Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26581 del 28/11/2013
Civile Sent. Sez. U Num. 26581 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: MACIOCE LUIGI
Data pubblicazione: 28/11/2013
SENTENZA
sul ricorso 18736-2012 proposto da:
LODESERTO CESARE, elettivamente domiciliato in ROMA,
2013
VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato
566
MASSA FEDERICO, che lo rappresenta e difende, per
delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE
IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controrlcorrente
–
avverso la sentenza n. 226/2012/A della CORTE DEI CONTI
– I Sezione giurisdizionale centrale – ROMA, depositata
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI
MACIOCE;
udito l’Avvocato Federico MASSA;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
il 02/05/2012;
RG 18736/2012.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Per supposte malversazioni nella direzione e gestione del C.P.T.A. Regina
Pacis di Melendugno in Puglia (una ONLUS istituita con d.i. 4.8.1998 che
negli immobili della locale Curia Vescovile ) Cesare Lodeserto venne
tratto al giudizio di responsabilità della Corte dei Conti con citazione del
18.6.2008 ad iniziativa della Procura e venne condannato dalla Corte dei
Conti, con sentenza 436/2009, al pagamento di C 133.651. Secondo la
statuizione della prima sentenza era emersa una esposizione con
rendicontazione di presenze di extracomunitari ristretti nel Centro,
sovradirrensionata rispetto al reale e tale rilevante irregolarità maturata tra il 1999 ed il 2000 – sarebbe stata certamente nota al
direttore della struttura. Il Lodeserto ha proposto appello anche per il
profilo del disatteso difetto di giurisdizione e la Corte dei Conti, sezione
centrale con funzione di appello, con sentenza 2.5.2012 ha confermato la
sussistenza della propria potestà di giudizio sul rilievo che la struttura era
un organismo non lucrativo ma raccordato con apposita convenzione a
servizio della P.A., la quale erogava alla Direzione del Centro Regina Pacis
somme destinate alla accoglienza ed al mantenimento degli
extracomunitari trattenuti, e determinate in ragione di lire 30.000 (poi
lire 33.000) al dì per “ospite”. Il suo direttore, del pari, era con essa
Amministrazione legato da rapporto di servizio proprio perché riceveva le
somme sulla base di una contabilizzazione di presenze che esponeva alla
committente.
Con ricorso 27.7.2012 il Lodeserto censura l’affermazione della
giurisdizione della Corte dei Conti negando la sussistenza di un rapporto
di servizio trattandosi di una concessione privatistica di servizi di
accoglienza ed ospitabilità
para alberghieri
ed affermando che la
personale posizione di direttore era, semmai, equiparabile a quella del
progettista (opposta a quella del Direttore dei Lavori nell’appalto) e
pertanto esterna all’ambito delle funzioni pubbliche anche in concessione.
percepiva contributi di scopo dal Ministero dell’Interno e che era ospitata
La Procura Generale ha notificato controricorso nel quale ha eccepito
l’inammissibilità e sostenuto la infondatezza del ricorso, anche
richiamando una statuizione resa su vicenda analoga di responsabilità
dalle Sezioni Unite (9963/2010).
La difesa del Lodeserto ha depositato tempestivamente sentenza 41579
del 2013 della Corte di cassazione, sezione sesta penale, che ha annullato
senza rinvio la condanna del Lodeserto irrogata dalla Corte di merito il
e 324 C.P.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ad avviso del Collegio la censura non ha fondamento alcuno, e va
di contro dichiarata la piena giurisdizione della Corte dei Conti sulla
vicenda di contestata responsabilità amministrativa.
Si rammenta in primo luogo l’orientamento di queste Sezioni Unite,
per il quale, una volta che sia stato accertato che la erogazione delle
pubbliche risorse – quale che fosse lo strumento tecnico per la erogazione
e quindi quand’anche la sua disciplina fosse originata da una convenzione
– sia strettamente legata alla integralità della realizzazione stessa, tale
essendo l’obiettivo di interesse pubblico che giustificava l’investimento di
denaro pubblico, ed una volta rammentato che il percettore sia stato
strettamente vincolato alla realizzazione dell’obiettivo proposto,
approvato, accettato e finanziato, ne discende che proprio sulla base di
tal vincolo si staglia
dell’Amministrazione.
il suo ruolo di
compartecipe
della attività
Ed è in questo quadro che è stato da queste
Sezioni Unite ripetutamente affermato spettare alla Corte dei Conti la
cognizione della azione restitutoria-risarcitoria che, per la mala gestio del
contributo, venga promossa dal Procuratore Generale.
E’ infatti da rammentare la sentenza delle S.U. n.12108 del 2012
che ha precisato come, ai fini del riconoscimento della giurisdizione della
Corte dei Conti per danno erariale, non deve aversi riguardo alla qualità
del soggetto che gestisce il denaro pubblico – che ben può essere un
soggetto di diritto privato, destinatario della contribuzione in forza di una
convenzione – bensì alla natura del danno ed alla portata degli scopi
perseguiti con la contribuzione stessa. Ne consegue che qualora
l’amministratore di un ente, anche avente natura privata, cui siano
erogati fondi pubblici, per effetto di sue scelte omissive o commissive
25.11.2011 per gli stessi fatti, qualificati con il richiamo agli art. 81 cpv.
incida negativamente sul modo d’essere del programma imposto dalla
pubblica amministrazione alla cui realizzazione è chiamato a partecipare
sulla base dell’atto concessorio o della convenzione adottati, in tal modo
determinando uno sviamento dalle finalità perseguite, egli provoca un
danno per l’ente pubblico. E di tal danno esso percettore e gestore deve
rispondere davanti al giudice contabile.
In
questo quadro si è affermato essere configurabile un
soggetti privati e pertanto una loro responsabilità amministrativa
qualora essi, disponendo della somma erogata in modo diverso da
quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua
indebita percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito
dall’Amministrazione (in tal senso, da ultimo, si richiamano le decisioni
di queste Sezioni Unite n. 1774, 1775, 7377 e 17660 del 2013).
In particolare è stato rilevato (sentenza 7377/2013) che ai fini del
riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale,
in ragione del sempre più frequente operare dell’amministrazione al di
fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite
soggetti in essa non organicamente inseriti, è irrilevante il titolo in base
al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in
un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una
concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato. Il
baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si
è, infatti, spostato dalla qualità del soggetto – che può ben essere un
privato o un ente pubblico non economico – alla natura del danno e degli
scopi perseguiti; cosicché ove il privato, cui siano erogati fondi pubblici,
per sue scelte incida negativamente sul modo d’essere del programma
imposto dalla P.A., alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare
con l’atto di concessione della erogazione, e la incidenza sia tale da
determinare una indebita erogazione o anche solo uno sviamento dalle
finalità perseguite, esso realizza un danno per l’ente pubblico di cui deve
rispondere davanti al giudice contabile.
E’ dunque pertinente il richiamo fatto dalla contro ricorrente Procura
contabile alla pronunzia 9963 del 2010 di queste Sezioni Unite, posto che
la gestione del Centro di accoglienza dei profughi esaminata in quella
vicenda vedeva il direttore del Centro percettore di somme che non
rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo statale ed i
perdevano la natura pubblica di contributo nel mentre nel caso sottoposto
le erogazioni sono state configurate come corrispettivo forfetario della
gestione di un servizio in regime di convenzione: ma in entrambi i casi,
come dianzi rilevato, quel che rileva a fondare il rapporto di servizio che
consente di proporre rettamente l’azione di responsabilità è la natura
pubblica dei fondi e la finalità pubblica delle disposte erogazioni, in tal
guisa restando responsabile della loro cattiva o fraudolenta gestione
convenzione con la P.A.
Ed è su tali premesse che non assume alcun rilievo il fatto che
questa Corte con la prodotta sentenza di annullamento senza rinvio abbia
condiviso la prima valutazione di insussistenza del contestato delitto di
peculato in ragione del fatto che le somme erano state erogate alla Curia
Vescovile e pervenute nella disponibilità del Lodeserto (pertanto passibile
di imputazione per altri reati e non per quello di cui all’art. 314 C.P.): la
convenzione, infatti,
obbligava
il Lodeserto nei confronti
dell’Amministrazione ad esporre fedelmente i dati delle presenze degli
ospiti nel centro e pertanto lo rendeva responsabile della indebita
erogazione di fondi pubblici per presenze artatamente dichiarate in
eccesso. E ciò è stato dalla Corte dei Conti accertato, con statuizione
argomentata e non fatta segno a pertinenti censure di incompletezza od
illogicità , con la conseguente esatta affermazione dei presupposti di fatto
della propria giurisdizione.
Non è luogo a regolare le spese, stante la natura úntitittwì del contro
ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti.
Così deciso nella c.d.c. del 12.11.2013.
anche il soggetto che quella gestione ha visto attribuire in forza di