Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26594 del 18/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 18/10/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 18/10/2019), n.26594
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D.V.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Ovidio
20, presso l’avv. Ruggiero Andrea, rappresentata e difesa, per
procura in calce al ricorso per cassazione, dall’avv. Maria Raciti
che chiede l’invio delle comunicazioni relative al processo presso
il fax n. (OMISSIS) e la p.e.c.
avvmariaraciti.pec.ordineavvocatinovara.it;
– ricorrente –
nei confronti di:
M.S., elettivamente domiciliato in Roma, via della
Balduina n. 7, presso l’avv. Maria Concetta Trovato (p.e.c.
concettatrovato.ordineavvocatiroma.org), rappresentato e difeso, per
procura speciale in calce al controricorso dall’avv. Giancarlo
Carlini (p.e.c. avvgiancarlocarlini.cnfpec.it, fax (OMISSIS));
– contro ricorrente –
avverso la sentenza n. 2753/2017 della Corte di appello di Torino
emessa il 1 dicembre 2017 e depositata il 27 dicembre 2017 R.G. n.
2136/2016;
sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.
Giacinto Bisogni.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. Nel giudizio per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio il tribunale di Verbania ha affidato al sig. M.S. i due figli e imposto un contributo di 200 Euro mensili alla D.V. per il mantenimento dei figli, mentre ha posto a carico del sig. M. un assegno divorzile mensile di pari importo.
2. La Corte di appello di Torino ha accolto l’appello del sig. M. e ha revocato l’assegno divorzile mentre ha respinto l’appello incidentale della sig.ra D.V. inteso a ottenere un aumento dell’assegno divorzile da 200 a 350 Euro mensili e l’affidamento condiviso dei figli, dichiarando di essere disposta ad accogliere presso la propria residenza i figli A. e L. che all’epoca della decisione avevano 17 e 13 anni. Ha rilevato la Corte di appello che il sig. M., maresciallo dei c.c., percepisce uno stipendio netto annuo di 37.000 Euro mentre la D.V. percepiva dalla sua attività di commessa in un supermercato circa 10.000 Euro annui sino a quando ha deciso di trasferirsi da (OMISSIS), presso i suoi genitori, dove è rimasta priva di occupazione lavorativa. La Corte di appello ha quindi riscontrato un atteggiamento dismissivo nei confronti dei figli da parte della D.V. che non li ha visti dal 2014 e non ha mai contribuito al loro mantenimento. Ha rilevato inoltre che la stessa è ancora in giovane età e ha dimostrato di avere piena capacità lavorativa e ha ritenuto che pertanto uno stato di bisogno che giustifichi il contributo al mantenimento da parte dell’ex coniuge non sussista perchè, semmai esistente, esso è stato causato da una precisa volontà della sig.ra D.V. che ben avrebbe potuto continuare a svolgere la sua attività lavorativa ed eventualmente cercarne nel frattempo una più redditizia o consona alle sue esigenze personali.
3. Ricorre per cassazione la sig.ra D.V.F. che denuncia la violazione e falsa applicazione della L. div., art. 5, comma 6, e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per erronea valutazione dei presupposti per la revoca dell’assegno divorzile.
4. Propone controricorso il sig. M.S..
Diritto
RITENUTO
CHE:
5. Il ricorso è infondato. Sebbene la Corte di Appello faccia riferimento alla sentenza n. 11504 del 2017 di questa Corte, che ha ribadito la funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno di divorzio e la sua giustificazione al fine di garantire esclusivamente l’autosufficienza economica al coniuge che non è in grado di procurarsela con la propria capacità lavorativa e/o patrimoniale, deve ritenersi che anche alla luce della giurisprudenza successiva delle Sezioni Unite del 2018 (Cass. civ. S.U. n. 18287 dell’11 luglio 2018) la decisione appare fondata perchè le S.U. hanno ribadito anche esse che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale, ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Inoltre secondo la pronuncia delle SS.UU. la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi e in particolare al riconoscimento delle aspettative professionali sacrificate per dedicarsi alla cura della famiglia.
6. Nella specie la Corte di appello ha rilevato che l’impossibilità, semmai esistente, di procurarsi i mezzi adeguati di cui al cit. art. 5, non dipende da incapacità lavorativa o da fattori esterni alla volontà del coniuge richiedente l’assegno ma dalla libera scelta della sig.ra D.V. che ha deciso di abbandonare l’occupazione lavorativa che le assicurava un reddito fisso. Nè la Corte di appello ha potuto riscontrare, in base alle deduzioni difensive e probatorie della odierna ricorrente, un particolare contributo alla formazione del patrimonio familiare e alla cura della famiglia ovvero un sacrificio delle sue aspettative lavorative in funzione delle esigenze familiari. Di qui la decisione di revocare l’assegno divorzile che deve ritenersi conforme alla L. n. 898 del 1970, art. 5, come interpretato dalla recente giurisprudenza delle Sezioni Unite.
7. Il ricorso per cassazione va pertanto respinto con compensazione delle spese del giudizio di cassazione in considerazione dei recenti mutamenti della giurisprudenza in materia di assegno divorzile. Al rigetto del ricorso consegue l’attestazione dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, come specificato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di pubblicazione della presente sentenza siano omesse le generalità e le indicazioni identificative delle parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2019