione del silenzio rigetto sul ricorso amministrativo condizionante la procedibilità della domanda giudiziale ex art. 443 c.p.c., essendo ancora valido il principio di settore, enucleabile dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 97 e conforme ai principi costituzionali di equità del processo ed effettività della tutela giurisdizionale, per cui il decorso del termine di prescrizione è sospeso durante il tempo di attesa incolpevole dell’assicurato” (cfr Cass. SU n 5572/2012).

Il termine di prescrizione resta,dunque, sospeso per i centoventi giorni di formazione del silenzio rifiuto di cui alla L. n. 533 del 1973, art. 7 e per i centottanta giorni di formazione del silenzio rigetto previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 46.

7. Ciò premesso la Corte territoriale, dopo aver correttamente rilevato il principio della sospensione del termine prescrizionale durante il tempo occorrente per la definizione del procedimento amministrativo, ha erroneamente omesso di valutare che il termine di prescrizionale quinquennale, applicabile alla fattispecie, risultava interrotto per effetto del ricorso gerarchico al comitato di vigilanza dell’Inpdap di Catanzaro pervenuto al destinatario il 15/10/2004 e che, tenuto conto della sospensione di 300 giorni, il ricorso giudiziario notificato il 21/10/2009 era tempestivo. La Corte territoriale, invece, ha ritenuto di far decorrere il termine prescrizionale dalla cessazione del rapporto in data 15/11/2003 senza tenere conto dell’interruzione del termine per effetto del ricorso amministrativo. L’erroneità della sentenza impugnata, a maggior ragione, non muta avuto riguardo alla diversa disciplina applicabile all’INPDAP richiamata da parte ricorrente.

8. Per le considerazioni che precedono, ritenuto assorbito il secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Reggio Calabria anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

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