Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26591 del 23/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 23/11/2020), n.26591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16635-2018 proposto da:

BETONCAVE & SERVIZI S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell’avvocato PIERO FRATTARELLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.C.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BARBERINI, 47, presso lo studio dell’avvocato LUCA ANTONETTO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIALUCREZIA TURCO,

MARCO FRANCO SCALVINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1959/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 25/11/2017 r.g.n. 1626/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Celeste

Alberto, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 25 novembre 2017, la Corte d’appello di Catanzaro condannava Betoncave s.r.l. al pagamento, in favore di F.C.M.S. a titolo risarcitorio per illegittimo recesso anticipato (pari alle retribuzioni spettantigli fino alla naturale scadenza del contratto di lavoro), la somma di Euro 76.178,59, oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze, in parziale accoglimento del suo appello, nel resto rigettato, avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di condanna di Piano Lago Calcestruzzi s.r.l. (da cui assumeva di essere stato assunto il 24 maggio 2011 con mansioni dirigenziali), T. s.r.l. (altra società dello stesso gruppo industriale in favore della quale asseriva avere dal 6 giugno 2011 svolto tali mansioni) e di Betoncave s.r.l. (terza società del gruppo, con cui avrebbe sottoscritto il 20 luglio 2011 un contratto di lavoro a tempo determinato, con apposizione di un termine e di un patto di prova nulli) al pagamento, in via principale, delle somme di Euro 48.000,00 per indennità sostitutiva del preavviso (oltre Euro 3.555,55 a titolo di incidenza sul T.f.r. e corrispondenti oneri contributivi) e di Euro 120.000,00 per indennità supplementare e, in via subordinata, della suindicata somma di Euro 76.178,59;

2. a motivo della decisione, per quanto rileva, la Corte territoriale ravvisava l’infondatezza delle domande principali nei confronti delle tre società, in difetto di estinzione del rapporto instaurato dal lavoratore con Piano Lago Calcestruzzi s.r.l., pure accedendo alla sua prospettazione ricostruttiva;

3. al contrario, essa riteneva fondata la subordinata domanda risarcitoria nei confronti della sola Betoncave s.r.l., per l’apposizione al contratto a tempo determinato stipulato di un patto di prova nullo, sulla base del generico riferimento alla qualifica di dirigente del lavoratore, senza indicazione specifica delle mansioni assegnate e la conseguente illegittimità del licenziamento, per esclusione di vigenza del patto; in ogni caso intimato per giustificato motivo oggettivo, con motivazione non contestuale in violazione dell’art. 22 del CCNL di categoria applicato e soprattutto per la possibilità di recesso nel contratto di lavoro a tempo determinato soltanto per giusta causa;

4. infine, l’importo liquidato, incontestato, coincideva con le retribuzioni mensili percipiende fino alla scadenza;

5. con atto notificato il 24 maggio 2018, Betoncave & Servizi (già Betoncave) s.r.l. ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui il lavoratore resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c.;

6. il P.G. rassegnava le proprie conclusioni con nota comunicata ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2096 c.c. e vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto la necessità di una dettagliata indicazione delle mansioni in un lavoro intellettuale e non meramente esecutivo, essendo nel patto di prova sufficiente la loro determinabilità, rispetto alle mansioni di dirigente industriale come nel caso di specie, anche per relationem (al CCNL per i Dirigenti di aziende industriali, in riferimento alla “intensificazione di attività produttiva dell’azienda riconducibile ad espansione di mercato”), per l’ampiezza dei poteri di iniziativa e della discrezionalità quale alter ego dell’imprenditore (primo motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il motivo difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, mediante trascrizione integrale del documento che si denunci non o male valutato, posto che il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 22 febbraio 2018, n. 4341, con specifico riferimento al patto di prova);

3.1. esso è infatti carente della trascrizione della comunicazione di assunzione 1 giugno 2011 contenente il patto (nell’insufficienza di quanto riportato al primo capoverso di pg. 4 del ricorso, tenuto anche conto delle testuali espressioni dello stesso, ritenute inidonee alla specificazione delle mansioni dalla Corte d’appello, in nota sub 1, pg. 7 della sentenza), nè tanto meno del CCNL (di cui neppure è indicata la specifica sede di produzione, a propria volta comportante l’inammissibilità per difetto di specificità del motivo: Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 18 settembre 2017, n. 21554; Cass. 3 maggio 2019, n. 11599), rilevante ai fini della relatio, purchè sufficientemente specifica, per l’individuazione delle mansioni oggetto della prova (Cass. 20 maggio 2009, n. 11722; Cass. 13 aprile 2017, n. 9597), anche soltanto determinabili, in base ad essa, tenuto conto della natura intellettuale dell’attività dirigenziale (Cass. 27 gennaio 2011, n. 1957; Cass. 4 agosto 2014, n. 17591);

3.2. il vizio motivo non riguarda poi un fatto, ma una valutazione, sicchè non può essere ricondotto all’ambito previsionale del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053);

4. la società ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione dell’art. 2096 c.c., comma 3, L. n. 604 del 1966, art. 10 in relazione agli artt. 1321,1322,2118,2119 c.c., per l’esclusa applicazione della disciplina del licenziamento durante il periodo di prova per tutti i rapporti di lavoro, a fortiori per quello dirigenziale, liberamente recedibile, con la possibilità di costituzione, in virtù del principio di autonomia negoziale delle parti, di un patto di prova con riconoscimento della facoltà datoriale di recesso anche orale (secondo motivo);

5. esso è assorbito dall’infondatezza della censura di validità del patto;

6. la società deduce ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 c.c. in relazione agli artt. 2118 e 2119 c.c., per non avere la Corte territoriale considerato, nella commisurazione del danno risarcibile al mancato guadagno pari alle retribuzioni non percepite dal dirigente fino alla scadenza del rapporto cessato ante tempus, che esso è sottratto alla disciplina limitativa del recesso, nella facoltà discrezionale delle parti, soggetta alle regole del giustificato motivo oggettivo e della giusta causa e pertanto alla spettanza o meno del diritto al preavviso (terzo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in combinato disposto con gli artt. 115,116 e 416 c.p.c. e vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per la liquidazione del danno giuridicamente erronea, in quanto basata, anzichè su allegazioni e prove rispettose del relativo onere, sul principio di non contestazione, non estensibile oltre il limite di allegazione del fatto, pure oggetto di discussione e pertanto illogicamente ritenuto incontestato, per l’utilizzazione di un criterio non corretto, in quanto adottato in funzione di un licenziamento illegittimo e non di un inadempimento nel pagamento di retribuzioni (quarto motivo);

7. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;

8. posto che il rapporto di lavoro dirigenziale è stato instaurato a tempo determinato, l’ipotesi di recesso non è qualificabile come licenziamento ma quale sua cessazione anticipata: da ritenersi illegittima in quanto disposta in assenza di giusta causa (sola ragione giustificativa della risoluzione anticipata del contratto a termine), comportante quale conseguenza sanzionatoria il solo diritto del dirigente al risarcimento del danno patrimoniale, commisurato all’importo delle retribuzioni maturande in suo favore fino alla data di scadenza del contratto; e tale misura esaurisce il pregiudizio derivante dall’inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto relativamente alla sua durata, salva la prova di un danno ulteriore, qui mai addotto, condizionata tuttavia dall’effettività del pregiudizio stesso (Cass. 8 gennaio 2016, n. 159; Cass. 27 giugno 2019, n. 17355, in tema di impiego pubblico privatizzato);

8.1. la correttezza del criterio di liquidazione adottato dalla Corte territoriale esclude la fondatezza pure della doglianza di non operatività del principio di non contestazione, in quanto applicato nel suo corretto ambito di mera determinazione quantitativa del credito risarcitorio in un importo non contestato (così al p.to 7.6. di pg. 8 della sentenza), e quindi di un fatto, non esigente alcun ulteriore onere probatorio; e ciò perchè, nei procedimenti che seguono il rito del lavoro, il principio di non contestazione, con riguardo ai conteggi elaborati dal ricorrente ai fini della quantificazione del credito oggetto della domanda, impone la distinzione tra la componente fattuale e quella normativa dei calcoli, nel senso che è irrilevante la non contestazione attinente all’interpretazione della disciplina legale o contrattuale della quantificazione, appartenendo al potere-dovere del giudice la cognizione di tale disciplina, mentre rileva quella che ha ad oggetto i fatti da accertare nel processo e non la loro qualificazione giuridica (Cass. s.u. 23 gennaio 2002, n. 761; Cass. 6 agosto 2019, n. 20998);

9. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con statuizione sulle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA