Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26592 del 12/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 12/12/2011), n.26592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25559/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’Avvocato VELLA Giuseppe, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 924/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 09/10/2006 R.G.N. 732/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega VELLA GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27/9 – 2/11/06 la Corte d’Appello di Genova – sezione lavoro, nel pronunziarsi sull’impugnazione proposta dalle Poste Italiane s.p.a. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della Spezia che aveva accolto la domanda dell’odierna intimata e di altri lavoratori diretta all’accertamento della nullità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati ai sensi dell’art. 8, comma 2, del ccnl del 1994, ha rigettato il gravame svolto nei confronti di P.C., mentre ha dichiarato la cessazione della materia del contendere nei confronti degli altri appellati.

Per quel che concerne la posizione della P., la Corte genovese ha spiegato che il riferimento nel contratto alla causale dell’assunzione “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre” non esonerava la società dall’onere di dimostrare l’effettività della richiamata situazione di fatto, per cui in mancanza di una tale prova non poteva che essere dichiarata l’illegittimità dell’apposizione del contestato termine al contratto “de quo”.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Poste Italiane s.p.a. che affida l’impugnazione a due motivi di censura.

E’ rimasta solo intimata la P..

La ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 3 e della L. n. 56 del 1987, art. 23, nonchè dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 8, comma 11, del ccnl 26/11/1994. E’, altresì, denunziata l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) e viene posto il seguente quesito di diritto: “Dica la Ecc.ma Suprema Corte se costituisca violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 3 e della L. n. 56 del 1987, art. 23, nonchè dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 8, comma 2, del ccnl 26/11/1994 ovvero omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia aver subordinato la legittimità del termine alla dimostrazione da parte della Società del collegamento eziologico tra l’assunzione del lavoratore a termine e le esigenze di espletamento del servizio concretamente ricollegabili alle assenze per ferie del personale di ruolo, in assenza di una fattispecie di creazione contrattuale che espressamente lo preveda”.

In pratica, la ricorrente richiama la portata della delega in bianco contenuta nella L. n. 56 del 1987, art. 23, per effetto della quale l’autonomia sindacale investita da funzioni paralegislative non incontra limiti ed ostacoli di sorta nella tipologia dei nuovi contratti a termine in relazione alle ipotesi che ne legittimano la conclusione ed aggiunge che la previsione contrattuale, in base alla quale era avvenuta nello specifico caso l’assunzione, era semplicemente riferita ad esigenze di servizio connesse con la fruizione delle ferie da parte del personale impiegato a tempo indeterminato, per cui il relativo onere probatorio non poteva estendersi fino alla prova della sostituzione.

2. Col secondo motivo si denunzia in via subordinata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1372 c.c., comma 1, art. 1362 c.c., comma 2, e art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c.) nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Il quesito di diritto posto di conseguenza è il seguente: “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se costituisca violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., comma 1, art. 1362 c.c., comma 2, art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., ovvero omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio subordinare la configurabilità della risoluzione per mutuo consenso tacito del rapporto di lavoro alla espressa rinuncia del lavoratore alla riattivazione del rapporto, anche a fronte di comportamenti delle parti incompatibili con la volontà di mantenere in vita il vincolo contrattuale ed in particolare la prolungata inerzia del lavoratore per un apprezzabile lasso di tempo dopo la scadenza del contratto, la percezione del TFR senza alcuna riserva, il reperimento di una nuova stabile occupazione da valutarsi sia singolarmente che congiuntamente”.

Osserva preliminarmente la Corte che il ricorso è inammissibile.

Invero, dalla relata di notifica, avvenuta per il mezzo del servizio postale, non risulta l’apposizione di alcuna firma, nè in corrispondenza dello spazio riservato al destinatario della missiva, nè in altra parte dell’avviso di ricevimento postale; tale avviso risulta, infatti, essere stato siglato solo dall’agente postale che provvide ad immetterlo nella cassetta, così come emerge dalla spunta apposta nello spazio dedicato a tale incombente; nè dagli atti risulta che sia stata adempiuta la procedura della compiuta giacenza di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8.

Non va, infatti, dimenticato che ai fini della decorrenza delle impugnazioni, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 14 gennaio 2010, n. 3 e con l’ordinanza 25 febbraio 2011, n. 63 in merito al momento di perfezionamento per il destinatario della notifica, lo stesso termine va individuato per quest’ultimo nel giorno del ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla data di spedizione della raccomandata. (In tal senso v. Sez. 5, Ord. n. 14316 del 28/6/2011) Al riguardo si è anche statuito (Cass. Sez. 6-3, Ord. n. 4748 del 25/2/2011) che “a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ., comma 1)”.

In definitiva, mancando la prova dell’avvenuta notifica del ricorso a P.C., lo stesso è inammissibile.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio in considerazione della mancata instaurazione del contraddittorio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2011

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